Contro gli effetti delle terapie oncologiche più esercizio fisico
(da DottNet) Secondo una metanalisi pubblicata sul ‘British Medical Journal of Sports Medicina’ «l’esercizio fisico sembra ottenere un miglioramento generale del benessere psicologico e della qualità di vita, la qual cosa ne raccomanda l’inclusione sistematica nei protocolli di terapia oncologica». «Già diverse metanalisi avevano valutato l’impatto dell’esercizio fisico sulla salute dei malati di cancro, ma permanevano lacune significative nella nostra comprensione di questa relazione» spiegano i ricercatori, che aggiungono: «A tutt’oggi, non era stata pubblicata alcuna valutazione completa dei dati esistenti su esercizio fisico e salute di pazienti con un’ampia gamma di tumori. Per colmare questa lacuna, con l’obiettivo di rafforzare la base di evidenze e migliorare l’assistenza clinica, abbiamo condotto una metanalisi generale degli studi clinici randomizzati e controllati pubblicati tra il 2012 e il 2024, tutti di qualità da moderata ad alta».
Tra queste associazioni, le tipologie di esercizio di qualsiasi lunghezza, intensità e durata includevano attività mente-corpo come Qigong, Tai-Chi e yoga (28,5%), esercizi aerobici e di resistenza (48%), allenamento a intervalli ad alta intensità (18,4%) e altre tipologie (59%). Queste associazioni sono state esplorate in pazienti con tumori alla mammella (50%), all’apparato digerente (20%), al sangue (3%), al polmone (47%), alla prostata (2,5%) e altri (31%). Secondo i criteri GRADE, che si utilizzano per valutare la certezza delle prove scientifiche e la forza biostatistica delle raccomandazioni in ambito sanitario, nel complesso, il 54% delle associazioni è risultato statisticamente significativo, mentre il 17% e il 31% hanno evidenziato rispettivamente una certezza elevata e moderata, pur senza raggiungere la significatività statistica.
Nelle persone malate di cancro, l’esercizio fisico ha inoltre ridotto in misura significativa diversi effetti collaterali associati al cancro e al suo trattamento rispetto alle cure tradizionali o all’assenza di esercizio fisico; per esempio, ha ridotto i danni cardiaci e ai nervi periferici associati alla chemioterapia, il deterioramento cognitivo e la dispnea. Ha inoltre modificato la composizione corporea e alcuni tra i principali indicatori fisiologici di salute, come la concentrazione plasmatica dell’insulina, del fattore di crescita insulino-simile e della proteina C-reattiva. Ha migliorato la qualità del sonno, il benessere psicologico, la funzionalità fisiologica dell’organismo e l’interazione sociale, favorendo al contempo la qualità della vita complessiva. Sono anche emerse prove con un grado di certezza da moderato a elevato che l’esercizio fisico pre-operatorio riduca il rischio di complicazioni postoperatorie, il dolore, la durata della degenza ospedaliera e il rischio di morte.
I ricercatori riconoscono comunque svariati limiti ai loro risultati. Le analisi dei dati inclusi nella revisione differivano in misura considerevole, incluso il numero di studi su cui si basavano. I ricercatori ipotizzano che i partecipanti affetti da cancro in grado di fare esercizio fisico potrebbero essere stati in migliori condizioni generali. E sottolineano che gli effetti collaterali della terapia variano secondo il tipo di cancro e lo stadio più o meno avanzato della malattia. Malgrado ciò concludono: «Incorporare esercizi mente-corpo nelle linee guida per l’esercizio fisico da raccomandare alle persone malate di cancro potrebbe essere un’opportunità da non lasciarsi sfuggire. In ogni caso sono necessarie future ricerche di alta qualità per esplorare ulteriori risultati, chiarire i meccanismi retrostanti e perfezionare le prescrizioni di esercizio fisico su misura per ciascun tipo di cancro, la tempistica, la modalità e le caratteristiche individuali dell’esercizio fisico, garantendo interventi più precisi e di alto rilievo clinico per le diverse popolazioni oncologiche».
Da 5G nessun danno da inquinamento elettromagnetico
(da AGI) La tecnologia wireless 5G è sicura e non provoca danni da inquinamento elettromagnetico. Questo il risultato di uno studio guidato dalla Constructor University e pubblicato su ‘PNAS Nexus’. L”adozione della tecnologia wireless 5G ha sollevato preoccupazioni circa gli effetti sulla salute dell”esposizione elettromagnetica associata. Gli autori del nuovo studio hanno studiato i profili di espressione genica e metilazione di cellule cutanee umane esposte a campi elettromagnetici 5G a diverse frequenze (27 GHz e 40,5 GHz), densità di flusso di potenza (1 mW/cm² e 10 mW/cm²) e tempi di esposizione (2 ore e 48 ore).
L’espressione genica e la metilazione del DNA sono rimaste statisticamente invariate dopo l”esposizione al 5G, anche a 10 volte i limiti di esposizione raccomandati. Secondo gli autori, le energie quantistiche sono troppo basse per avere effetti fotochimici o persino ionizzanti sulle cellule. Gli autori sperano che i loro risultati chiudano definitivamente il dibattito sulla sicurezza della tecnologia 5G. “Questi dati – concludono – supportano fortemente la valutazione secondo cui non vi sono prove di danni indotti dall’esposizione alle cellule cutanee umane”.
Procedure selettive per l’ammissione al corso di formazione specifica in medicina generale 2025/2028. Comunicazione pubblicazione sulla G.U.R.I.
Si comunica che sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (G.U.R.I.) – Serie IV, Speciale – Concorsi ed Esami n. 37 del 13 maggio 2025 è stato pubblicato l’avviso relativo all’avvenuta pubblicazione dei bandi di concorso regionali e provinciali per l’ammissione al
Corso di formazione specifica in Medicina Generale relativo al triennio 2025/2028. Le domande potranno essere presentate, seguendo le indicazioni riportate nel bando, a partire dalla pubblicazione sulla G.U.R.I. fino alle ore 13:00 del giorno 12 giugno 2025.
Dalla sclerosi al diabete: come funziona il vaccino inverso che potrebbe battere le malattie autoimmuni
(da DottNet) Le malattie autoimmuni colpiscono circa 800 milioni di persone a livello globale, una su dieci. Sclerosi multipla, lupus, diabete di tipo 1, artrite reumatoide, fino alla celiachia. Il denominatore comune è l’attacco del sistema immunitario contro i tessuti dell’organismo stesso. I trattamenti attualmente disponibili si basano su una soppressione generalizzata della risposta immunitaria, con l’effetto collaterale di aumentare la suscettibilità a infezioni e di richiedere una somministrazione continua e invasiva. E invece ora c’è aria di rivoluzione, nella ricerca. La possibile soluzione si chiama “vaccino inverso”. Lo riporta l’agenzia Dire. E’ un cambio di paradigma. Questi vaccini, anziché stimolare il sistema immunitario, lo rieducano a tollerare determinati antigeni associati alla malattia. Il principio si basa sull’uso di nanoparticelle sintetiche coniugate a tali antigeni, che imitano il comportamento di cellule apoptotiche. Il sistema immunitario riconosce queste particelle come non minacciose e interrompe la risposta autoaggressiva. Nel 2022, un gruppo di ricerca guidato dall’immunologo Stephen Miller (Northwestern University) ha pubblicato su Gastroenterology i risultati di uno studio clinico su pazienti celiaci. Su 33 partecipanti in remissione, metà ha ricevuto il vaccino inverso prima dell’esposizione al glutine, l’altra metà un placebo. I risultati hanno mostrato una protezione istologica e sintomatologica nel gruppo trattato, in contrasto con un peggioramento nel gruppo di controllo.
Un ulteriore contributo proviene dal bioingegnere Jeffrey Hubbell (Università di Chicago), che nel 2023 ha dimostrato l’efficacia del vaccino inverso in modelli murini di sclerosi multipla. La sua azienda Anokion ha avviato i primi studi clinici su esseri umani, sia per la celiachia che per la sclerosi multipla, con esiti preliminari positivi. Il meccanismo, scoperto inizialmente in modo accidentale, si basa su molecole a carica negativa capaci di indurre tolleranza immunologica. L’immunologo Pere Santamaria (Università di Calgary), tra i primi a studiare il fenomeno, ha esteso l’applicazione a malattie rare come la colangite biliare primitiva, per le quali è possibile ottenere autorizzazioni più rapide grazie alla numerosità ridotta dei pazienti. Tuttavia, la complessità del sistema immunitario, che include cellule circolanti e residenti nei tessuti, rende ancora incerta la loro capacità di agire su entrambe le popolazioni cellulari. Secondo le stime più ottimistiche, i primi vaccini inversi potrebbero raggiungere il mercato entro tre-cinque anni. Altri esperti, come Bana Jabri (Institut Imagine, Parigi), suggeriscono tempistiche più lunghe, fino a un decennio.
Forlì: ricerca medico dietologo
Centro Benessere Città di Forlì, studio avviato nel 1988, specializzato in dimagrimento, massaggi, estetica e medicina estetica, con clientela fidelizzata, cerca Medico Dietologo da integrare nel proprio staff di specialisti, per collaborazione due giorni al mese: visite, consulenze e piani nutrizionali personalizzati. Disponiamo di ambulatorio con scrivania, lettino, aria condizionata ed Elettrocardiogramma e Bioimpedenziometro di ultima generazione.
Per Info: Centro Benessere Città di Forlì, via Macero Sauli, 52
Tel. 334-2187203
Mail: centrobenessere_2012@libero.it
FB: www.facebook.com/centro.cittadiforli
Instagram: centrobenessere.cittadiforli
Web: www.centrobenesserecittadiforli.it
Condannato il ‘Guru delle diete’ Adriano Panzironi: 2 anni e 8 mesi per esercizio abusivo di professione medica.
Il giudice ha anche condannato gli imputati al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, nonché al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad euro 20mila in favore dell’Omceo di Roma.
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Il cambiamento climatico e l’aumento dei superbatteri
(da M.D.Digital) Secondo uno studio pubblicato su Nature Medicine, le attuali traiettorie dei cambiamenti climatici e il mancato rispetto delle strategie di sviluppo sostenibile potrebbero contribuire ad aumentare l’onere globale della resistenza antimicrobica (Amr) entro il 2050. Gli autori prevedono che la resistenza antimicrobica potrebbe aumentare fino al 2,4% a livello globale entro il 2050 e chiedono un’azione urgente per affrontare fattori socioeconomici e ambientali più ampi oltre alla semplice riduzione dell’uso di antibiotici per mitigare l’onere globale della resistenza antimicrobica.
Nel 2021, l’Amr batterica è stata responsabile di circa 1,14 milioni di decessi a livello globale, colpendo in modo sproporzionato i Paesi a basso e medio reddito. Si prevede che questo numero aumenterà fino a quasi 2 milioni di morti entro il 2050. Riconoscendo la gravità dell’onere della resistenza antimicrobica, i leader mondiali della 79a Assemblea Generale delle Nazioni Unite hanno rilasciato una dichiarazione in cui si impegnano a ridurre del 10% entro il 2030 i 4,95 milioni di decessi umani batterici globali correlati alla resistenza antimicrobica. Tuttavia, gran parte della risposta alla resistenza antimicrobica si è concentrata sull’uso eccessivo di antibiotici e meno attenzione è stata prestata al contesto del cambiamento climatico e alle condizioni socioeconomiche.
Il ricercatore Lianping Yang e colleghi hanno analizzato 4.502 record che comprendono 32 milioni di isolati di 6 agenti patogeni batterici chiave resistenti agli antimicrobici, ottenuti da 101 paesi tra il 1999 e il 2022. Utilizzando modelli di previsione, hanno studiato in che modo i fattori e le politiche socioeconomiche e ambientali influenzerebbero le tendenze globali della resistenza antimicrobica. I loro risultati suggeriscono che nello scenario peggiore di adattamento ai cambiamenti climatici, in cui le temperature globali aumenterebbero di 4-5oC entro la fine del secolo (Ssp5-8.5), la resistenza antimicrobica potrebbe aumentare del 2,4% entro il 2050, rispetto allo scenario a basse emissioni (Ssp1-2.6). Questo variava tra lo 0,9% nei Paesi ad alto reddito e il 4,1% e il 3,3% rispettivamente nei Paesi medio-bassi e nei Paesi a basso reddito. Yang e colleghi hanno anche scoperto che gli sforzi per lo sviluppo sostenibile, come la riduzione delle spese sanitarie vive, l’espansione della copertura vaccinale, l’aumento degli investimenti sanitari e la garanzia dell’accesso universale all’acqua, ai servizi sanitari e igienici, potrebbero ridurre la futura prevalenza della resistenza antimicrobica del 5,1% rispetto alla linea di base. Ciò supererebbe l’effetto della riduzione del consumo di antimicrobici, che si prevede ridurrà la prevalenza della resistenza antimicrobica del 2,1%.
Gli autori riconoscono che la causalità non può essere tracciata a causa dell’approccio di modellazione ecologica, nonché dei limiti della qualità dei set di dati di sorveglianza Amr. Inoltre, i modelli primari non hanno tenuto conto di alcuni fattori che contribuiscono alla resistenza antimicrobica, come l’istruzione, l’uso di antimicrobici nella produzione alimentare e le pratiche di allevamento animale, a causa dell’indisponibilità dei dati.
(Weibin Li et al. Changing climate and socioeconomic factors contribute to global antimicrobial resistance. Nature Medicine 2025. DOI: 10.1038/s41591-025-03629-3)