Tariffe e onorari dei medici chirurghi e degli odontoiatri per prestazioni rese in regime di libera professione
documento di indirizzo
La materia degli onorari professionali per le prestazioni medico-chirurgiche ed odontoiatriche è stata oggetto di “liberalizzazione” a partire dal cosiddetto “Decreto Bersani”.
Infatti in precedenza, in forza della Legge 21/02/1963 n. 244 e del DPR 17/02/1992, era previsto in via normativa, un tariffario minimo per le prestazioni di cui trattasi, cui i medici e gli odontoiatri erano tenuti ad attenersi, non potendo praticare tariffe a valori inferiori a quelli previsti dalle citate norme.
L’art. 2 del Decreto Legge 04/07/2006 n. 223, convertito con modificazioni nella Legge 04/08/2006 n. 248 ha però abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano, con riferimento alle attività libero-professionali e intellettuali, l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime.
Di conseguenza, è abrogata la Legge n. 244 del 1963 e non sono più in vigore i minimi tariffari fissati con il DPR 17/02/1992. Prendendo atto di tale situazione, il Codice Deontologico vigente, all’art. 54 detta alcuni importanti principi in tema di onorari professionali.
In primo luogo, viene stabilito il principio primario e fondamentale dell’intesa diretta fra medico e paziente, nel senso che viene fortemente privilegiato il rapporto fiduciario anche dal punto di vista della fissazione dell’onorario, a corollario di un corretto e trasparente rapporto fra il professionista e il cittadino.
Inoltre viene stabilito che l’onorario deve essere decoroso, nel senso che, a tutela della qualità e sicurezza della prestazione, deve essere commisurato alla difficoltà, alla complessità e alla qualità dell’opera, tenuto conto delle competenze professionali e dei mezzi impiegati allo scopo.
Infine viene previsto l’obbligo da parte del professionista di far conoscere preventivamente all’assistito l’importo dell’onorario, che non può essere subordinato al risultato della prestazione resa.
Questo principio rappresenta il completamento del primo enunciato, in quanto l’intesa diretta fra medico e paziente circa l’onorario non può che discendere da una programmazione del piano terapeutico, valutato anche sotto l’aspetto economico.
In buona sostanza, quindi, l’art. 54 del Codice Deontologico impone al professionista di tenere un comportamento chiaro e trasparente fin dall’inizio con l’assistito, per quanto riguarda gli aspetti economici della prestazione, che ben si accorda con la liberalizzazione tariffaria.
Infatti la caducazione di un tariffario di riferimento, al quale il professionista e il cittadino in precedenza sapevano di doversi attenere e la rimozione di vincoli in materia di onorari, impongono oggi più che mai chiarezza di rapporti fra medico e paziente, per evitare che, una volta eseguita la prestazione, il cittadino si trovi ad affrontare l’aspetto economico della stessa, totalmente ignaro della sua entità, dando così luogo ad una situazione in cui è facile che si instauri un contenzioso per motivi meramente economici.
E’ quindi fortemente raccomandato di sottoporre all’assistito un preventivo di spesa possibilmente scritto, soprattutto nei casi di prestazioni complesse e di terapie prolungate nel tempo, redatto all’inizio del rapporto professionale e poi eventualmente aggiornato, se necessario, nel prosieguo del trattamento terapeutico, in modo che il cittadino sia pienamente consapevole degli aspetti economici della prestazione professionale, accettando la quale accetta anche la tariffa proposta.
Ovviamente si tratta, in questi casi, di situazioni che non rivestono carattere di urgenza, nel senso che la necessità della previa accettazione da parte del cittadino del preventivo di spesa non deve essere di ostacolo all’esecuzione di una prestazione sanitaria che il professionista ritenga urgente e non differibile, perché in tal modo si violerebbe il primario dovere di assistenza che evidentemente prevale su ogni altra considerazione.
E altrettanto ovviamente si deve ricordare che qui si tratta delle prestazioni libero-professionali e cioè di tutte quelle prestazioni che sono rese al di fuori del Servizio Sanitario Nazionale, per le quali il cittadino ha tutto il diritto di rivolgersi a qualunque sanitario libero professionista di sua scelta.
Infatti le prestazioni rese nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale sono espressamente escluse dal Decreto Bersani dal processo di liberalizzazione, ivi compreso l’esercizio professionale in regime di intra-moenia.
Per quanto riguarda le strutture sanitarie private, per le prestazioni rese al di fuori di eventuali rapporti di convenzione con il SSN, valgono le stesse considerazioni svolte per i sanitari liberi professionisti.
E infine, a corollario di quanto sopra, deve essere ben presente che nell’ambito libero professionale, non sono consentite intese fra professionisti tese ad imporre alla clientela un tariffario uguale e predefinito, in quanto ciò sarebbe interpretato come un comportamento anticoncorrenziale, vietato dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di prestazione di servizi professionali, con il rischio di essere sanzionato dall’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato.
Pertanto né l’Ordine, né altri soggetti hanno il potere di stabilire tariffe predeterminate per le prestazioni libero-professionali imponendole ai propri associati. Eventuali indicazioni in materia tariffaria, quindi, possono essere fornite solo come meri suggerimenti di comportamento, ma assolutamente non vincolanti per il professionista e per il cittadino.
Per quanto riguarda le prestazioni a titolo gratuito, l’art. 54 del Codice Deontologico prevede che possano essere rese solo in circostanze particolari e purché non costituiscano forme di concorrenza sleale o illecito accaparramento di clientela.
Alla luce delle considerazioni di cui sopra, l’Ordine ritiene opportuno richiamare i propri iscritti all’osservanza delle seguenti regole di comportamento, in attuazione dei principi di cui all’art. 54 del Codice Deontologico:
Nell’ambito dell’attività libero-professionale, i medici chirurghi e gli odontoiatri sono tenuti a:
– far conoscere preventivamente agli assistiti il loro onorario, nell’ambito del rapporto fiduciario fra medico e paziente, teso a privilegiare l’intesa diretta, non solo al trattamento terapeutico proposto, ma anche ai costi che tale trattamento comporta;
– commisurare l’onorario alla difficoltà, complessità e qualità della prestazione, tenendo conto delle competenze professionali del medico e dei mezzi impiegati;
– evitare intese fra professionisti tese ad imporre tariffe uguali e concordate per i servizi professionali;
– erogare eventuali prestazioni a titolo gratuito solo in casi particolari e non indiscriminatamente come richiamo alla clientela.
Nel caso di contenzioso fra medico e paziente per ragioni di onorari, se il professionista ha mancato di rispettare le regole di cui sopra, l’Ordine si riserva la possibilità di esprimere parere di congruità riducendo l’entità dell’onorario richiesto dal professionista, in quanto il mancato rispetto delle regole di cui sopra può rappresentare una “compromissione” della qualità della prestazione.
In proposito, il professionista che richiede all’Ordine l’espressione del parere di congruità in presenza di una insolvenza da parte dell’assistito, è tenuto a dimostrare di aver sottoposto all’assistito il preventivo di spesa e, nel caso in cui non sia in grado di fornire tale dimostrazione, di esplicitarne i motivi.