Tumori, dieta ricca di fibre “potenzia” la risposta immunitaria
(da Fimmg.org - riproduzione parziale) Mele, pere, prugne e kiwi; ma anche noci, pistacchi e arachidi; fagioli, ceci, lenticchie; carote, melanzane, carciofi; cereali e addirittura il cioccolato fondente: sono tutti alimenti ricchi di fibre in grado di “nutrire” il nostro microbioma - l’insieme dei microrganismi che ognuno di noi ospita nel proprio intestino - e di conseguenza possono aumentare l’efficacia dell’immunoterapia. Sono infatti sempre più numerose le evidenze scientifiche secondo le quali quello che mettiamo in tavola può influire in modo significativo sulla risposta dell’organismo ai trattamenti antitumorali, compresa l'immunoterapia. In particolare, numerosi studi in corso in tutto il mondo mostrano un legame tra una dieta ricca di fibre e una maggiore efficacia dell’immunoterapia. Entro il prossimo anno, è in programma al San Raffaele di Milano un nuovo trial clinico che prevede la somministrazione di una dieta controllata ricca di fibre nei pazienti con mieloma indolente. Sono inoltre in corso ricerche sui trapianti fecali e studi che hanno come obiettivo quello di confermare i potenti effetti che gli acidi grassi esercitano sulla risposta immunitaria contro i tumori. A fare il punto sulle ultime novità sulla immunoterapia dei tumori e su come questa possa essere modulata dal microbioma intestinale sono oltre mille scienziati arrivati da oltre 38 nazioni del mondo al CICON23 International Cancer Immunotherapy Conference (cancerimmunotherapyconference.org), evento organizzato da società scientifiche internazionali insieme al Network Italiano per la Bioterapia dei Tumori (NIBIT) e in corso a Milano “L'immunoterapia ha rivoluzionato la cura di molti tumori - spiega Pier Francesco Ferrucci, direttore dell’Unità di Bioterapia dei Tumori presso l’istituto Europeo di Oncologia e presidente del Network Italiano per la Bioterapia dei Tumori (NIBIT, nibit.org) -. Tuttavia, non tutti i pazienti rispondono allo stesso modo. Da qui l'ipotesi, che ormai è diventata una certezza, che la composizione del microbioma intestinale di un paziente influenzi il successo del trattamento immunoterapico. In sostanza, i pazienti che ospitano determinati batteri intestinali sembrano rispondere meglio all’immunoterapia rispetto ai pazienti che ne sono privi”.
Ancora più sorprendente l’ipotesi, basata su recenti evidenze scientifiche, che somministrare ai pazienti una dieta ricca di fibre potrebbe aumentare le probabilità che il trattamento contro il cancro sia più efficace. “Che il microbioma sia una parte cruciale del nostro sistema immunitario lo sappiamo ormai da tempo - aggiunge Vincenzo Bronte, direttore scientifico dell’Istituto Oncologico Veneto e next-president di NIBIT -. Secondo alcune stime, oltre il 60% delle cellule immunitarie del nostro corpo risiedono nell'intestino. Ma solo di recente abbiamo accumulato sufficienti evidenze secondo le quali questi microbi possono essere ‘modificati’ per influenzare positivamente l’esito dei trattamenti contro il cancro, compresa l’immunoterapia”.
Alcuni gruppi di ricerca stanno cercando di superare la resistenza all’immunoterapia effettuando trapianti fecali: i microbi intestinali “buoni” vengono prelevati da campioni di feci di pazienti che hanno risposto bene ai farmaci per poi essere trapiantati tramite colonscopia a un altro paziente. Un’altra strada è quella di disegnare diete ad hoc, ricche di fibre, in grado di modificare il microbiota in modo da renderlo “alleato” dell’immunoterapia. “A questo proposito stiamo pianificando un trial clinico su pazienti affetti da mieloma indolente - afferma Matteo Bellone, responsabile dell’Unità di Immunologia Cellulare presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, tra gli organizzatori di CICON23 -. Ai pazienti proporremo una dieta controllata ricca di fibre con l'obiettivo di comprenderne gli effetti, non solo sulla composizione del microbioma intestinale, ma anche sulle modificazioni metaboliche dell’organismo, sul decorso e sulla prognosi della malattia".
Cervia: richiesta collaboratore odontoiatrico per conservativa ed endodonzia
Abbiamo necessità di sostituire un collaboratore odontoiatrico per conservativa ed endodonzia.
CENTRO ODONTOIATRICO MARTIRI FANTINI SRL
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Direttore Sanitario dott. Graziano Castellani
Stanchi, insoddisfatti e poco pagati, i medici italiani secondo l’indagine Univadis Medscape
(da Univadis) Quanto guadagnano e quanto amano il proprio lavoro i medici italiani? A distanza di due anni e passata la situazione pandemica, Univadis Medscape Italia torna indagare gli aspetti che riguardano motivazioni e soddisfazioni della classe medica. L'indagine è stata svolta su un campione di 1169 operatori sanitari impiegati a tempo pieno, ovvero che lavorano in media 44 ore settimanali e una media di 56 pazienti a settimana. Il quadro che emerge trova coerente riscontro nell’attualità raccontata dai media italiani: quella di una sanità pubblica in cui i medici sono stanchi e stressati.
Secondo i risultati della nuova indagine, infatti, il rapporto con i pazienti e l’amore per il proprio lavoro rappresentano ancora la fonte principale di appagamento e soddisfazione per larga parte dei medici intervistati, ma coesiste anche una crescente fetta di professionisti che ritiene di non guadagnare abbastanza e di non apprezzare più come prima il proprio lavoro, a causa di un maggior carico in termini di ore lavorative, registrato in questi ultimi anni. Il 57% dei rispondenti ha affermato che il carico di lavoro è infatti aumentato e solo nel 27% dei casi è stato assunto nuovo personale all’interno della struttura ospedaliera. Inoltre, se nell’indagine del 2020 la burocrazia era considerata come l’ostacolo principale per i medici (ora viene citata solo dal 17% del campione), nel 2022 è la mancanza di personale ad affliggere chi lavora nel 35% dei casi. Il malessere è comunque peggiorato dal fatto che l’89% dei medici ritiene di non essere pagato abbastanza.
I medici italiani guadagnano in media 60.000 euro l’anno, ma esiste una grande differenza tra gli ospedalieri e chi opera soprattutto in ambulatorio, inclusi i medici di medicina generale: se per i primi si arriva in media a 56.000 euro l’anno, chi riceve pazienti in ambulatorio ne guadagna fino a 79.000€, ben 23.000 euro in più. Le donne poi sono una categoria che viene ulteriormente (e severamente) penalizzata: in media guadagnano circa 20.000 euro all’anno in meno dei colleghi uomini, con l’aggravante di pagare spesso anche il conto più salato in termini di equilibrio tra vita privata e professionale.
Lo scenario è quindi quello di un’insoddisfazione per la propria situazione economica, destinata a crescere anche in considerazione di ulteriori fattori. Da una parte, infatti, risultano scarse le opportunità di guadagno integrativo, inclusi bonus e incentivi ai quali solo un medico su due riesce ad aver accesso. Dall’altra, si è registrato un aumento dell’inflazione – per il 77% dei rispondenti il potere d’acquisto è diminuito rispetto al 2021 , e per il 75% la situazione non migliorerà nei prossimi due anni – così come un aumento delle spese generali, incluse quelle relative al la sottoscrizione di contratti di assicurazione integrativa che i l 73% dei medici dipendenti paga di tasca propria.
Cause strutturali - Malumore e scontento stanno quindi caratterizzando il clima ospedaliero in questo momento: la quasi totalità del campione che lavora nel SSN (più di 8 su dieci) dichiara che nell’ultimo anno lavorare per la sanità pubblica è diventato sempre più difficile. Il 60% dei medici confermerebbe ancora oggi la scelta della propria professione, ma rispetto al 2020 questo dato è calato di 12 punti percentuali. La pandemia di COVID-19 ha portato a vari cambiamenti negli orari e nei salari, ma non è più la principale fonte di problemi all'interno degli ospedali. Le cause sono più strutturali e organizzative: c'è carenza di personale, bassa sicurezza per i medici, aumento delle aggressioni, diminuzione dei benefici, mentre gli stipendi restano sempre uguali. La conseguenza è che sempre più medici, soprattutto i più giovani, sono spinti ad andare a lavorare all’estero, verso Paesi come Svizzera e Inghilterra. Oppure, per ovviare alle difficoltà, si guarda alla sanità privata, un settore che attira sempre maggiore attenzione (per il 32% del campione), cosi come per la prima volta, abbiamo registrato una consistente percentuale di medici che pensa di mettersi in proprio (17%)”.
A compensare almeno in parte i sentimenti negativi rimane la centralità e l’importanza della relazione con i pazienti, che per il 31% del campione resta uno degli aspetti più gratificanti del proprio lavoro (nell’indagine 2020 il dato era del 33%). Altri motivi di soddisfazione personale sono la consapevolezza della propria bravura (26%), l’aver contribuito a rendere il mondo un posto migliore (12%) e l'orgoglio di essere medico (9%). Inoltre, rispetto all’indagine del 2020, un aspetto degno di nota è quello relativo alla telemedicina: nel precedente report si era registrato scettiscismo rispetto all’utilizzo dei nuovi strumenti digitali nell’ambito della salute, mentre adesso risulta in netta crescita chi utilizza strumenti di telemedicina (36%) e ne è soddisfatto (il 71% degli intervistati), tanto che il 20% prevede di estendere la telemedicina alla teleconsultazione (e il 38% ci sta pensando).
Potete visualizzare l'intera indagine al LINK https://www.medscape.com/slideshow/6016706?src=mkm_ret_221115_mscpmrk_it_globalcompensation&faf=1
Campagna di sensibilizzazione sui danni da plastica proposta da ISDE Italia
Con l'intenzione di accrescere la consapevolezza dei danni alla salute umana, all’ecosistema e all’ambiente riconducibili alla presenza di plastica, al rilascio di sostanze tossiche e alla diffusione delle micro e nano plastiche nonché di accrescere la capacità di contribuire alla riduzione dell’uso e del consumo della plastica, ISDE Italia e Rete Italiana Medici Sentinella (RIMSA) in collaborazione con la Società Italiana Medici Endocrinologi (SME), la Federazione Italiana Medici di medicina Generale (FIMMG), l’Associazione Culturale Pediatri (ACP), la Società Italiana di Pediatria (SIP), la Federazione Italiana medici Pediatri (FIMP), Choosing Wisely Italy e Università degli studi di Scienze gastronomiche di Pollenzo (CN) propongono una campagna di sensibilizzazione rivolta in primis ai medici e tramite loro ai pazienti, sui danni alla salute provocati dalla plastica.
La campagna prevede l'invio a tutti i medici della richiesta di compilazione di un questionario (https://it.surveymonkey.com/r/WWYRMNN), volto a rilevare il livello di conoscenza del problema e ad aderire alla campagna, e di un link al sito (https://www.isde.it/progetto-plastica/) dove i medici (e successivamente anche i pazienti) potranno scaricare il Manifesto da esporre negli studi medici e altri materiali informativi che il gruppo di lavoro produrrà.
Nel mese di gennaio 2024 è prevista la realizzazione di un corso di formazione con ECM dedicato ai medici che aderiranno al progetto.
Le conoscenze acquisite dovrebbero essere utili ai medici per poter informare, con maggiore consapevolezza, i propri pazienti e a medici e pazienti per accrescere la capacità di contribuire, in prima persona, ad una riduzione dell’uso e del consumo della plastica, con effetti positivi sia sulla riduzione dell’esposizione a sostanze chimiche rilasciate dalla plastica sia sul danno ambientale.
Di seguito è possibile consultare anche la lettera inviata ai medici
Colpa medica, depenalizzare è difficile. Tra le ipotesi scudo penale e stop alle liti temerarie
(da Doctor33) Depenalizzare la colpa medica non si può. Ma si può rendere più tranquilla l'attività di tutti i giorni evitando che i medici siano coinvolti in contenziosi legali. È l'obiettivo della Commissione istituita dal ministro della Giustizia Carlo Nordio e guidata dal giudice Adelchi D'Ippolito che sta incontrando ordini ed associazioni lungo l'Italia, e valuta istanze ed eventuali proposte. Dopo Milano e Roma è stato il turno di Palermo, poi arriveranno Bari, Venezia, Siena. La tappa a Palermo offre un primo panorama delle cose che si possono fare.
La Commissione starebbe valutando l'ipotesi di rendere reato la lite temeraria intentata senza particolari motivi contro il sanitario, che già esiste nel civile, e di imporre una sanzione pecuniaria in caso di condanna; inoltre, si parla della possibilità di richiedere allegata alla querela una consulenza tecnica sul presunto errore medico affinché la denuncia non sia a costo zero.
Ci sarebbero altre due strade percorribili. La prima è introdurre un preventivo giudizio di ammissibilità delle cause contro i medici, che ridurrebbe drasticamente il numero delle liti; la seconda è una modifica organizzativa, che implicherebbe la rotazione dei consulenti medici del pubblico ministero così da scongiurare il rischio di monopoli o di comportamenti più compiacenti verso le tesi del piemme che verso insospettate verità. Ulteriore proposta al vaglio della Commissione è il "fondo vittime dell'alea terapeutica" per indennizzare le vittime di complicanze imprevedibili quali le infezioni nosocomiali: quasi 700 mila eventi che si trasformano in decessi nell'1% dei casi: comunque 6-7 mila persone.
Se la colpa medica non fosse più un reato, si eviterebbe al medico l'imputabilità per omicidio o lesioni colpose nei casi in cui si verificano la morte o un danno per il paziente. Ma il presidente dell'Ordine di Palermo Toti Amato avverte:«E' vero che l'ipotesi di reato non è contemplata nella maggioranza degli stati, ma l'ordinamento italiano non sembra offrire margini per depenalizzare», spiega Amato. «Noi chiediamo piuttosto misure mirate capaci di generare in tempi contenuti un cambiamento culturale. Va fatto capire che gli errori medici esistono ma sono di gran lunga inferiori rispetto alla rappresentazione collettiva. È importante a mio avviso scoraggiare le liti temerarie. La richiesta di una sanzione, sia essa 2 mila o 10 mila euro, potrebbe fare da deterrente, per i familiari della vittima di un evento fortuito alla ricerca di avvocati pronti all'azione giudiziaria. E potrebbe contribuire a ridurre i contenziosi».
In Italia si confermano oltre 35 mila per anno le azioni legali intentate per colpa medica. Nel 90-95% dei casi il medico è assolto. Ma, per prevenire guai giudiziari, fioccano visite ed esami inutili, che incidono sulle casse della sanità pubblica e sulle liste d'attesa: in ultima analisi, allontanano la sanità dal cittadino. Poco ha potuto la legge Gelli che depenalizzava la colpa lieve e per imperizia se il medico aveva seguito le linee guida. Dal 2017 -anno d'entrata in vigore -ad oggi, se più strutture di prima sono state chiamate in causa, i problemi per il singolo professionista non sono diminuiti in quanto quest'ultimo è spesso chiamato in causa dalla struttura e ne rischia l'azione di rivalsa in caso di condanna. «Tra le risposte che il legislatore potrebbe prendere in considerazione, la Federazione degli Ordini con il Presidente Filippo Anelli ha proposto in audizione lo scudo penale», ricorda Amato. «La tesi è che si potrebbero giustificare con il concetto di "emergenza", dovuto al mancato finanziamento o a dissesti organizzativi, situazioni che si verificassero in reparti - o ad esempio in pronti soccorso - con un numero di medici e sanitari sotto organico. Lo "scudo" si è fatto ed ha funzionato per il Covid-19 dove l'imprevedibilità della malattia pandemica giustificava la non punibilità del medico in caso di eventi avversi ai pazienti. L'impressione che ho tratto negli ultimi mesi è che anche in questo campo sia un percorso praticabile».
Arresto cardiaco: sintomi “premonitori” diversi per uomini e donne
(da Quotidiano Sanità) Circa una persona su due che va incontro ad arresto cardiaco accusa sintomi significativi 24 ore prima dell’evento. Sintomi che sono diversi tra uomini e donne, con i primi che avvertono dolore al petto e le seconde un’improvvisa mancanza di respiro. Alcuni sottogruppi di entrambi i sessi, invece, accusano palpitazioni, attività simil-convulsivante e sintomi simil-influenzali. È quanto emerge da una ricerca condotta da scienziati dello Smidt Heart Institute Cedars-Sinai (USA), guidate da Sumeet Chugh, e pubblicata dal 'The Lancet Digital Health'.
Lo studio Il team ha preso in considerazione due studi sviluppati dagli stessi ricercatori: lo studio Prediction of Sudden Death in Multi-Ethnic Communities (PRESTO) – condotto in California su 823 persone – e l’Oregon Sudden Unexpected Death Study (SUDS). Entrambe le ricerche hanno raccolto dati dalla comunità per prevedere al meglio l’arresto cardiaco improvviso. In questi studi è stata valutata la presenza dei sintomi individuali e dei sintomi complessivi segnalati prima dell’arresto cardiaco improvviso. Le informazioni raccolte sono state confrontate con quelle ottenute da gruppi di controllo che avevano richiesto assistenza al pronto soccorso. “Considerare i sintomi premonitori per eseguire il triage potrebbe portare a un intervento precoce e a prevenire la morte”, sottolinea Sumeet Chugh, secondo il quale i risultati della ricerca “potrebbero portare a un nuovo paradigma per la prevenzione della morte cardiaca”.
Lo studio pubblicato dal The Lancet Digital Health apre la strada a ulteriori studi prospettici che potranno combinare i sintomi con altre caratteristiche, per migliorare la previsione dell’arresto cardiaco improvviso.
(https://www.thelancet.com/journals/landig/article/PIIS2589-7500(23)00147-4/fulltext)
Cinquecento professionisti della sanità lasciano l’Italia per i Paesi arabi (dove si guadagnano fino a 20mila euro al mese)
(da Fimmg.org) Non solo Cristiano Ronaldo, Neymar e l'ex Ct della nazionale Roberto Mancini. Sono oltre 500 i professionisti della sanità che negli ultimi tre mesi hanno deciso di lasciare l'Italia per prestare servizio nei Paese Arabi. Si tratta di 250 medici specialisti, 150 infermieri, 100 tra medici generici, fisioterapisti, farmacisti, podologi e dietisti. Per i medici ci sono salari tra i 14.000 a 20.000 euro, con servizi e casa, inserimento scolastico per i figli, agevolazioni fiscali, burocrazia snella e veloce. Per gli infermieri si va dai 3.000 a 6.000 euro. A calcolarlo sono l'Associazione dei medici di origine straniera in Italia (Amsi) e l'Unione medica euro mediterranea (Umem), secondo cui le specializzazioni più richieste sono dermatologia, chirurgia generale, medicina estetica, ortopedia, gastroenterologia, ginecologia, pediatria, oculistica, emergenza, chirurgia plastica, otorinolaringoiatra, dentisti; oltre agli infermieri specializzati, fisioterapisti, farmacisti e dietisti. Il 90% dei professionisti della sanità in Arabia Saudita è di origine straniera (europei, paesi arabi e africani, indiani, asiatici, cubani, sudamericani), lo stesso vale per gli altri Paesi del golfo.
Entro il 2030 in Arabia Saudita serviranno 44.000 medici e 88.000 infermieri per la crescita del numero della popolazione e l'avanzamento dell'età. Trentamila pazienti dai paesi del golfo vanno a curarsi all'estero (principalmente in Stati Uniti, Inghilterra, Germania e Francia) con una spesa annua più di 20 miliardi. Inoltre, hanno fatto sapere le due associazioni, circa il 10% del Pil dei paesi del golfo è dedicato alla sanità ,servizi e industria sanitaria con ospedali e cliniche private all'avanguardia. Per la ricerca dei professionisti della sanità in Arabia Saudita ci sono più di 3000 siti Facebook, Telegram ed altri canali come mediatori.
Sistema Tessera Sanitaria, entro il 2 ottobre l’invio dei dati per il primo semestre 2023
(da DottNet) Il 30 settembre scade il termine per inviare le spese sanitarie relative al primo semestre 2023. Termine che slitta al 2 ottobre, lunedì. Si ricorda che dal 2023 è possibile accedere anche con SPID e CIE, oltre che con le proprie credenziali del Sistema Tessera Sanitaria. Entro quella data si inviano al Sistema Tessera Sanitaria i dati del primo semestre 2023; mentre, entro il 31 gennaio 2024 si invieranno quelli relativi al secondo semestre 2023. La cadenza della trasmissione è libera e può avvenire anche giornalmente, settimanalmente, mensilmente o semestralmente. Inoltre entro il 31 ottobre, chi interessato, dovrà regolarizzare il mancato o tardivo invio della comunicazione dei dati negli anni pregressi fino a quelle riferite al primo semestre 2022 utilizzando la sanatoria per le irregolarità formali.
Nel caso in cui la mole dei dati sia consistente si consiglia di procedere con più invii antecedenti alla scadenza semestrale, in quanto il file di invio ha un limite massimo di dimensioni pari a 5Mb. In caso di errato, omesso o tardivo invio è prevista una sanzione pari ad euro 100,00 per ogni documento di spesa errata (senza possibilità di applicare il cumulo giuridico) con un massimo di euro 50.000,00. Il calendario delle comunicazioni dei dati al sistema tessera sanitaria si presenta secondo il seguente prospetto:
PRIMO SEMESTRE 2023 >>>>> entro il 2 Ottobre 2023
SECONDO SEMESTRE 2023 >>>>> entro il 31 gennaio 2024
DAL 1 GENNAIO 2024 >>>> entro la fine del mese successivo alla data di emissione
È possibile effettuare la trasmissione dei dati secondo le seguenti modalità:
• utilizzo di una pagina web dedicata sul sito www.sistemats.it, per l’inserimento manuale di ogni singola spesa;
• trasmissione puntuale di ogni singola spesa, effettuata dal proprio software gestionale mediante il webservice sincrono;
• trasmissione massiva di un file Xml, contenente uno o più documenti, effettuata dal proprio software gestionale mediante il webservice asincrono.
Particolarmente rigoroso risulta essere il trattamento sanzionatorio in caso di eventuali violazioni dell’obbligo in commento. L’art. 3, comma 5-bis, del D.lgs. n. 175/2014 prevede quanto segue:
- in caso di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati si applica la sanzione di 100 euro per ogni comunicazione fino a un massimo di 50.000 euro;
- nei casi di errata comunicazione dei dati la sanzione non si applica se la trasmissione dei dati corretti è effettuata entro i 5 giorni successivi alla scadenza, ovvero, in caso di segnalazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, entro i 5 successivi alla segnalazione stessa;
- la comunicazione correttamente trasmessa entro 60 giorni dalla scadenza prevista comporta la riduzione della sanzione a un 1/3 con un massimo di 20.000 euro.
È da tenere in debita considerazione il documento di prassi n. 22/2022 dell’Agenzia delle Entrate che ha chiarito il concetto di “comunicazione” contenuto nella norma sanzionatoria, stabilendo che debba riferirsi ad ogni singolo documento di spesa errato, omesso, o tardivamente inviato al Sistema tessera sanitaria, a nulla rilevando il mezzo di trasmissione (uno o plurimi file), o il numero di soggetti cui i documenti si riferiscono. Vale a dire, la sanzione di 100 euro si applica per ogni singolo documento di spesa, senza possibilità, per espressa previsione normativa, di applicare il cumulo giuridico di cui all’articolo 12 del d.lgs. n. 472/1997.
Più della metà degli italiani non ha competenze digitali. Siamo al quart’ultimo posto in Europa
(da Quotidiano Sanità) Nel 2021 poco meno della metà delle persone di 16-74 anni residente in Italia ha competenze digitali almeno di base (45,7%). Il divario tra i diversi Paesi europei risulta piuttosto elevato. L’Italia occupa le ultime posizioni della graduatoria europea. Lo rileva l’Istat in un rapporto dedicato. Le competenze digitali rientrano nel piano d'azione del pilastro europeo dei diritti sociali e in quello per l'istruzione digitale.
L’obiettivo target fissato per il 2030 è l'80% di cittadini (utenti di Internet negli ultimi 3 mesi e tra i 16 e i 74 anni) con competenze digitali almeno di base (per tutti i 5 domini individuati dal framework 2.0, ossia “alfabetizzazione all'informazione e ai dati”, “comunicazione e collaborazione”, “creazione di contenuti digitali”, “sicurezza” e “risoluzione dei problemi”). Nel 2021 tale quota a livello europeo è pari al 53,9%. Le competenze digitali almeno di base sono caratterizzate da un forte divario di genere a favore degli uomini, che, nel nostro Paese è di 5,1 punti percentuali. Va però sottolineato che fino ai 44 anni tale distanza si annulla e in alcuni casi si inverte di segno. Il divario tra i diversi Paesi europei risulta piuttosto elevato, con un campo di variazione di 51,4 punti percentuali. In fondo alla graduatoria si colloca la Romania con il 27,8%, preceduta dalla Bulgaria (31,2%), dalla Polonia (42,9%) e dall’Italia (45,7%). La Finlandia (79,2%) e l’Olanda (78,9%) già nel 2021 presentano valori quasi in linea con l’obiettivo target del 2030.
Per raggiungere il medesimo obiettivo il nostro Paese dovrà far registrare nei prossimi anni un incremento medio annuo di 3,8 punti percentuali. Si tratterebbe di un incremento piuttosto elevato in un lasso di tempo limitato, che si è finora registrato per l’indicatore sull’uso regolare della rete durante gli anni della pandemia (2020-2021) dove la quota è passata dal 76,4% al 80,1%. Un’accelerazione, questa, che ha consentito all’Italia di ridurre considerevolmente il gap con gli altri paesi europei in riferimento al divario digitale di primo livello. Nel nostro Paese è presente un forte gradiente tra Centro-Nord e Mezzogiorno, ad eccezione della Sardegna, che si attesta sul valore medio. Le regioni dove le competenze digitali almeno di base sono più diffuse sono il Lazio (52,9%), seguito dal Friuli-Venezia Giulia (52,3%) e dalla Provincia Autonoma di Trento (51,7%). L’80,3% delle persone di 25-54 anni con un’istruzione terziaria possiede competenze digitali almeno di base, valore quasi in linea con quello medio EU27 (83%), mentre tale quota cala al 25% per quelli con titolo di studio primario, con una distanza di circa 8 punti percentuali rispetto al valore medio EU27. Nel 2021 le persone hanno competenze digitali più avanzate per e-skill legati ai domini della “Comunicazione e collaborazione” (75,8%) e dell’“Alfabetizzazione su informazioni e dati” (58,5%) rispetto a quelli legati alla “Risoluzione di problemi” (47%), alla “Creazione di contenuti digitali” (41%) e alla “Sicurezza” (36%). Le competenze digitali specialistiche interne alle imprese sono appannaggio di quelle con almeno 250 addetti (75,0%) e di quelle del settore ICT (64,1%). Le PMI italiane sono tra le prime in Europa a esternalizzare la gestione delle funzioni ICT (il 57,2% utilizza solo consulenti esterni)
OMCEO RN: Corso di Etica Medica “Le frontiere della medicina”
Buongiorno,
informiamo tutti i Medici Chirurghi e gli Odontoiatri che sono ancora disponibili posti ECM (6 crediti) al primo modulo del Corso di Etica Medica “Le frontiere della medicina” organizzato dalla Scuola di Etica Medica del nostro Ordine che si svolgerà in presenza presso il Centro Congressi SGR di Rimini venerdì 22 settembre al pomeriggio e sabato 23 settembre al mattino (vedi programma allegato).
Gli interessati possono effettuare l’iscrizione esclusivamente accedendo al link qui di seguito riportato e cliccando sul riquadro “Iscriviti ora”:
Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Segreteria dell'Ordine al numero 0541.382144.
Con preghiera di pubblicità e diffusione tra i Vs. iscritti, porgo cordiali saluti.
Il Direttore
Scuola di Etica Medica OMCeO Rimini
Dott. Mario Bartolomei
Bando ONAOSI Contribuenti in situazione di vulnerabilità – residenti nei Comuni/frazioni alluvionate – scadenza 5 ottobre 2023
Buongiorno,
al fine di offrire un possibile sostegno ai Sanitari vostri iscritti residenti nei Comuni/frazioni interessati da calamità naturali per le quali è stato riconosciuto lo stato di calamità/emergenza con Decreto del Consiglio di Ministri segnalo il Bando 2023 Intervento economico a favore di contribuenti in presenza di condizioni di vulnerabilità che individua come destinatari del contributo economico i Sanitari contribuenti in presenza di una delle seguenti condizioni:
- composizione del nucleo familiare (almeno 5 componenti, o inferiore alle 5 unità in presenza di almeno 2 figli)
- il contribuente o un componente del nucleo familiare (non figli per cui è stato predisposto un apposito bando) abbiano il riconoscimento d’invalidità civile superiore al 74%,
- il contribuente risiede nei Comuni/frazioni interessati da calamità naturali per le quali è stato riconosciuto lo stato di calamità/emergenza con Decreto del Consiglio di Ministri
La condizione sufficiente a partecipare individuata all'ultimo punto è una novità di questo anno ed è stata inserita proprio per dare un supporto ai Sanitari contribuenti ONAOSI residenti nei Comuni/frazioni del vostro territorio colpiti dall'alluvione.
La scadenza per la presentazione della domanda è il 05/10/2023
Al seguente link https://www.onaosi.it/bandi-e-modulistica/b-contribuenti/2716/intervento-economico-per-contribuenti-in-situazioni-di-vulnerabilit è possibile trovare il Bando, la modulistica e tutte le informazioni nel dettaglio, ma resto a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento e approfondimento.
Cordiali saluti
Covid, sintomi dopo due anni anche in casi lievi
(da DottNet) "Se hai preso il Covid, lo hai superato e stai bene, e dopo un paio di anni te ne sei dimenticato, il Covid non si è dimenticato di te. Sta ancora scatenando il caos nel tuo corpo". Usa questa frase suggestiva, Ziyad Al-Aly, epidemiologo clinico presso la Washington University School of Medicine di St. Louis, per illustrare i risultati dello studio americano, pubblicato su 'Nature Medicine', che ha dimostrato come, anche chi ha avuto un'infezione da Sars-Cov-2 in maniera lieve, a distanza di ben 2 anni, ha un rischio maggiore di soffrire di una serie di sintomi, che vanno da problemi polmonari, cardiovascolari, gastrointestinali, di coagulazione del sangue, oltre all'affaticamento, al diabete e altri disturbi tipici della sindrome del Long Covid. Lo studio è il primo a documentare quanto il rischio di sviluppare effetti collaterali oltre i primi mesi o dopo un anno dall'infezione da coronavirus, anche in pazienti che hanno avuto la malattia in forma lieve. Secondo Al-Aly, primo autore dello studio, solo altri due studi avevano valutato orizzonti temporali di due anni, ma concentrandosi su un gruppo ristretto di sintomi, come quelli sul sistema nervoso. La ricerca - come riporta il Washington Post - sottolinea inoltre l'onere che continua a gravare su milioni di persone negli Stati Uniti e sul sistema sanitario nazionale, anche se il governo federale ha annullato l'emergenza sanitaria pubblica tre mesi fa e l'Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che la pandemia non è più un'emergenza sanitaria di interesse internazionale. Il nuovo studio, basato sulle cartelle cliniche elettroniche dei database del Veterans Affairs St. Louis Health Care System, ha riguardato quasi 139mila veterani militari a cui è stato diagnosticato il Covid all’inizio della pandemia, da marzo 2020 fino alla fine di quell’anno. Sono stati confrontati con un gruppo di quasi 6 milioni di veterani che non erano stati infettati nello stesso arco temporale. Entrambi i gruppi sono stati monitorati ogni sei mesi fino ai due anni, osservando se chi aveva avuto il Covid presentava percentuali più alte di circa 80 condizioni tipiche del Long Covid.