Delibera orari per ricevere informatori, in Emilia Romagna scoppia il caso. Mmg: è illegittima
(da Doctor33) Nuove nubi si addensano sul già difficile rapporto tra medici di famiglia e regione Emilia Romagna e suscitano riflessioni anche al di là di Appennino e Po. Dal 1° maggio 2017 prossimo non si potrà più ricevere gli informatori scientifici del farmaco in orario di ambulatorio. Medici di famiglia e pediatri dovranno comunicare all’Asl l’orario di ricevimento e gli informatori dovranno esibire un tesserino di riconoscimento regionale. Lo prevede la delibera della Regione 2309/2016, secondo cui i medici dovranno anche chiedere all’informatore il documento di riconoscimento e affiggere un cartello in sala d’attesa per avvisare i pazienti che non vedranno più gli Isf in orario di visita.
I sindacati replicano che la Regione non può imporre queste cose. A Bologna Fabio Vespa leader Fimmg ha sottolineato sul sito che le attività di studio, ricevimento Isf incluso, restano normate dalla convenzione nazionale e quest’ultima non può essere modificata da una legge regionale di rango giuridico inferiore. Già, perché, ricorda Vespa, secondo la Cassazione (sentenza 67 del 2014 relativa alla convenzione bolzanina) “gli accordi collettivi nazionali da prendere a riferimento per le convenzioni triennali, costituiscono principi fondamentali cui la legislazione (di regioni e province autonome) è tenuta ad uniformarsi “. Però maggio si avvicina e i malumori crescono. L’argomentazione dei medici discende dalla legge nazionale (833 e 50): non sono dipendenti e non si possono loro imporre orari di studio. Cedere su questo potrebbe essere anzi precedente pericoloso. Però, la Regione ritiene di aver già fatto il suo differenziando tra Asl e ospedali, che evitano ogni commistione tra orari di visita e accessi Isf indicando a questi ultimi e ai dipendenti fasce orarie e locali idonei, e medici di famiglia e pediatri che invece fissano loro gli orari di ricevimento dell’informatore, a propria discrezione. Inoltre la Regione sottolinea come sia una legge nazionale, la 326 del 2003 a consentire alle regioni di disciplinare la pubblicità delle case farmaceutiche presso i medici, la consegna di campioni gratuiti, l’invito al medico per eventi sponsorizzati dalle industrie. L’Emilia Romagna ha stabilito che l’orario di visita non si tocca.
Ma i medici replicano che il principio per giusto che sia non può essere calato dall’alto. Enrico Delfini del direttivo Fimmg Bo ha sottolineato sul sito degli informatori fedaiisf.it come sia difficile reperire orari dedicati e ritmi compatibili con il setting della medicina generale e come la delibera assuma toni un po’ minatori evocando «controlli ispettivi, che potrebbero logicamente colpire anche mancanze puramente formali, come quella del cartello in sala d’attesa dove riportare la dicitura». Per la cronaca, andrebbe scritto: “Le attività di informazione scientifica del farmaco non sono consentite durante gli orari di visita dei pazienti”. Già, le Asl -quella di Forlì ad esempio – intanto chiedono ai medici di inviare per posta elettronica gli orari di ricevimento degli informatori. In che misura può accadere lo stesso nel resto d’Italia? Lo chiediamo al presidente nazionale della Fimmg, l’emiliano Stefano Zingoni, esperto di temi giuridici. «La determinazione della Regione mette sullo stesso piano le strutture sanitarie e gli studi dei medici di famiglia, che però non sono strutture del servizio sanitario regionale bensì studi libero-professionali definiti “presidi SSR” a livello di convenzione. Tale definizione non significa siano diversamente inquadrabili dagli studi libero professionali, e del resto il medico di famiglia è libero professionista convenzionato, quindi i suoi rapporti con il servizio sanitario regionale sono regolati solo dall’accordo nazionale e, a cascata, dagli accordi regionali da esso derivanti e da accordi locali derivanti dagli accordi regionali. Non mi risulta che accordo nazionale ed accordi regionali abbiano normato questa disciplina, nemmeno l’accordo regionale emiliano romagnolo, di conseguenza – conclude Zingoni – non vedo titolarità a normare unilateralmente da parte della Regione Emilia Romagna e delle singole regioni».