Farmaci generici, Italia spaccata

(da Il Sole 24 Ore)  Da Roma in giù i farmaci generici non passano una immaginaria frontiera - una sorta di linea gotica - fatta di pregiudizi e timori infondati. Meno costosi e uguali a quelli di marca per efficacia e principio attivo continuano a non fare breccia nel cuore di siciliani, pugliesi, calabresi, pugliesi, campani, molisani fino a raggiungere marchigiani e gli abitanti del Lazio tutti disposti a spendere il doppio - dai 20 ai 24 euro a testa all'anno in più - rispetto a esempio a chi abita al Nord dove l'esborso è quasi la metà: a Bolzano o Trento si spende pro capite per avere i medicinali di marca 11,3 euro e 12,7, in Lombardia 13,8 euro, in Piemonte 13,6, in Veneto ed Emilia Romagna rispettivamente 13,9 e 14,4 euro. Il conto salato che pagano gli italiani per non rinunciare ai farmaci "griffati" da quasi 10 anni si aggira complessivamente sul miliardo all'anno, come mostrano gli ultimi dati raccolti da Egualia - l'associazione dei produttori dei farmaci equivalenti, appunto i generici - che saranno pubblicati in questi giorni nel loro report annuale: nel 2024 il costo in più pagato dai cittadini (il cosiddetto "differenziale") per assicurarsi il farmaco di marca è stato difatti di 1,034 miliardi, nel 2017 era praticamente allo stesso livello e cioè 1,050 miliardi a dimostrazione di come alcune abitudini siano difficili da scardinare. In particolare nel Sud (compreso il Lazio) dove ci sono i redditi più bassi ma dove si spende oltre metà (555 milioni) di questo costo aggiuntivo nonostante le tante campagne di comunicazione che si sono succedete negli anni sull'efficacia degli equivalenti. Tanto che il dossier ora è sul tavolo del ministro della Salute Orazio Schillaci per provare a studiare qualche strumento che incentivi il loro utilizzo almeno a livello omogeneo in tutto il Paese. Anche perché l'Italia è tra i Paesi fanalino di coda nel consumo dei generici con il terz'ultimo posto in Europa

Enpam, ritorna il mutuo agevolato per gli iscritti: come ottenerlo

(da DottNet)  Riparte il mutuo agevolato per gli iscritti Enpam, molto atteso dagli interessati, perché, anche se (per ragioni connesse alle funzioni istituzionali principali della Fondazione) il costo è leggermente superiore alle offerte reperibili sul mercato, in quanto deve garantire all’investimento un rendimento adeguato; tuttavia è assai più agevole da ottenere specie per medici ed odontoiatri giovani, ai quali sono richieste garanzie piuttosto limitate. Il mutuo agevolato può essere indirizzato all’acquisto o alla ristrutturazione della prima casa ovvero dello studio professionale. Il mutuo può essere chiesto anche dagli iscritti riuniti in associazione o in società di professionisti, purché tutti i componenti abbiano i requisiti previsti dal Bando. Per l’acquisto è possibile chiedere fino a 300mila euro; per la ristrutturazione il limite è di 150mila euro.  Il mutuo può essere chiesto anche per sostituirne un altro esistente (la cosiddetta surroga). La domanda va presentata dall’Area Riservata Enpam dalle ore 12 del 14 aprile 2025 alle ore 12 del 12 settembre 2025. Il mutuo è riservato a tutti gli iscritti e ai medici in formazione (specializzandi e corsisti di Medicina generale). Può servire a finanziare l’acquisto o la ristrutturazione dell’immobile fino all’80 per cento del valore. L’immobile deve trovarsi in Italia, nel comune dove si risiede o si svolge l’attività lavorativa principale, e non deve appartenere alle categorie residenziali di lusso. Possono fare richiesta di mutuo gli iscritti che: - non hanno già finanziamenti o mutui pagati dalla Fondazione o una rateizzazione da regime sanzionatorio in corso (cioè stanno recuperando una morosità contributiva pregressa); - sono in regola con i versamenti; - hanno almeno un anno d’iscrizione e di contribuzione effettiva. - non hanno ottenuto l’assegnazione o la locazione con patto di futura vendita e riscatto di un altro alloggio e non sono proprietari di un altro immobile nel Comune dove risiedono o dove svolgono l’attività lavorativa principale (questo requisito si estende anche al coniuge e/o a uno dei familiari a carico per cui si percepiscono gli assegni familiari). L’età di chi fa la domanda sommata al numero di anni di ammortamento, però, non deve superare 80 anni. Il reddito personale o del nucleo familiare non deve essere inferiore a 5 volte il trattamento minimo Inps per il 2024, e cioè 38.909,65 euro. Per i medici con meno di 40 anni iscritti al regime fiscale agevolato il limite scende a 20.000 euro; i medici in formazione debbono dimostrare soltanto l’effettiva percezione del loro stipendio. Il mutuo è proposto ad un tasso fisso pari al tasso di riferimento della Banca Centrale Europea in vigore alla data di stipula del mutuo, maggiorato dell’1% (attualmente 2,40% + 1% = 3,40%). Il mutuo può durare fino a un massimo di 30 anni. Il pagamento delle rate ha inizio dal mese successivo a quello in cui viene erogato il mutuo. Si paga con cadenza mensile mediante addebito diretto sul conto corrente bancario dichiarato all’Enpam. La rata viene riscossa l’ultimo giorno del mese di scadenza. È prevista la possibilità di rimborsare il credito in anticipo, sia totalmente, sia parzialmente, diminuendo quindi la durata del mutuo o l’importo delle rate residue. In alcuni limitati casi, si può chiedere il mutuo anche se si è proprietari di un’altra abitazione. Ciò, ad esempio, avviene se l’altra casa non è disponibile perché gravata da diritti reali, quali usufrutto, uso e abitazione, a favore dei soli familiari fino al secondo grado di parentela, oppure se la quota di proprietà è inferiore al 50%.

Alzheimer, più rischi con poche ore di sonno profondo

(da DottNet)    Gli adulti che dormono un numero insufficiente di ore nella fase piu' profonda e ad onde lente del sonno - la Rem - hanno piu' alte probabilita' di andare incontro ad una riduzione del volume di un'area del cervello legata allo sviluppo del morbo di Alzheimer. Un nuovo studio americano ha osservato in questi individui con carenza di sonno ristoratore una più frequente atrofizzazione della zona cerebrale parietale inferiore, cruciale per il corretto funzionamento cerebrale e cognitivo. L' atrofizzazione e' spesso rilevata nei malati del morbo, e viene considerata uno dei primi segnali che il paziente soffre di Alzheimer. La fase Rem del sonno funziona infatti da 'spazzino' dei residui tossici accumulati nel giorno dal cervello - vere e proprie cellule morte ma anche affaticamenti mentali - e aiuta a consolidare le memorie, processare eventi e pensieri e preparare il cervello per il giorno seguente.   La ricerca della Yale school of medicine ha seguito per anni 270 persone di 61 anni di età media, tutte sane all' avvio dei test. I partecipanti sono stati sottoposti ad esami cognitivi, test radiologici del cervello e analisi del sonno: chi dormiva meno ore nella fase Rem, con un sonno interrotto o insufficiente, ha evidenziato più spesso un restringimento dell' area cerebrale parietale inferiore. Quando l' architettura' del sonno si altera - spiega la ricerca, pubblicata sul 'Journal of Clinical Sleep Medicine' - l' impatto sul cervello é potenzialmente forte.   "Sono risultati che mostrano come una ridotta attività neurologica durante il sonno, con la mancata attivazione della fase Rem, può contribuire alla diminuzione della massa del cervello e così all' incremento dei pericoli di Alzheimer", ha commentato l' autore dello studio Gawon Cho.

Semplificazione dei piani terapeutici: un’occasione persa

(da M.D.Digital)  Cinque milioni di visite specialistiche l’anno: tanti sono i posti che, potenzialmente, si sarebbero liberati, se fosse stato approvato l’emendamento Calandrini-Zullo al Ddl Prestazioni sanitarie, che avrebbe aperto a tutti i medici la prescrizione dei farmaci sottoposti a piano terapeutico, dopo 12 mesi dalla prima volta. L’emendamento è, però, stato ritirato. Il Ddl ha ricevuto il via libera del Senato e passa ora alla Camera. A fare i conti è il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli. Che, pur manifestando un giudizio complessivamente positivo sul Ddl, definisce il ritiro dell’emendamento “un’occasione persa”. “Sono quasi due milioni e trecentomila – ha spiegato Anelli – i pazienti che devono assumere un farmaco sottoposto a Piano Terapeutico. Questi pazienti che, per il 69%, hanno oltre 70 anni, devono recarsi una, due, anche tre o persino quattro volte l’anno dallo specialista, solo per rinnovare il piano terapeutico. Semplificare la prescrizione di questi medicinali, lasciando la prima allo specialista e aprendola poi, dopo 12 mesi, a qualsiasi medico, compreso il medico di medicina generale, significherebbe un risparmio in termini di spostamenti, di tempo, di energie per i pazienti e i caregiver.  E, soprattutto, significherebbe liberare ore di visite specialistiche da utilizzare per l’attività clinica, anziché per pratiche burocratiche, con un effetto reale e misurabile sull’abbattimento delle liste d’attesa”. Il rammarico per il ritiro dell’emendamento si inserisce in un contesto di crescente preoccupazione per la governance della sanità in Italia. Negli ultimi anni, la mancanza di coordinamento tra i vari livelli di assistenza sanitaria e l’insufficiente integrazione tra i servizi sanitari e sociali hanno portato a un deterioramento della qualità delle prestazioni sanitarie fornite ai cittadini. In questo scenario, l’emendamento Calandrini-Zullo rappresentava un’opportunità per migliorare l’efficacia del sistema sanitario, aumentando il numero di professionisti autorizzati a prescrivere farmaci vitali e facilitando la continuità dell’assistenza.  Delusione, da parte della Fnomceo, è stata espressa anche per il ritiro dell’emendamento che avrebbe reinvestito sulla formazione dei professionisti sanitari parte delle risorse da essa stessa generate.

Privacy, ecco che cosa rischiano i medici che pubblicano immagini dei pazienti senza consenso

(da Doctor33.it)  La diffusione non autorizzata di immagini o video dei pazienti da parte dei medici costituisce una violazione della normativa sulla privacy e può comportare sanzioni amministrative e penali. Secondo il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (Gdpr), le informazioni relative alla salute sono considerate dati sensibili e la loro divulgazione senza il consenso esplicito dell'interessato è vietata. Il Garante per la protezione dei dati personali ha ribadito che tali dati possono essere comunicati a terzi solo sulla base di un idoneo presupposto di legge o su delega scritta dell'interessato, e in ogni caso non possono mai essere diffusi.  In ambito deontologico, il Codice di Deontologia Medica impone ai professionisti sanitari il rispetto della riservatezza dei pazienti, in particolare dei dati inerenti alla salute e alla vita sessuale. Il medico deve assicurare la non identificabilità dei soggetti coinvolti nelle pubblicazioni o divulgazioni scientifiche di dati e studi clinici.  Le sanzioni per la violazione della privacy dei pazienti possono variare. Ad esempio, il Garante ha sanzionato un centro di medicina estetica con una multa di 8.000 euro per aver pubblicato su un profilo social un video in cui il volto di un paziente era riconoscibile, senza che questi avesse rilasciato uno specifico consenso alle riprese e alla relativa diffusione. In un altro caso, un medico è stato multato di 14.000 euro per aver pubblicato su Internet i dati sensibili di un paziente senza il suo consenso.   È fondamentale che i professionisti sanitari prestino particolare attenzione nel diffondere immagini e informazioni riferite a casi clinici per scopi divulgativi o scientifici. Prima di farlo, è necessario accertarsi che il paziente sia stato preventivamente informato, abbia dato il proprio specifico consenso o che i suoi dati siano stati resi anonimi.

Tonnellate di antibiotici inquinano i fiumi del mondo

(da AGI)  Migliaia di tonnellate di antibiotici inquinano i fiumi del mondo, mettendo a rischio un numero elevatissimo di ecosistemi. È quanto emerge da uno studio guidato dalla McGill University, e pubblicato su 'Pnas Nexus'.   Il consumo umano di antibiotici è aumentato del 65% tra il 2000 e il 2015. Questi farmaci non vengono completamente metabolizzati durante il passaggio attraverso l''organismo, né completamente distrutti o rimossi dalla maggior parte degli impianti di trattamento delle acque reflue. Gli autori della nuova ricerca hanno calcolato che gli esseri umani in tutto il mondo consumano circa 29.200 tonnellate dei 40 antibiotici più utilizzati. Dopo il passaggio nel nostro corpo e il trattamento delle acque reflue, stimano che 8.500 tonnellate (il 29% del consumo) raggiungono i sistemi fluviali mondiali e 3.300 tonnellate (l''11%) arrivano negli oceani o nei pozzi interni (come laghi o bacini idrici).  Sebbene le quantità totali di residui di antibiotici si traducano in concentrazioni molto piccole nella maggior parte dei fiumi - il che rende i farmaci molto difficili da rilevare - l''esposizione ambientale cronica a queste sostanze può comunque rappresentare un rischio assai serio. Gli antibiotici nei fiumi e nei laghi possono ridurre la diversità microbica, aumentare la presenza di geni resistenti agli antibiotici e influire sulla salute di pesci e alghe. Gli autori hanno calcolato che i livelli di antibiotici siano sufficientemente elevati da creare un potenziale rischio per gli ecosistemi acquatici e per la resistenza agli antibiotici in condizioni di bassa portata (ovvero, in periodi di minore diluizione) su 6 milioni di chilometri di fiumi. Corsi d''acqua con elevate concentrazioni si trovano in tutti i continenti, con le regioni più colpite situate nel Sud-est asiatico. L''amoxicillina è l''antibiotico che si trova più spesso a concentrazioni ad alto rischio ed è l''antibiotico più consumato al mondo.  Gli autori osservano che questa versione del loro modello non include gli antibiotici somministrati al bestiame, né gli scarti della produzione farmaceutica. Tuttavia, i risultati mostrano che l''inquinamento da antibiotici nei fiumi derivante dal solo consumo umano è già un problema critico. Secondo gli autori, sono urgentemente necessari programmi di monitoraggio e strategie per gestire la contaminazione da antibiotici dei corsi d''acqua, soprattutto nelle aree a rischio.

Intelligenza artificiale applicata alla telemedicina: le prospettive nel medio e lungo termine

(da MSN Salute)      Per funzionare al meglio, telemedicina, fascicolo sanitario ed ecosistema dei dati sanitari richiederanno l’implementazione di sistemi basati sull’intelligenza artificiale. Lo sottolinea Sergio Pillon, vicepresidente e responsabile relazioni istituzionali di Aisdet (Associazione Italiana della Sanità Digitale e Telemedicina), che in un’intervista descrive in che modo l’intelligenza artificiale potrà dare supporto alla pratica clinica, nel medio e nel lungo periodo.

In che modo l’intelligenza artificiale trasformerà la pratica clinica?

Oggi, quando si pensa all’Intelligenza artificiale, si pensa a sistemi come chatGPT che, interrogati dalle persone in merito a determinati disturbi, danno una serie di risposte. Per quanto il sistema stesso sottolinei che non è un medico, alla fine elenca i vari rimedi, ma la cosa grave è che non chiede quanti anni ha il paziente, se è maschio o femmina, quanto pesa, che medicine assume o che allergie ha. Ovviamente, non è questa l’intelligenza artificiale che sarà applicata alla pratica clinica nel prossimo futuro.  Quella che sta arrivando è prima di tutto un’intelligenza artificiale di supporto al medico nella diagnosi, con sistemi in grado, per esempio, di analizzare tre anni di esami fatti da un paziente e dire se la persona è a rischio di sviluppare nel medio e lungo periodo determinate patologie. Tutto questo prendendo in considerazione parametri come età, sesso e fattori di rischio, per guidare le persone verso un determinato percorso diagnostico. Quindi l’intelligenza artificiale, che per funzionare ha bisogno dei dati, sarà uno strumento di grande supporto alla diagnosi.

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Medici di famiglia in pensione un anno più tardi?

(da ilmessaggero.it)   I medici di famiglia potranno andare in pensione più tardi. Ha ricevuto disco verde l'emendamento della Lega al decreto Pa che apre alla possibilità per i medici di base di lavorare fino a 71 anni. «Le aziende del Servizio sanitario nazionale, fino al 31 dicembre 2026, possono prorogare, con il consenso degli interessati e comunque non oltre un anno successivo al raggiungimento del limite di età previsto dalla legge, il rapporto con il personale medico in regime di convenzionamento con il Ssn», così recita l'emendamento inserito nella legge di conversione del provvedimento.     La Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg) prevede che 7.345 medici di base raggiungeranno tra il 2024 e il 2027 il limite di età per la pensione fissato a 70 anni. Oggi mancano sul territorio più di 5.500 medici di medicina generale. Non sorprende perciò che in molte regioni, soprattutto quelle più grandi, la ricerca di un medico di famiglia sia diventata una caccia al tesoro. E a fronte degli oltre settemila pensionamenti che la Fimmg vede arrivare la situazione rischia di peggiorare ulteriormente, anche perché i giovani medici che scelgono di intraprendere questo tipo di carriera sono diventati una manciata. Ogni cittadino iscritto al Ssn ha diritto però a essere assistito da un medico di base, attraverso il quale poter accedere a servizi e prestazioni inclusi nei Lea, i livelli essenziali di assistenza.

Vaccinazione contro l’herpes zoster: una possibile strategia per ridurre il rischio di demenza

(da pharmastar.it)    Uno studio pubblicato su Nature ha offerto nuove evidenze sul possibile legame tra il virus dell'herpes e lo sviluppo della demenza, analizzando l'effetto della vaccinazione contro l'herpes zoster - utilizzata per prevenire il fuoco di Sant'Antonio e la nevralgia post-erpetica - sulla riduzione del rischio di questa patologia neurodegenerativa. I ricercatori hanno osservato che la somministrazione del vaccino era associata a una diminuzione del 20% della probabilità di ricevere una diagnosi di demenza, con un effetto più pronunciato nelle donne rispetto agli uomini.   Questi risultati rafforzano l'ipotesi che alcuni vaccini possano avere effetti immunologici off-target, influenzando processi biologici al di là della loro indicazione primaria. Un'opportunità unica per valutare l'impatto dell’immunoprofilassi Lo studio – coordinato da Pascal Geldsetzer, Dipartimenti di Medicina ed Epidemiologia e Salute della Popolazione, Università di Stanford in California - ha sfruttato una condizione unica presente in Galles, dove l'assegnazione del vaccino contro l'herpes zoster è stata determinata rigidamente in base alla data di nascita.   Gli individui nati prima del 2 settembre 1933 risultavano esclusi per tutta la vita, mentre coloro che erano nati a partire da questa data potevano ricevere il vaccino per almeno un anno.  Questa distinzione ha consentito ai ricercatori di confrontare gruppi di persone pressoché identiche per caratteristiche generali, con l'unica differenza rappresentata dalla possibilità di ricevere o meno il vaccino.  L'analisi dei dati sanitari elettronici ha mostrato che la vaccinazione era estremamente limitata tra coloro che erano nati prima del 2 settembre 1933, con una copertura dello 0,01%. Al contrario, tra chi era nato appena dopo quella data, la percentuale di vaccinati saliva al 47,2%. Questa netta differenza ha fornito un'opportunità ideale per valutare gli effetti del vaccino, riducendo al minimo le interferenze derivanti da fattori confondenti. Analisi statistica rigorosa con risultati affidabilità Attraverso un approccio basato sulla regressione a discontinuità, i ricercatori hanno esaminato la probabilità di ricevere una nuova diagnosi di demenza nel corso dei sette anni successivi alla vaccinazione. I risultati hanno evidenziato una riduzione del rischio di 3,5 punti percentuali, corrispondente a una diminuzione relativa del 20%. Inoltre, l'effetto protettivo risultava più marcato tra le donne, suggerendo possibili differenze di risposta immunitaria tra i sessi.  Per confermare la validità di questi risultati, gli studiosi hanno ampliato l'analisi includendo un'altra popolazione, quella combinata di Inghilterra e Galles, e hanno utilizzato un set di dati differente: i certificati di morte. Questa ulteriore verifica ha mostrato una correlazione tra la vaccinazione contro l'herpes zoster e una ridotta incidenza di decessi con demenza indicata come causa principale, suggerendo che l'effetto del vaccino non si limitava alla prevenzione della diagnosi, ma poteva avere un impatto più ampio sulla progressione della malattia.  Nuovo tassello nella comprensione del legame tra herpesvirus e neurodegenerazione   L'ipotesi che i virus neurotropici, come quelli della famiglia degli herpesvirus, possano contribuire allo sviluppo della demenza è stata oggetto di crescente interesse scientifico negli ultimi anni. Alcuni studi hanno suggerito un possibile ruolo dell'infezione virale nella neuroinfiammazione, un processo che potrebbe favorire l'accumulo di proteine anomale nel cervello e la degenerazione dei neuroni. Questo nuovo studio rafforza tali ipotesi, fornendo prove più solide che indicano una possibile interazione tra la risposta immunitaria indotta dalla vaccinazione e i meccanismi biologici alla base della demenza.  Grazie all'utilizzo di un esperimento naturale che ha ridotto le interferenze derivanti da fattori confondenti, i ricercatori hanno potuto fornire evidenze più robuste rispetto agli studi precedenti basati su associazioni statistiche.  Se ulteriori ricerche confermeranno questi risultati, la vaccinazione contro l'herpes zoster potrebbe rappresentare una strategia preventiva complementare per ridurre il rischio di demenza nelle popolazioni anziane. (Eyting M, Xie M, Michalik F, Heß S, Chung S, Geldsetzer P. A natural experiment on the effect of herpes zoster vaccination on dementia. Nature. 2025 Apr 2. doi: 10.1038/s41586-025-08800-x. Epub ahead of print)

Carenza medici. AMOlp: “Medici liberi professionisti penalizzati, esclusione ingiustificata”

(da Quotidiano Sanità)    In un Sistema Sanitario sempre più in crisi, alle prese col gravissimo problema delle liste di attesa, non è più accettabile la costante, ingiustificata e ideologica esclusione del medico libero professionista dal circuito terapeutico evoluto e dalle certificazioni. Allo stato attuale vengono costantemente mortificate decine di migliaia di medici nel quotidiano svolgimento del proprio lavoro, ma soprattutto milioni di cittadini che ad essi liberamente si rivolgono”. La denuncia arriva dall’Associazione medici odontoiatri liberi professionisti (AMOlp), che chiede un cambio di passo. Per AMOlp, “impedire l’accesso a piani terapeutici, certificazioni per esenzione e per gravidanze a rischio ingolfa inutilmente il servizio sanitario pubblico e crea un forte disagio nei pazienti. Più volte è stato sottolineato e spiegato in tutte le sedi istituzionali, politiche e sanitarie che i costi a carico dello Stato sarebbero pari a zero e che tutti i flussi prescrittivi e certificativi verrebbero costantemente controllati così come avviene per chi opera nel pubblico”. Nella nota a firma del presidente Sergio Di Martino l’associazione lancia dunque l’appello: “E’ arrivato il momento di rimuovere le discriminazioni nei confronti dei medici liberi professionisti, motivandole soprattutto con il "mantra" del controllo della spesa, negando un diritto sancito dal codice deontologico medico che impone di fornire la migliore cura possibile al paziente. Continuare a lavorare come medici al cinquanta per cento è contrario al progresso scientifico che corre e si evolve molto più rapidamente dei burocrati di Stato”.    Per AMOlp è necessario “un atto di coraggio e di correttezza intellettuale per superare inutili e anacronistiche barriere, andando verso una sanità inclusiva che dia pari dignità a tutte le sue forme, sia esse pubbliche e sia esse private, garantendo la necessaria integrazione tra le diverse componenti, nel prioritario interesse dei pazienti”, conclude Di Martino.

Scoperto legame tra dieta ricca di sale e depressione

(da AGI)  Un nuovo studio pubblicato su 'The Journal of Immunology' ha rivelato che una dieta ricca di sale (HSD) induce sintomi simili alla depressione nei topi, stimolando la produzione di una proteina chiamata IL-17A. Questa proteina è stata precedentemente identificata come un fattore che contribuisce alla depressione in studi clinici sull''uomo. "Questo lavoro supporta interventi dietetici, come la riduzione del sale, come misura preventiva per le malattie mentali. Apre anche la strada a nuove strategie terapeutiche che prendono di mira l''IL-17A per curare la depressione", ha affermato il dott. Xiaojun Chen, ricercatore presso la Nanjing Medical University che ha guidato la ricerca. "Ci auguriamo che queste scoperte incoraggino le discussioni sulle linee guida per il consumo di sale", ha affermato il dott. Chen. I ricercatori hanno anche identificato un tipo di cellula immunitaria chiamata cellule T gamma-delta (cellule ??T) come un''importante fonte di IL-17A nei topi alimentati con HSD, che rappresentano circa il 40% delle cellule che producono IL-17A. L''esaurimento delle cellule ??T ha alleviato significativamente i sintomi depressivi indotti da HSD, identificando un altro possibile metodo di trattamento. L''assunzione elevata di sale è onnipresente nella dieta occidentale, con i fast food che spesso contengono 100 volte più sale di un pasto cucinato in casa. L''HSD è già un importante problema di salute pubblica in quanto è collegato a malattie cardiovascolari, autoimmuni e neurodivergenti. Inoltre, anche la depressione maggiore è un problema di salute pubblica significativo con una prevalenza nel corso della vita del 15-18% e un posto tra le prime 10 cause di morte negli Stati Uniti.

Simg: position paper societario sull’uso pratico dell’intelligenza artificiale

(da DottNet)    Fornire un riferimento autorevole per i medici di famiglia italiani, chiamati sempre più spesso a confrontarsi con tecnologie innovative che promettono di migliorare l’assistenza sanitaria. Questo l’obiettivo del nuovo Gruppo IA costituito dalla Simg che ha redatto un Position Paper, ( https://www.dottnet.it/file/108988/ai-simg ) primo nel suo genere all’interno della Simg, per offrire una panoramica sui benefici e sui rischi derivanti dall’adozione di strumenti basati sull’IA e tracciare linee guida per un corretto utilizzo delle tecnologie emergenti nel rispetto dei più elevati standard etici.  “L’Intelligenza Artificiale rappresenta un’opportunità straordinaria per rafforzare la qualità della nostra pratica clinica e per dare risposte sempre più tempestive e accurate ai bisogni dei cittadini - spiega Alessandro Rossi, Presidente Nazionale Simg - con questo nuovo Gruppo di Lavoro, la Simg intende guidare e supportare i medici di famiglia nell’adozione di tecnologie che possano migliorare l’assistenza, garantendo al contempo l’autonomia professionale del medico e la centralità del paziente. Siamo convinti che l’IA, se governata in modo trasparente ed etico, possa favorire il progresso dell’intero sistema sanitario.” Il Position Paper illustra in particolare: - Le sfide regolatorie e l’importanza di strutturare politiche di governance chiare e nazionali, in linea con il futuro regolamento europeo “AI Act”. - I principi di utilizzo responsabile, che includono la supervisione clinica, la tutela della privacy e la garanzia di equità nell’accesso alle cure. - L’esigenza di formare adeguatamente i medici di famiglia, affinché possano interpretare correttamente i suggerimenti forniti dalle piattaforme di IA. - L’importanza della collaborazione tra governo, istituzioni sanitarie, università e società scientifiche per definire standard e metodi di validazione clinica. “Siamo in una fase cruciale per la Medicina Generale - sottolinea Iacopo Cricelli, Responsabile del Gruppo IA Simg - gli algoritmi di apprendimento automatico e i modelli di linguaggio (LLM) possono affiancarci nelle diagnosi e nelle decisioni terapeutiche, ma vanno implementati con grande senso di responsabilità. Il nostro obiettivo è promuovere una formazione specifica, coinvolgendo i medici di famiglia nell’utilizzo delle più aggiornate soluzioni tecnologiche, in modo da garantire le migliori risposte possibili ai reali bisogni dei pazienti nel più alto rispetto degli standard di sicurezza. La posizione della Simg è chiara: sì all’innovazione, purché sia supportata da rigore scientifico, valutazione del rischio e controllo umano.” Un nuovo punto di riferimento per la Medicina Generale La nascita del Gruppo IA, spiega la Società, vuole essere un momento di svolta per la professione: un punto di aggregazione dove medici, ricercatori ed esperti di tecnologie digitali possano confrontarsi e condividere esperienze, buone pratiche e strumenti operativi. Il Gruppo lavorerà in sinergia con le principali Istituzioni, promuovendo iniziative di formazione e momenti di incontro per garantire la migliore applicazione possibile dell’IA all’interno degli studi di Medicina Generale. Nei prossimi mesi, la Simg avvierà quindi un percorso di diffusione e approfondimento dei contenuti del Position Paper, tramite webinar e corsi di formazione ECM dedicati. Saranno inoltre istituiti tavoli di confronto con partner istituzionali e aziende specializzate, con l’obiettivo di favorire progetti sperimentali e di ricerca che possano validare sul campo l’efficacia degli strumenti di IA nel miglioramento dell’assistenza

Neo-natalità, dall’Enpam un sostegno per padri e madri medico

(da enpam.it)    Si è aperto il bando 2025 per i sussidi dell’Enpam, l’ente di previdenza e assistenza dei medici e degli odontoiatri, a supporto della neo-natalità. I sussidi, che possono arrivare fino a 8mila euro a figlio, servono per sostenere le spese per il primo anno di vita dei nuovi nati (ad esempio per baby-sitting e asilo nido), o per i primi 12 mesi di ingresso nel nucleo familiare, nel caso di affidamenti e adozioni.  Possono fare domanda non solo le dottoresse neomamme, ma anche i medici e i dentisti padri e gli studenti dei corsi di laurea in Medicina e in Odontoiatria che si sono iscritti facoltativamente all’Enpam. La tutela è infatti estesa anche ai padri, ormai da due anni. E, visti i numeri, la novità è piaciuta se si considera che le domande presentate dai padri medico in un anno sono quintuplicate passando da 150 a 783. FINO A 8 MILA EURO PER FIGLIO Inoltre, se entrambi i genitori sono iscritti Enpam, il sussidio, che è di 2mila euro, raddoppia e si cumula.  In più, un ulteriore raddoppio dell’importo scatta nel caso a fare domanda sia una coppia di iscritti Enpam, liberi professionisti, con 3 anni di anzianità nella gestione di Quota B.  Il sussidio spetta per ogni figlio nato. Quindi, per fare un esempio, nel caso entrambi i genitori siano iscritti alla Quota B e abbiano due gemelli, l’aiuto totale alla fine sarà di 16mila euro. REQUISITI Per il sussidio Enpam bisogna essere in regola con il pagamento dei contributi e rispettare dei requisiti di reddito. Quest’anno, il limite di reddito per una mamma o un papà single con un figlio è di 62.255,44 euro, per una coppia alle prese con il primo figlio 70.037,37 euro, oppure 77.819,30 euro per una coppia con due figli.  Il limite è di 101.165,09 euro se la coppia ha un disabile in famiglia, oltre a due figli. Da ricordare che il sussidio a supporto della neo-natalità della Fondazione è cumulabile con altre misure che sono garantite a tutti, come il bonus asilo nido che lo Stato distribuisce tramite l’Inps (minimo 1.500 euro fino ai tre anni d’età). DA 1,5 A 12 MILIONI DI EURO Per la statistica, sono stati 3.025 i sussidi riconosciuti nel 2024, di cui 18 sono andati a studentesse del V o VI anno di Medicina che si sono iscritte all’Enpam.  Più in generale, dal 2017 – quando lo stanziamento a copertura delle misure a supporto della neo-natalità era di 1,5 milioni di euro – Enpam ha supportato la nascita e i primi mesi di vita di 11.242 bebè.  Per il bando 2025, l’ente di previdenza e assistenza dei medici e degli odontoiatri quest’anno ha confermato i 12 milioni di euro stanziati l’anno scorso.  Curiosità: i parti gemellari negli ultimi otto anni sono stati 249, quelli trigemellari 6. FARE DOMANDA Fino alle 12 del 26 giugno, attraverso l’area riservata di Enpam.it, si può fare domanda del sussidio per tutti i bambini che sono nati nel corso del 2024 e fino alla scadenza del bando. Per le nascite o gli arrivi in famiglia dopo il 26 giugno, si potrà far domanda l’anno prossimo.

La Assemblea del nostro Ordine approva il bilancio Consuntivo 2024

La Assemblea dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri della Provincia di Forlì-Cesena, tenutasi il 15 Aprile, ha approvato all’unanimità sia il Bilancio Consuntivo delle entrate e delle spese per l’anno finanziario 2024, sia l'Assestamento al Bilancio 2025 presentati dal Tesoriere dott. Fabio Balistreri.  

La situazione amministrativa 2024 termina con un avanzo di amministrazione di oltre 165 mila euro (per l’esattezza 165.370,54 €)  che saranno molto utili per coprire eventuali aumenti di spese per l’anno in corso, ma soprattutto per deliberare una diminuzione della quota di iscrizione a partire del 2026

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