C’è una questione femminile anche nel mondo medico
(da M.D. Digital) In Italia cresce costantemente il numero delle donne che esercitano la professione medica. Lo sono il 60% dei medici di medicina generale e il 44% dei 105 mila camici bianchi dipendenti del Ssn. (dati 2017), ma di quest’ultime solo 1 su 10 fa carriera mentre coloro che scelgono la Medicina Generale si troveranno a percepire in media compensi inferiori ai loro colleghi maschi. È quanto mostrano i dati evidenziati durante il Congresso Nazionale della Fimmg in Sardegna e nel corso dalla terza Conferenza Anaao-Donne, svoltasi di recente a Genova.
Medicina Generale: il 60% sono donne ma guadagnano meno dei colleghi. I dati mostrano che la componente femminile della professione, in tutte le regioni italiane, percepisce in media compensi inferiori rispetto ai colleghi. “C’è la necessità di ripensare al modello assistenziale per la nostra professione mettendo al centro la componente femminile”. Le donne rappresentano il 60% dei futuri medici di medicina generale, ma ancora oggi i dati mostrano che la componente femminile della professione, in tutte le regioni italiane, percepisce in media compensi inferiori rispetto ai colleghi. Analizzare il contesto attuale e tracciare i possibili scenari futuri è l’obiettivo della tavola rotonda “Speriamo che sia femmina?” che si è svolta al 76° Congresso Fimmg-Metis in corso al Tanka Village – Villasiminus (Cagliari). “C’è la necessità di ripensare al modello assistenziale per la nostra professione – dichiara Tommasa Maio, segretario nazionale di Fimmg Continuità Assistenziale – mettendo al centro la componente femminile che al momento rappresenta oltre la metà dei futuri medici di medicina generale e che in futuro potrebbe crescere ulteriormente”. I medici di famiglia nei prossimi anni dovranno affrontare l’ondata di pensionamenti in assenza di adeguata programmazione in entrata, adattarsi ai cambiamenti del contesto socio-demografico della popolazione italiana, prendendo in carico pazienti sempre più frequentemente anziani e fragili. “Le professioniste saranno chiamate a svolgere un ruolo da protagoniste della Medicina generale basato su fiduciarietà, prossimità e domiciliarità – prosegue Maio – Una sfida che le porterà a dover acquisire competenze professionali e personali che rendano possibile la compatibilità tra vita privata e professione. Saranno le donne a rappresentare la parte prevalente delle forme aggregative della medicina generale e del territorio e a doversi formare nella capacità di gestire uno studio medico. Per questo bisognerà ripensare i modelli organizzativi della medicina generale e le conseguenti scelte contrattuali finora proposte”.
Anaao: sempre più donne medico in corsia, ma solo una su 10 fa carriera. È la denuncia che parte dalla terza Conferenza Anaao Donne svoltasi di recente a Genova, dove è stato fatto il punto sugli ostacoli della vita in corsia, sui problemi che inibiscono il decollo professionale delle donne medico e le soluzioni che il sindacato può e deve trovare. Il numero delle donne medico in Italia aumenta di anno in anno. Nel 2017 sono il 44% (ultimi dati della Ragioneria Generale dello Stato elaborati dall’Anaao Assomed) dei 105 mila camici bianchi dipendenti del Ssn. Le Regioni con il maggior numero di “camici rosa” sono la Sardegna (56%), seguita da Emilia Romagna (51%) e Veneto (50%). Chiude la classifica la Campania con il 31%. Nella fascia d’età 40-44 anni le donne sono il 60% del totale dei medici, mentre dopo i 50 anni la prevalenza è maschile, con una rappresentanza di medici uomini tra i 55-59 anni del 64% e dopo i 60 anni del 72%
Ma il sorpasso, che sarà nei prossimi anni sempre più evidente, è ancora solo nei numeri. Alle donne è infatti preclusa la possibilità di fare carriera: solo 1 su 50 diventa Direttore di Struttura Complessa e 1 su 13 responsabile di Struttura Semplice. E anche nelle discipline in cui è più elevata la quota di donne tra i medici, la loro presenza nelle posizioni apicali è molto bassa (Pediatria 10%, psichiatria 25%, Ginecologia e ostetricia 17%). Sono questi i numeri che aprono la terza Conferenza Anaao Donne in programma questa settimana a Genova. Un’occasione per fare il punto sugli ostacoli della vita in corsia, sui problemi che inibiscono il decollo professionale delle donne medico e le soluzioni che il sindacato può e deve trovare.
Il contratto di lavoro siglato il 24 luglio va proprio in questa direzione, grazie anche all’intervento dell’Anaao Assomed: salario intero, compreso il trattamento accessorio, per il congedo di maternità e di paternità; monte ore annue di 18 ore per assenze per visite, terapie e prestazioni specialistiche senza decurtazioni stipendiali; ulteriore monte ore di 18 ore annue per assenze per particolari motivi personali e familiari retribuite; ferie estive garantite (15 giorni) nel periodo 15 giugno–15 settembre per i dipendenti con figli nella scuola dell’obbligo. Inoltre l’Organismo Paritetico potrà avanzare proposte su temi importanti come: conciliazione dei tempi di vita e lavoro; esenzione dalle guardie a 62 anni; incremento della percentuale di part time dal 3 al 7%
“A partire dal titolo di questa Conferenza ci schieriamo per un futuro che sia sempre più orientato dalle donne. Curiosamente – fa notare Sandra Morano, coordinatrice dell’Area – il momento della massima svalutazione del Ssn coincide con la più grande ondata di mano d’opera sanitaria femminile. Le donne scelgono la professione di cura come prima, e forse più congeniale, opzione, mentre gli uomini la stanno abbandonando perché meno prestigiosa, anche economicamente. Ma per la professione medica non passa solo da qui l’urgenza di un necessario recupero di autorevolezza. Recupero non facile né scontato, ma che toccherà giocoforza alle donne, in maggioranza nei prossimi anni, mettere in atto”.
“Il cambiamento necessario – commenta Carlo Palermo, Segretario Nazionale Anaao Assomed – richiede tempo, ma soprattutto politiche che lo assumano come necessità per trasferire una visione di genere nei contratti di lavoro, nelle leggi, nella prassi, ed evitare che la crescita delle donne in sanità sia derubricata a semplice fenomeno di costume. È giunto il momento che la sanità abbandoni un modello unicamente maschile e si avvii velocemente verso la declinazione di ritmi e organizzazione del lavoro che tenga conto della presenza delle donne. E il sindacato di fronte a questi numeri deve ripensare se stesso, in termini di servizi offerti e di obiettivi organizzativi su cui impegnare energie e risorse per creare migliori condizioni lavorative per i medici del Ssn uomini o donne che siano”.