Affittasi studio dentistico sito a Cesenatico in zona centrale

Lo studio, distribuito al pianto terra, fa parte di un immobile completamente ristrutturato nel 2008 e dispone di due ingressi separati: uno per i pazienti, situato sul fronte principale dell’immobile ed uno per il personale di servizio, situato sul retro, garantendo privacy e riservatezza. Lo studio vanta un’ampia corte esterna, in parte adibita a parcheggio di proprietà esclusiva. La corte introduce all’ingresso ed alla luminosa ed accogliente sala d’attesa. Lo studio è composto da due sale operative, un vano adibito alla sterilizzazione, due uffici di generose metrature e due unità igieniche. Per maggiori informazioni contattare il numero 339 7542897 foto  

Quota B in ritardo: entro fine gennaio la possibilità di versare con una minima sanzione

(da enpam.it)    Chi non ha ancora versato il proprio contributo previdenziale alla quota B di ENPAM, la scadenza era il 31 ottobre 2024, ha ancora qualche giorno per farlo usufruendo di una sanzione minime.   Per coloro che versano il proprio contributo previdenziale alla quota B in ritardo di 90 giorni dalla scadenza (ovvero entro il 29 gennaio 2025), la sanzione è pari all’1% del contributo. Se invece si paga oltre il termine dei 90 giorni (dal 31 ottobre), la sanzione è proporzionale al ritardo. “La percentuale, in base alla quale gli uffici ENPAM determinano l’importo –si legge sul sito dell’Ente previdenziale di medici e dentisti- è calcolata sul numero di giorni o mesi di ritardo ed è pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorata di 3 punti. In ogni caso la sanzione, che viene calcolata dall’ENPAM, si ferma alla data del pagamento”.

Inps conferma: i medici privati possono certificare la malattia

(da Enpam.it - riproduzione parziale)  Per l’Inps i certificati di malattia emessi dai medici e dentisti liberi professionisti ai pazienti dipendenti del settore privato hanno lo stesso valore di quelli emessi dai camici bianchi che lavorano per il Ssn.  La conferma arriva direttamente dall’istituto pubblico, che lo scorso settembre ha diffuso alle sedi territoriali il messaggio Inps Hermes 0003044 del 16/09/2024 che alleghiamo alla notizia  Si tratta di un parere rilevante, perché conferma le prerogative dei medici privati e mette fine all’incertezza sull’ammissibilità dei loro certificati per l’ottenimento dell’indennità di malattia Inps.

NESSUNA LIMITAZIONE PER IL PAZIENTE “PRIVATO”

Nella comunicazione interna inviata alle sedi periferiche, l’Inps rimarca che “la possibilità di rilasciare certificati di malattia è riconosciuta ad ogni medico iscritto all’Albo, nell’ambito delle proprie competenze professionali”. L’indicazione emerge dal Dpcm del 26 marzo 2008 e tale linea era stata sostenuta anche dalla Fnomceo.  Anche ai medici che lavorano come liberi professionisti viene quindi sempre riconosciuta la possibilità di certificare nei confronti dei lavoratori del settore privato. “Rimane sempre riconosciuta al lavoratore privato – si legge infatti nel messaggio dell’Inps – la possibilità di richiedere al proprio medico curante, anche qualora questi non sia un medico del Ssn o con esso convenzionato, la certificazione attestante lo stato di incapacità lavorativa”. In buona sostanza, il certificato emesso dal medico e dal dentista libero-professionisti ai lavoratori del settore privato, è sempre valido per il riconoscimento della prestazione economica di malattia erogata dall’Inps.

LIMITAZIONI SE IL PAZIENTE È “PUBBLICO”

Nonostante la parificazione che c’è stata tra medici “privati” e “pubblici” sull’obbligo di invio di tutte le certificazioni per via telematica, per i camici bianchi liberi professionisti permangono alcune limitazioni quando il paziente è un dipendente pubblico.  Quando il paziente ha un rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione, infatti, il medico o dentista libero professionista può certificarne la malattia solo per la prima e seconda assenza nell’anno solare e per assenze inferiori a 10 giorni.  Assenze ulteriori o di maggiore durata, dovranno invece essere certificate da una struttura del Ssn o da un medico convenzionato, come un medico di famiglia o uno specialista ambulatoriale

Scudo penale per i professionisti sanitari, la FNOMCeO chiede la proroga.

(da Fimmg.org)   Una proroga urgente dello "scudo penale" per i medici e gli altri professionisti sanitari. A chiederla, in vista della scadenza del 31 dicembre - e nelle more di una revisione organica della disciplina sulle responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie - il Consiglio nazionale della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, composto dai 106 presidenti degli Ordini e riunito oggi per via telematica. Il Consiglio nazionale della Fnomceo, in una mozione, esprime infatti preoccupazione per la prossima scadenza della norma che estendeva lo "scudo penale" - vale a dire la limitazione della punibilità ai soli casi di colpa grave - già previsto nel 2021 per il Covid, anche ai fatti commessi in situazioni di grave carenza di personale. E ciò tenendo conto  delle condizioni di lavoro dell''esercente la professione sanitaria, dell''entità delle risorse umane, materiali e finanziarie concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, del contesto organizzativo in cui i fatti sono commessi nonché del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato. Condizioni queste che, rileva sempre il Consiglio nazionale, si sono nel frattempo ulteriormente aggravate. Determinando "una crescente difficoltà nella pratica professionale, in termini di carichi lavorativi difficilmente sostenibili e di pesante cumulo di responsabilità, di cui i medici devono farsi carico per garantire ai cittadini un Servizio Sanitario Nazionale al quale vengono rivolte crescenti aspettative e che, grazie all''impegno della categoria, continua a produrre in carenza di risorse, rilevanti risultati di salute". A questo si aggiunge il contenzioso penale che, "spesso irragionevole e ai limiti della temerarietà", oltre a determinare un sovraccarico all''apparato giudiziario, demotiva i sanitari, sottoposti a lunghi percorsi di giudizio, che nel 97% dei casi finiscono con un''assoluzione ma che in ogni caso comportano spese e irrimediabili danni reputazionali. "Un ritorno al testo originale della legge 8 marzo 2017 n. 24 - sottolineano ancora i Presidenti del Consiglio nazionale - aggraverebbe una situazione già difficilmente sostenibile, ingenerando una fuga dei sanitari dalle attività più esposte ai contenziosi e, al tempo stesso, più rilevanti per la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale". Né ci possono essere i tempi tecnici perché il riassetto definitivo della materia, cui sta lavorando la Commissione D''Ippolito che ha espresso le prime indicazioni, possa trovare compimento entro fine anno. Da qui la richiesta "con forza e in modo unanime" di una proroga del termine del 31 dicembre per lo "scudo penale". E questo "nel primario interesse della sostenibilità del SSN, che si fonda sull''impegno dei medici, ai quali lo Stato ha il dovere di garantire sicurezza e certezze, creando le condizioni per evitare scenari di medicina difensiva, dannosi per la salute dei cittadini, prima ancora che gravosi sotto il profilo dell'impegno delle risorse".

Adesione screening tumore del colon retto

Su specifica richiesta del Direttore UO Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva di Forlì-Cesena Dott. Carlo Fabbri diffondiamo il testo che segue: Sono a chiederVi un supporto per incrementare nella nostra provincia l'adesione allo screening del tumore del colon retto. Attualmente la Provincia di Forli-Cesena è quella con il tasso di adesione più basso di tutta la nostra regione con Cesena al 50% e Forlì al 38%.  La prescrizione presso laboratori esterni del test sangue occulto fecale nella fascia di età tra i 50 e 74 anni fatto fuori dallo screening determina a caduta "gravi" criticità:
  1. il paziente paga un test che è gratuito se aderisce alla lettera e inoltre risulta NON ADERIRE allo screening
  2. Se il test è Positivo alimenta la lunghissima lista d'attesa e riceverà un appuntamento a distanza di mesi con i noti potenziali rischi di diagnosi tardiva, anziché entro 30 giorni se ADERISCE all'invito mediante la lettera.
Pertanto chiedo gentilmente a tutte le figure coinvolte di non prescrivere Sangue occulto fecale quando il paziente NON ha aderito allo screening. Fare lo screening aderendo alla lettera è gratis e se indicato fa ottenere appuntamento per colonscopia entro 30 giorni Grazie Carlo Fabbri

Colpa medica: la proposta di riforma pronta all’iter parlamentare

(da M.D.Digital - riproduzione parziale)  Limitare il campo penale della responsabilità medica soltanto per la colpa grave con una modifica all’articolo 590 sexies. E precisarne i paramenti con l’introduzione di un ulteriore articolo, il 590 septies. Una riforma in due articoli, ‘semplice’ e senza alcuna depenalizzazione dell’atto medico, non solo perché sarebbe stata incostituzionale (violerebbe l’articolo 3 della Costituzione che prevede l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge), ma soprattutto perché non era questo l’obiettivo finale. Obiettivo che, invece, era quello di porre un freno al grande business delle denunce più o meno temerarie contro i medici, e soprattutto garantire loro serenità nel lavoro così come a tutto il sistema sanitario nazionale. Serviva cioè un cambio di approccio a fronte di oltre 35 mila azioni legali all’anno, delle quali il 97% (nell’ambito penale) si risolve con il proscioglimento, però con costi giganteschi per le casse dello Stato: si parla di 10 miliardi di costi soprattutto nella sanità pubblica, che potrebbero essere investiti in ben altri servizi sanitari. Inoltre, si è alleggerito il peso da attribuire all’aderenza alle Linee Guida, rendendole meno dogmatiche, alla possibile estensione del cosiddetto scudo penale anche a situazioni non emergenziali, all’attribuzione di un onere della prova più esteso a carico di chi agisce in giudizio. Tutto questo senza negare che il problema degli errori esiste, in Italia e non solo. In particolare, riguarda, secondo stime, infezioni correlate all’assistenza sanitaria (6-700 mila casi) che si trasformano in decessi nell’1% dei casi (parliamo comunque di 6-7 mila persone), pur in costante diminuzione. Ma in questo campo andava messo ordine. Per questo il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio ha istituto il 28 marzo scorso una Commissione Nazionale sulla colpa medica, guidata e coordinata da Adelchi d’Ippolito. Procuratore della Repubblica di Venezia, che negli anni di carriera ha ricoperto tra i vari incarichi anche il ruolo di primo Consigliere del Ministero della Salute, d’Ippolito ha presentato all’Ordine dei Medici di Milano, in anteprima nazionale, il testo finale della Commissione. Una riforma che ora approderà in Parlamento per il consueto iter approvativo. “La Commissione per lo studio e l'approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica – spiega Adelchi d'Ippolito – è stata istituita con un decreto del ministro della Giustizia Carlo Nordio del 28 marzo scorso, presenta ufficialmente la proposta di riforma che dovrà poi affrontare l’iter parlamentare. L’obiettivo non è certo l’impunità, ma quello di individuare un perfetto punto di equilibrio tra la piena tutela del paziente e la serenità del medico, perché un professionista sereno è di interesse della collettività. Con questa proposta si limiterà il campo della responsabilità penale soltanto per la colpa grave. Questo avviene con l’introduzione di un ulteriore articolo, il 590 septies, che ne indica i parametri. Dunque, non vi sarà una depenalizzazione dell’atto medico, non solo perché incostituzionale (violerebbe l’articolo 3 della Costituzione che prevede l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge), ma perché non era l’obiettivo della riforma. Si è infatti limitato il campo della punibilità penale alla sola colpa grave. Tutte queste indicazioni sono giunte alla commissione dopo aver ascoltato le associazioni scientifiche dei medici e il presidente della Fnomceo

Smi lancia petizione pubblica per riconoscimento televisita e autocertificazione dei primi tre giorni di malattia

(da Quotidiano Sanità)    Sburocratizzare la medicina generale, valorizzare la telemedicina per le visite a distanza e l’autocertificazione dei primi tre giorni di malattia.  Sono questi sono gli obiettivi sui quali i medici si stanno battendo, ha detto Pina Onotri, Segretario Generale dello SMI che annuncia il lancio della petizione pubblica (https://sindacatomedicitaliani.it/index.php/petizione-smi/) per il riconoscimento della validità legale per le visite a distanza e dell’ autocertificazione dei primi tre giorni di malattia da parte dei pazienti. “La nostra petizione – spiega Onotri – ricalca i contenuti di due proposte emendative che il Sindacato Medici Italiani - CONFSAL, mette a disposizione di tutte le forze politiche, in vista della discussione della Legge di Bilancio per il 2025. Si vuole, in questo modo, ribadire che la televisita costituisce, pienamente, quel diretto contatto tra il medico e il paziente richiedente, consentendo la verifica diretta da parte del medico delle condizioni di salute, il rilievo obiettivo e quello anamnestico cui il certificato fa riferimento. Riteniamo, infatti, che ai fini certificativi la televisita configuri tutti gli elementi che conferiscono alla certificazione il requisito della veridicità e della validità. Si prevede, inoltre, che sia consentito ai cittadini italiani l’autocertificazione dei primi tre giorni di malattia in sostituzione delle tradizionali certificazioni richieste, mediante apposite dichiarazioni sottoscritte firmate che attestano la malattia, così come avviene in altri paesi europei. Riteniamo che queste due misure possano essere utili a ridurre lo stress di molte strutture sanitarie territoriali e ospedaliere, costrette a rispondere a pratiche amministrative e non sanitarie. Due opportunità da non perdere. Intendiamo porre rimedio, in questo modo, al disagio dei medici, in particolare dei medici di medicina generale rispetto all’enorme richiesta di certificazione per malattia di cui sono investiti, sia in periodi caratterizzati dal picco influenzale stagionale che in quelli della circolazione del virus SARS COV-2, nonché di altre virosi stagionali. L’enorme richiesta di certificazioni per malattia, inoltre, provoca un overboarding dei presidi sanitari, sia ospedalieri che territoriali (tra l’altro già in sofferenza per carenza di personale), che fa da barriera all’accesso dei pazienti che necessitano di assistenza medica”.

L’attività fisica è un toccasana anche per chi soffre di demenza

(da Univadis)    Una diagnosi di demenza non rappresenta una controindicazione all’attività fisica, anzi, rimanere (o diventare) attivi dopo la diagnosi si associa a una diminuzione significativa del rischio di decesso. Lo scrivono sulla rivista 'British Journal of Sports medicine' i ricercatori guidati da Kye-Yeung Park, del Hanyang University College of Medicine di Seoul (Repubblica di Corea), primo nome dell’articolo. “La demenza è la malattia neurodegenerativa più comune e colpisce circa 50 milioni di persone in tutto il mondo, che si prevede aumenteranno fino a 130 milioni entro il 2050” esordiscono i ricercatori, spiegando che gli studi disponibili sull’associazione tra attività fisica e mortalità in soggetti con demenza si sono finora limitati a valutare l’attività fisica in un unico time point.   Proprio la scarsità dei dati ha spinto Park e colleghi a valutare in modo approfondito l’associazione tra i cambiamenti nel livello di attività fisica prima e dopo la diagnosi di demenza e il rischio di mortalità su una coorte di persone affette da demenza nella Corea del Sud. Basta poco e non è mai tardi      Per il loro studio retrospettivo, gli autori si sono basati sui dati del database del Servizio di Assicurazione Sanitaria Nazionale coreano, includendo circa 60.000 persone con nuova diagnosi di demenza tra il 2010 e il 2016. Tutti questi soggetti erano stati sottoposti a esami medici sia prima che dopo la diagnosi e l’attività fisica è stata valutata utilizzando l’International Physical Activity Questionnaire-Short Form.   In generale, le analisi hanno fatto emergere un’associazione dose-risposta tra una maggiore quantità di attività fisica e la riduzione del rischio di mortalità per tutte le cause. Più nel dettaglio, per chi si è mantenuto costante nell’attività fisica sia prima che dopo la diagnosi di demenza vascolare è stata osservata una riduzione del 36% nel rischio rispetto a chi non ha mai svolto attività fisica regolare. La percentuale corrispondente per i pazienti con Alzheimer è stata del 29%. Iniziare a svolgere attività fisica regolare dopo diagnosi di demenza (di qualsiasi tipo) è stato associato a una riduzione del rischio di mortalità del 23%. Infine, è stata osservata una riduzione del rischio di almeno il 20% anche quando la pratica dell’attività fisica – di qualunque intensità – è iniziata dopo la diagnosi di demenza.    “Il nostro studio sottolinea che incoraggiare le persone con demenza a mantenere o iniziare l'attività fisica dopo la diagnosi ha un potenziale valore clinico” concludono gli autori. Un’osservazione interessante anche nel contesto italiano dove, secondo i dati riportati dall’Istituto Superiore di Sanità, sono circa 2 milioni le persone affette da demenza o da un disturbo cognitivo lieve. (https://bjsm.bmj.com/content/early/2024/10/03/bjsports-2024-108264 )

L’inquinamento da plastiche sta infrangendo tutti i limiti

(da AGI)  L''inquinamento da plastiche sta infrangendo tutti i limiti ambientali, mettendo a rischio la salute della Terra e degli esseri umani. E'' quanto emerge da uno studio guidato dall'' Università di Stoccolma e pubblicato su One Earth. "È necessario considerare l''intero ciclo di vita della plastica, a partire dall''estrazione dei combustibili fossili e dalla produzione primaria del polimero plastico", afferma Patricia Villarrubia-Gómez, autrice principale dell''articolo. Ogni anno vengono prodotte 500 milioni di tonnellate di plastica, ma solo il nove per cento viene riciclato a livello globale. La plastica è ovunque: dalla cima del monte Everest alla parte più profonda della Fossa delle Marianne. Attraverso una revisione sintetica della letteratura scientifica sugli impatti della plastica sull''ambiente naturale, il team di ricerca dimostra che l''inquinamento da plastica sta modificando i processi dell''intero sistema Terra e influisce su tutti i problemi ambientali globali, tra cui il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, l''acidificazione degli oceani e l''uso di acqua dolce e terra. Lo studio sottolinea la necessità di considerare la complessità delle plastiche. In quanto materiali sintetici a base di polimeri associati a migliaia di altre sostanze chimiche, i loro impatti si verificano durante l''intero ciclo di vita di questi prodotti e materiali. "La plastica è vista come quei prodotti inerti che proteggono i nostri beni preferiti e che può essere ''facilmente smaltita'' una volta diventata rifiuto. Ma questo è ben lontano dalla realtà. La plastica è composta dalla combinazione di migliaia di sostanze chimiche. Molte di esse, come gli interferenti endocrini e le sostanze chimiche eterne, sono tossiche e dannose per gli ecosistemi e la salute umana. Dovremmo vedere la plastica come la combinazione di queste sostanze chimiche con cui interagiamo quotidianamente", afferma Villarrubia-Gómez.

Ricchi, istruiti e impegnati: ecco chi rischia meno la demenza senile

(da DottNet)    Alcuni fattori socioeconomici come istruzione, occupazione e fascia reddituale possono influenzare le probabilità di sviluppare deterioramento cognitivo e demenza in età avanzata, nonché le possibilità di guarigione. È quanto emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista 'Scientific Reports', condotto dagli scienziati dell'University College London.   Il team, guidato da Dorina Cadar, ha seguito 8.442 adulti di età pari o superiore a 50 anni in Inghilterra per 10 anni, dal 2008-2009 al 2018-2019. Le informazioni sui fattori socioeconomici sono state raccolte tramite un questionario, mentre il deficit cognitivo è stato determinato utilizzando un mix di fonti, tra cui i resoconti dei partecipanti sulla diagnosi di un medico, i risultati dei test cognitivi e i loro report di sintomi e lamentele. Oltre a questi aspetti, lo studio ha anche tenuto conto di fattori demografici, come età, genere sessuale e stato civile. Stimando il tempo trascorso in ogni stato cognitivo e la probabilità di transizioni a disturbi neurocognitivi, i ricercatori sono stati in grado di stabilire un nesso tra la progressione dei disturbi di un paziente e la durata di ogni stato cognitivo. Stando a quanto emerge dall'indagine, le persone provenienti da contesti socioeconomici più vantaggiosi, in particolare quelle con istruzione post-secondaria, erano associate a un rischio del 43% più basso di sviluppare deterioramento cognitivo rispetto a chi non aveva completato il percorso di studi.    Il benessere economico riduceva invece del 26% le probabilità di sperimentare tali problemi, e tra gli individui benestanti è stato riscontrata una probabilità di migliorare le proprie condizioni cognitive del 56% più elevata rispetto a chi era in difficoltà economiche. "Il nostro lavoro - osserva Cadar - evidenzia il ruolo fondamentale dei fattori socioeconomici nella possibilità di sviluppare il deterioramento cognitivo. Abbiamo scoperto, inoltre, che le persone con un reddito più elevato sembravano anche associate a una probabilità più elevata di guarire da un eventuale problema cognitivo". "La possibilità di recupero - aggiunge Cadar - è fondamentale per migliorare la qualità della vita negli anni successivi e ridurre l'onere a lungo termine del deterioramento cognitivo sui sistemi sanitari, sulle famiglie e sulla società nel suo complesso. Non possiamo fornire spiegazioni esatte sulle motivazioni alla base della correlazione emersa nel nostro lavoro, ma ipotizziamo che potrebbero esistere varie spiegazioni". "È possibile - conclude Aswathikutty Gireesh, altra firma dell'articolo - che l'istruzione e i lavori intellettualmente impegnativi forniscano una maggiore stimolazione mentale e aiutino a costruire una riserva cerebrale più forte per aiutare a proteggere gli individui dal deterioramento cognitivo. Allo stesso tempo, le persone con un'istruzione superiore e maggiore disponibilità economica sono associate a un migliore accesso all'assistenza sanitaria e a risorse che promuovono la salute. Speriamo che il nostro studio possa rappresentare la base per approfondimenti futuri".

LA DIZIONE “SI CONSIGLIA” NON COMPLETA LA PRESCRIZIONE

Cari colleghi, in conseguenza di una segnalazione ufficiale pervenuta al nostro Ordine da parte del Presedente dell'Ordine dei Farmacisti della Provincia, siamo costretti a richiamare molti di voi ad una più regolare e formale prescrizione delle terapie farmacologiche Il Presidente Malossi, nella sua segnalazione, lamenta la incresciosa situazione in cui, spesso in turni festivi e/o prefestivi, i farmacisti territoriali si trovano a dover rispondere a prescrizioni formalmente incomplete, perché precedute dalla dizione "Si Consiglia" Tale dizione si può reperire nei referti in dimissione da strutture private, da esiti di visite libero professionali e da dimissioni ospedaliere, di Pronto Soccorso o CAU Siamo costretti a ricordare che qualsiasi indicazione preceduta dalla dizione "Si Consiglia" non può essere considerata una prescrizione vera e propria, in quanto non comporta una completa assunzione di responsabilità del prescrittore. Dato infatti che la ricetta medica è quel documento scritto, redatto da un medico chirurgo, che consente al paziente di ottenere dal farmacista la consegna dei medicinali che vi sono elencati, la forma vuole che se in un referto si trova scritto "Si Consiglia" questo non sia considerato una ricetta, e quindi sia poi necessario un altro medico chirurgo che "avvalla" la terapia, ri-prescrivendola in modo che il farmacista sia effettivamente abilitato alla consegna dei medicinali indicati In conseguenza, la presenza su una dimissione o un referto di visita specialistica della formula "Si Consiglia" mette in seria difficoltà il paziente destinatario della prescrizione, il farmacista territoriale de dovrebbe dispensare la terapia, e anche il collega medico del territorio che sarebbe chiamato ad una inutile (e irregolare) ri-prescrizione di un trattamento farmacologico suggerito da un altro professionista, che ne sarebbe responsabile, ma che con quella formula non ha assunto la completa responsabilità della sua decisione professionale Pertanto siamo costretti a richiamare tutti i colleghi a dei procedimenti prescrittivi più corretti, eliminando tutte le volte che sia possibile la dizione "Si Consiglia" dalle indicazioni terapeutiche, sostituendola, ad esempio, con la dizione "Terapia Indicata" o "Si Prescrive".. Questo al fine di abilitare la persona assistita a recarsi direttamente in farmacia per la dispensazione del farmaco, nel caso che questo non sia a carico del SSN. Inoltre, nei casi che i farmaci siano a carico del SSN, ogni volta che sia possibile chiediamo a tutti i colleghi di prescrivere direttamente su ricettario convenzionato tutta la terapia indicata a seguito della visita, consulenza o ricovero, al fine di evitare transiti inutili dei pazienti dalle strutture ospedaliere, convenzionate o ambulatoriali, agli ambulatori del medico di famiglia di riferimento

Comunicazione ai Medici Fiscali

Comunico che è nata e sta già lavorando l'Associazione per la tutela dei medici fiscali Inps . Associazione che serve a dare forza alla nostra voce e voce ai nostri problemi. L'Associazione è costituita per lo svolgimento di attività senza scopo lucro nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati al fine di tutelare e fornire supporto ai Medici Fiscali Inps. In particolare, l'Associazione si propone di rappresentare e tutelare gli interessi economici e morali di categoria dei Medici Fiscali Inps; informare le istituzioni delle problematiche di categoria e promuovere il raggiungimento di soluzioni soddisfacenti per gli interessati; assistere gli associati nelle questioni riguardanti il loro interesse collettivo, stipulare convenzioni e/o accordi con aziende, enti pubblici e privati, persone fisiche e/o qualsiasi soggetto, al fine di far ottenere ai propri associati vantaggi e/o agevolazioni relativi alla loro attività; assistere e tutelare gli associati per il riconoscimento e la valorizzazione delle loro attività; offrire servizi di tutela legale e di conformità alla normativa applicabile. Per la realizzazione di tali scopi l'Associazione puo, tra l'altro: assumere ed incentivare iniziative di interesse comune; promuovere iniziative per la valorizzazione della categoria anche attraverso accordi con aziende ed enti pubblici e privati che possano valorizzare i beni ed i servizi degli associati; rappresentare la categoria, ogniqualvolta si renda necessario ed in qualsiasi contesto ove la presenza e l'apporto dell'Associazione sia utile, necessaria e/o conseguente per il raggiungimento degli scopi sopra evidenziati; promuovere e organizzare corsi di formazione e aggiornamento professionale; organizzare incontri per l'approfondimento di problematiche della categoria nell'intento di trovare delle soluzioni comuni e condivise; svolgere tutte le attività utili al raggiungimento dei fini istituzionali. L'Associazione non discrimina in base al sesso, alla religione, alla razza, alle condizioni socio-economiche. Inoltre, l'Associazione provvederà a promuovere le attività svolte da essa, collaborando se necessario con enti pubblici e privati per la realizzazione di iniziative e progettualità condivise, nonché a organizzare ogni altra attività coerente con le finalità istituzionali, compreso un eventuale rinnovo ACN. Se volete saperne di più tel 3888771167, mail: Rossella.cascetta@libero.it. L'iscrizione è gratuita. Il modulo per l iscrizione verrà inviato a chi lo richiede via mail o whatsapp. Vi ringrazio, dott RCascetta, presidente, MF Inps Perugia "

Specialità mediche, dalla virologia alla radioterapia ecco quelle a rischio estinzione

(da Doctor33)  Nonostante l'epoca di emergenze infettive, i medici che vogliono diventare microbiologi o virologi sono sempre di meno. Quest’anno solo 13 borse di specializzazione sono state coperte, lasciandone ben 104 non sono state assegnate. Ma la virologia non è l’unica branca a rischio carenza. Secondo i dati forniti all'Adnkronos Salute dal sindacato dei medici ospedalieri Anaao, anche l'emergenza urgenza è a rischio. Sono 716 le borse non attribuite contro 304 andate a buon fine. “Non posso immaginare un futuro senza anatomo-patologi o radioterapisti. Per questo in Finanziaria ci sono aumenti per il trattamento economico delle borse di specializzazione oggi meno attrattive, fra cui Anatomia patologica, Anestesia e Rianimazione, Terapia intensiva e del dolore, Medicina e Cure Palliative, Radioterapia", ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, intervenendo al XXVI Congresso nazionale dell'Associazione italiana oncologia medica. In totale, sono 12 le specialità mediche per le quali i posti delle scuole di specializzazione programmati sono rimasti in maggioranza vuoti, con almeno il 50% delle borse non assegnate. Branche che andranno incontro a forti carenze al limite dell'estinzione. Nell'elenco a forte rischio carenza appaiono poi 'Patologia clinica e biochimica clinica' (46 assegnate contro 263 rimaste vuote); Farmacologia e tossicologia clinica (20 assegnate 99 no); Radioterapia (31 assegnate 139 no); Medicina di comunità e cure primarie (25 contro 94); Medicina e cure palliative (37 contro 133): Statistica sanitaria e biometria (13 conto 37); Medicina nucleare ( 25 contro 68); Anatomia patologica (89 contro 99); Chirurgia toracica (43 contro 46); Nefrologia (167 contro 189). "Davanti a questi dati incontrovertibili - spiega all'Adnkronos Salute Giammaria Liuzzi, responsabile nazionale Anaao giovani - l'unica soluzione è riformare la formazione medica, archiviando l'impianto attuale con un contratto di formazione-lavoro, istituendo i learning hospital, con specializzandi che hanno i diritti e i doveri dei dirigenti medici in un contratto incardinato all'interno del contratto nazionale, con retribuzione e responsabilità crescenti e con l'abolizione delle incompatibilità. Una soluzione che 'stranamente' non comporta un aumento di spesa perché abolirebbe non il numero chiuso ma la figura dei gettonisti, costati all'erario pubblico ben 1,7 miliardi di euro dal 2019 al 2023", conclude Liuzzi.
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