Missione in Ucraina – richiesta di supporto per raccolta dispositivi sanitari

Pubblichiamo la richiesta accorata della Dott.ssa Guidi Vanessa nostra iscritta.

Per qualunque informazione ulteriore si prega di scrivere alla seguente email: vanessa.guidi@studio.unibo.it

 

“Gentilissimi,

sono Vanessa Guidi, medica in formazione specialistica in Medicina d’Emergenza-Urgenza a Bologna e iscritta all’Ordine di Forlì-Cesena, n. 5117.

Vi contatto perché sono la vicepresidente e coordino l’area medico-sanitaria di un’associazione, Mediterranea, che dall’inizio della guerra si trova anche in Ucraina con un progetto appunto sanitario (e non solo).

Abbiamo avuto un ambulatorio mobile a Leopoli per due anni, ora invece supportiamo i civili nei campi profughi attraverso la distribuzione di aiuti umanitari e attraverso un progetto di educazione alla salute e prevenzione.

In questi tre anni abbiamo costruito contatti con diverse realtà e ospedali della città. Infatti, anche a Dicembre grazie all’AUSL di Bologna abbiamo donato farmaci antiepilettici ev all’Ospedale Pediatrico St Nicholas, che ne era totalmente sprovvisto (per un valore di quasi 7mila euro).

Mi rivolgo a voi per quanto riguarda il progetto di prevenzione e educazione alla salute. A Marzo tornerò a Leopoli insieme ad altri 3 medici e a un gruppo di volontari dell’Emilia-Romagna, tra cui anche della nostra provincia.

Il tema di questa missione sanitaria sarà l’ipertensione arteriosa. La popolazione civile ucraina ha scarsa fiducia nella figura del medico e non ha la cultura della terapia da assumere in cronico per prendersi cura della propria salute. Per questo, come step successivo all’ambulatorio, puntiamo alla prevenzione ed educazione alla salute.

Vorremmo pertanto, con l’occasione, anche consegnare tanti dispositivi elettronici per la misurazione della pressione arteriosa. Vi chiedo pertanto se fosse possibile avere un supporto nel reperire quanti più dispositivi possibile, diffondendo a MMG e altri professionisti attraverso i contatti dell’Ordine. Oppure attraverso contatti diretti che l’Ordine ha e che potrebbero tornare utili a tale scopo.

Perdonate la richiesta diretta, ma è sempre più difficile reperire questo tipo di aiuti per l’Ucraina.

In ogni caso, io sono a disposizione per altre informazioni e anche ad un incontro di persona.

Siamo anche alla ricerca di donazioni per finanziare la missione e acquistare i beni di prima necessità che porteremo nei campi profughi. Non so se l’Ordine può aiutare in questo.

In attesa di un vostro riscontro, vi ringrazio, Cordiali saluti

Vanessa Guidi”

I rischi della disinformazione sanitaria

(da M.D.Digital)  ‘The Lancet’, in un recente editoriale (Volume 405, Issue 10474 p173 January 18, 2025) ha posto l’attenzione sulle ricadute che possono avere i contenuti fuorvianti dei social media su questioni cliniche, terapeutiche e sanitarie sottolineando che la cattiva informazione in questi campi rappresenta una vera e propria minaccia per la salute pubblica.
“Il senso di ansia e urgenza, unito all’aumento dell’uso dei social media e alle interpretazioni politicamente cariche della pandemia – si legge nell’editoriale –  hanno favorito la diffusione di una serie di affermazioni fuorvianti sul virus e sulle contromisure mediche. La disinformazione sanitaria è stata utilizzata come arma di propaganda, sfruttando la paura, minando la fiducia del pubblico e ostacolando l’azione collettiva nei momenti critici”. I contenuti fuorvianti dei social media che pervadono le informazioni sulla prevenzione e il trattamento di patologie importanti, come per esempio il cancro,  potrebbero portare i pazienti ad abbandonare trattamenti basati sull’evidenza in favore di alternative sostenute da influencer.
Per The Lancet questa minaccia non è presa abbastanza sul serio dalle aziende tecnologiche come per esempio mostra  la recente decisione di Meta di porre fine al fact-checking che, sebbene non possa eliminare completamente il materiale inaccurato,  la sua rimozione aprirebbe le porte a contenuti dannosi.
Ma per combattere la disinformazione sanitarie è necessario saper affrontare la manipolazione intenzionale e il modo in cui gli algoritmi dirigono l’attenzione delle persone, lasciando gli individui a navigare da soli in un complesso mix di scienza e finzione.  La lotta alla disinformazione andrebbe realizzata con un “approccio sistematico simile a quello di frenare la diffusione di agenti infettivi: trovare e contenere la fonte; identificare in modo proattivo i più vulnerabili ai suoi effetti; e immunizzare la popolazione contro le false affermazioni fornendo risorse educative chiare. Non può essere lasciato a sforzi individuali e volontari”.
Secondo The lancet  i governi e i comunicatori scientifici devono sforzarsi di garantire che i messaggi sulla salute pubblica siano rilevanti per l’individuo; non solo fornire informazioni accurate, ma anche promuovere un ambiente di fiducia e comprensione e riconoscere aree di incertezza e incognite. Anche la comunità medica ha un ruolo chiave.
“La cattiva informazione e la disinformazione – si legge a conclusione dell’editoriale – non possono più essere viste semplicemente come un fastidio accademico, ma piuttosto come una minaccia per la società. Solo se riconosciamo questa minaccia e agiamo in modo proporzionato possiamo rispondere al pericolo e combattere l’ondata di disinformazione che ha il potenziale di minare seriamente la salute pubblica”.

Formaggi a latte crudo, un’etichetta per tutelare i bimbi

(da DottNet)       Nuove etichette, con maggiori informazioni e quindi più efficaci per proteggere i bambini dai rischi delle infezioni contratte mangiando prodotti a latte crudo, che possono portare a gravi conseguenze. Come la sindrome emolitico uremica (Seu), la più grave complicanza di un’infezione intestinale batterica, sostenuta da ceppi di Escherichia coli, che colpisce in particolare i piccoli sotto i 5 anni. E’ uno degli obiettivi delle misure a cui sta lavorando il governo che, con un decreto, pubblicato sul sito del ministero della Salute, ha istituito un tavolo tecnico di esperti.

Ne fanno parte membri del ministero della Salute, di quello dell’Agricoltura, dell’Istituto superiore di sanità, degli Istituti zooprofilattici e delle associazioni di categoria, con lo scopo di individuare “l’etichettatura più efficace possibile che possa avvertire il consumatore finale di tali rischi” E anche per andare oltre l’obbligo di etichettatura disposto dall’Unione europea, “prevedendo indicazioni aggiuntive in etichetta”, affermano il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato

“Intendiamo così tutelare la popolazione pediatrica nei primi anni di vita e rendere le scelte dei consumatori pienamente consapevoli del rischio di infezione intestinale da ceppi di escherichia coli”, affermano. La Seu rappresenta la più grave complicanza di un’infezione intestinale batterica, sostenuta da ceppi di Escherichia coli (Stec) produttori di una potente tossina detta Shiga-tossina (Stx) o vero-citotossina (VtT). L’infezione si trasmette principalmente per via alimentare (carne cruda o poco cotta, soprattutto di origine bovina, latte crudo non pastorizzato e formaggi prodotti con latte crudo e poco stagionati, vegetali e frutta crudi non lavati), ma può anche essere contratta a seguito di un contatto stretto con ruminanti infetti o con un ambiente contaminato o per trasmissione interumana attraverso la via oro-fecale.

Tra il primo luglio 2023 e il 30 giugno 2024 sono stati registrati 68 casi di Seu in Italia, secondo i dati del Registro italiano Sindrome emolitico uremica, la maggioranza nei pazienti in età pediatrica (sotto i 15 anni di età) con 67 casi (98,5% del totale). Per Paolo Chiandotto, presidente del Progetto Alice – Associazione per la lotta alla sindrome emolitico uremica Ets le nuove misure sono “un primo passo importante verso le nostre istanze inviate al ministro della Salute e al sottosegretario nella speranza che anche l’Associazione dei pazienti sia coinvolta nel tavolo. È importante affrontare il tema etichettatura, ma non solo, è necessario affrontare il problema anche a livello di filiera e informare attraverso una campagna di comunicazione i consumatori”.

La solitudine aumento il rischio di demenza

(da Univadis)   La solitudine è un sentimento angosciante che ha un impatto sulla salute e sul benessere degli anziani. Una metanalisi (21 studi; > 600.000 partecipanti) ha mostrato che la solitudine è associata a un rischio aumentato del 31% di sviluppare demenza per tutte le cause (hazard ratio [HR] 1,31 [1,20-1,43]; p<0,001; I2=87,04%).     Questa associazione era più forte nei pazienti con malattia di Alzheimer (HR 1,39 [1,29-0,50]; p<0,001; I2=0,01%) o demenza vascolare (HR 1,73 [1,48-2,03]; p<0,001; I2=8,07%). Inoltre, questa associazione persisteva anche dopo il controllo della depressione, dell’isolamento sociale e di altri fattori di rischio modificabili.

(Luchetti M, Aschwanden D, Sesker AA, et al. A meta-analysis of loneliness and risk of dementia using longitudinal data from >600,000 individuals. Nat Mental Health. 2024. doi:10.1038/s44220-024-00328-9)

Quasi 40mila medici in pensione nel 2025

(da Il Sole 24 Ore Sanità)    Da qui al 2030 usciranno dal Servizio sanitario nazionale, per andare in pensione, circa 80mila dei medici attualmente operativi, con un apice della gobba pensionistica che è stato raggiunto già nel 2024 per i medici di medicina generale, e sarà raggiunto nel 2025 per gli ospedalieri e gli specialisti ambulatoriali. Secondo le proiezioni, da qui al 2030 usciranno dal Servizio sanitario nazionale 78.252 dei 227.921 medici che attualmente vi operano. Andranno in pensione 27.568 tra medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, 43.370 medici dirigenti, 7.414 medici specialisti interni.
Se poi andiamo ad analizzare l”attuale popolazione medica per fasce di età, vediamo che la fascia più “affollata” è quella che va dai 65 ai 69 anni. Questo significa che siamo arrivati all”apice della gobba pensionistica, con molti medici del Servizio sanitario nazionale che stanno andando in pensione. Sono infatti 108.115 i medici pensionandi da 59 a 69 anni, a fronte di 229.625 medici attivi (quasi la metà) e 78.128 medici già pensionati.

Il settore, tra quelli della Pa, è tra quelli che ha dipendenti con l”età più avanzata. Quasi la metà dei dottori in servizio in ospedale e negli studi ha più di 60 anni. È over 60 il 45% degli ospedalieri e il 52% di pediatri e medici di famiglia. Negli anni c”è stato poco turnover, anche a causa di una gestione poco oculata dei posti nelle facoltà di Medicina e nelle specializzazioni.  A mancare sono i Medici di medicina generale, che sono passati dai 45.382 del 2013 ai 35.398 al 2024, con un calo netto di 10mila unità. In pratica ogni anno un medico di famiglia su 10 va in pensione.

Dati dell”Ente di previdenza dei medici confermano che dal 2014 al 2023 i trattamenti ordinari, quelli cioè corrisposti in virtù del raggiungimento dei requisiti anagrafici, o contributivi, hanno registrato un”impennata di ben il 257 per cento.

Prime linee guida italiane sull’uso dell’Ai in cardiologia

(da M.D.Digital)  La Società italiana di cardiologia (Sic) ha firmato un documento di consenso sull’impiego dell’Intelligenza artificiale (Ai) in cardiologia, sottolineandone l’utilità nella diagnosi precoce di malattie come, per esempio, l’ipertensione o lo scompenso cardiaco e l’impiego per una valutazione più accurata di elettrocardiogrammi ed ecocardiogrammi, ma anche di risonanze magnetiche e Tac, così da diagnosticare e monitorare meglio i pazienti.

Il documento, presentato in occasione del Congresso Sic 2024, prende in esame gli utilizzi di Ai e machine learning in cardiologia, ne sottolinea le grandi potenzialità a partire dal monitoraggio serrato dei pazienti ad alto rischio ricoverati con malattie cardiache: un ampio studio su quasi 16 mila pazienti pubblicato di recente su Nature Medicine, per esempio, ha dimostrato che la mortalità a tre mesi può ridursi del 31% associando l’Ai all’elettrocardiogramma per identificare i casi con una maggiore probabilità di andare incontro a un evento fatale.

“Uno studio su 362 pazienti sottoposti a Ecg prima dell’arrivo in ospedale – osserva Ciro Indolfi, past-president della Sic – ha dimostrato un’accuratezza del 99% nell’identificare i casi più seri, con tempi di valutazione medi di appena 37 secondi, circa quattro volte inferiori a quelli di un medico in carne e ossa, che hanno accorciato ad appena 18 minuti l’intervallo fra l’arrivo in clinica e la procedura di rivascolarizzazione”.

Il documento di consenso sottolinea che l’impiego di algoritmi di machine learning e Ai potrebbe anche migliorare la diagnosi di malattie come l’ipertensione e lo scompenso cardiaco, che potrebbero inoltre essere gestite in maniera più adeguata grazie all’accuratezza dell’Ai nella classificazione del rischio dei pazienti e quindi nella scelta fra le possibili terapie.

Tuttavia, avverte Indolfi, “esistono anche criticità di cui tenere conto utilizzando l’Ai, non solo perché sono necessarie altre e più ampie ricerche per validarne le potenzialità e gli usi nella pratica clinica, ma soprattutto per gli aspetti etici e normativi su cui è necessario riflettere. Molti algoritmi, specialmente quelli basati sul deep learning, operano spesso come “black box” prendendo decisioni sulla base di calcoli complessi da decrittare per un umano, che quindi possono rendere difficile riconoscere eventuali errori o bias. È poi “altrettanto fondamentale interrogarsi sulle modalità di introduzione dell’Ai per definire bene di chi siano le responsabilità di scelte dettate dagli algoritmi: la Fda classifica i prodotti di Ai software come dispositivi medici, il regolamento ‘Ai act’ dell’Unione Europea 2024/1689 impone Ai produttori e agli sviluppatori specifici obblighi e caratteristiche in merito agli usi dell’Ai, per esempio proibendo applicazioni di Ai che potrebbero porre rischi troppo elevati”.

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