Grazie alle radiografie della bocca si può accertare l’eventuale carenza di vitamina D

(da Dental Tribune International)  I denti umani contengono informazioni vitali riguardo alla carenza di vitamina D. Gli antropologi canadesi hanno scoperto che tale condizione, grave ma spesso celata, può essere rivelata da una semplice radiografia dentale. L’identificazione degli individui affetti può aiutare per capire in un futuro i fattori che compromisero la salute dei nostri antenati.  I ricercatori della McMaster University Megan Brickley, Lori D’Ortenzio e loro colleghi hanno scoperto in un primo momento che i denti umani trattengono tracce dettagliate e permanenti di grave carenza di vitamina D, grazie a malformazioni microscopiche della dentina, il che può rivelarsi estremamente utile per capire esattamente quando i progenitori, anche di secoli fa, furono esposti a scarsa luce solare, condizione necessaria per la produzione di vitamina D nell’organismo.  La traccia è preservata dallo smalto, che impedisce il deterioramento dei denti, diversamente dalle ossa, soggette alla decomposizione. La difficoltà d’individuare le malformazioni di cui sopra deriva dal fatto che un dente deve essere aperto per osservare l’azione della vitamina D. Ancora: la disponibilità di denti post-mortem ai fini della ricerca è piuttosto limitata.  Per evitare di disperdere campioni preziosi, i ricercatori hanno trovato un modo di utilizzare i denti per ricerche ulteriori. Usando i raggi X per studiare in maniera agevole la forma delle radici, hanno ideato un sistema in grado da un lato di provare la bontà della loro ricerca sui denti archeologici e dall’altro per accertare l’eventuale carenza di vitamina D in soggetti del tutto ignari di soffrirne.  La forma della polpa nel dente di una persona sana appare simile ad un arco sormontato da due forme che ricordano le orecchie di un gatto, ma in una persona che soffra di grave carenza vitaminica, la figura appare asimmetrica e ben diversa da quella sopra indicata.  Questi i risultati significativi dell’originaria ricerca di D’Ortenzio e Brickley. La loro indagine sui denti storici e su quelli attuali ha dimostrato che le immagini radiografiche sono quindi indicatori coerenti e affidabili di una carenza consolidata. «Abbiamo gridato eureka! Quelle immagini non solo erano diverse ma indicavano una differenza sostanziale, non erano solo apparenza» esulta Brickley, che in Canada è titolare della cattedra di Bioarcheologia della Patologia umana. «Ritengo la scoperta davvero importante. Una parte del nostro lavoro mirava ad approfondire le patologie del passato, ma è in grado di dare, oggi un contributo a sviluppare la salute». Le conseguenze della carenza di vitamina D infatti possono essere gravi specie per quanto riguarda la salute ossea. «Sapere chi ha sofferto di carenza ‒ dichiarano i ricercatori ‒ può aiutare ad individuare i soggetti affetti dal problema per prevenire più gravi danni in futuro. Se dai raggi emerge il problema, gli esami del sangue possono dare conferma se vi sia in corso una carenza».  L’apprendere qualcosa di più sulla carenza di vitamina D può aiutare a determinare quale sia la miglior opzione: proteggere i soggetti dai dannosi raggi UV e/o assumere una quantità di luce solare sufficiente a mantenere i livelli di salute.

(The rachitic tooth: The use of radiographs as a screening technique – nternational Journal of Paleopathology).