Certificati falsi, con testo unico Pa confermate sanzioni. Lievi differenze tra pubblico e privato

(da Doctor33)   Da una parte il polo unico con i controlli dei medici Inps e il software “intelligente” per scovare i “furbetti”, dall’altra pene pesanti non solo per i pazienti che si assentano senza giustificato motivo ma anche per i medici che ne attestano la malattia: il Testo Unico del pubblico impiego che la scorsa settimana ha ottenuto un primo ok dal governo conferma le sanzioni previste dalla legge Brunetta del 2009 per il dipendente della Pubblica Amministrazione che usi un certificato falso o attestante il falso. La multa va da 400 a 1600 euro e si rischiano fino a 5 anni di carcere. «La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto», recita l’articolo 55 quinquies introdotto dal dlgs 150/2009 e ripreso nel dispositivo. Al comma 3 questo articolo introduce per il medico anche le sanzioni disciplinari : radiazione dall’albo ed altresì, se dipendente di una struttura sanitaria pubblica o se convenzionato Ssn, il licenziamento per giusta causa o la decadenza dalla convenzione. Ma se invece di essere un dipendente Pa si tratta di un lavoratore privato che non se la sentiva di andare dal suo medico, gli ha chiesto il certificato ed è andato a divertirsi? Il decreto Brunetta mette un codicillo alla fine: «Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se il medico, in relazione all’assenza dal servizio, rilascia certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati neì oggettivamente documentati». E penalmente? Rischia pure il medico che certifica al lavoratore privato una malattia in sua assenza: l’articolo 480 del codice penale dice che “il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente in certificati o autorizzazioni amministrative, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni”.  In giurisprudenza, la Cassazione ha chiuso il cerchio nel 2017 con la sentenza 18687 la quale conferma che la legge sottende il falso ideologico sia nella prima assenza sia nella proroga di prognosi. Ma dice di più. Scovato l’articolo 36 della convenzione del 2000 (dpr 270) in cui si concede al comma 2 la chance di fare ricette in assenza del paziente, lo disattiva, sentenziando che la rilevanza del reato ha un peso superiore a qualsiasi altra considerazione. Il comportamento del medico è grave indipendentemente da come sta il lavoratore. Scrive la Suprema Corte nella sentenza 18687: «la falsa attestazione attribuita al medico non attiene tanto alle condizioni della salute della paziente, quanto piuttosto al fatto che egli ha emesso il certificato senza effettuare una previa visita e senza alcuna verifica oggettiva delle sue condizioni di salute, non essendo consentito al sanitario effettuare valutazioni o prescrizioni semplicemente sulla base di dichiarazioni effettuate per telefono dai suoi assistiti. Ciò rende irrilevanti le considerazioni sulla effettiva sussistenza della malattia o sulla induzione in errore da parte della paziente”. Con sentenza 3705, sempre nel 2012, la Cassazione ha spiegato perché tanta severità, rammentando che un certificato redatto senza paziente davanti certificato non è ma si presta ad essere confuso per tale in quanto redatto sul modulario per la certificazione di malattia. Quest’ultimo va tirato fuori solo una volta che si è convinto il paziente a venire in studio o ci si è recati da lui a visitarlo.