Ace-Inibitori e Sartani: tempo del sorpasso?

(da Cardiolink)  Gli inibitori dell’enzima convertitore dell’angiotensina (ACE-inibitori) sarebbero prossimi a cedere il passo alla categoria farmacologica dei bloccanti del recettore dell’angiotensina (ARB), o sartani, dotati della medesima efficacia clinica e favoriti da una minore incidenza di effetti avversi. È quanto emerge da una recente revisione di letteratura, appena pubblicata su Journal of the American College of Cardiology. Gli Autori hanno revisionato dati provenienti da 119 trials clinici randomizzati, per un totale di oltre 500000 individui trattati con ACE-inibitori o sartani. I risultati dell’analisi indicano che non vi sono differenze in termini di efficacia clinica tra le due categorie farmacologiche, con particolare riferimento all’endpoint surrogato di controllo pressorio e all’incidenza di outcomes cardiovascolari, quali mortalità cardiovascolare o per tutte le cause, infarto del miocardio, scompenso cardiaco, stroke e malattia renale terminale. Di converso, l’incidenza di effetti avversi, principalmente rappresentati dalla tosse, molto più raramente da angioedema finanche fatale, era sbilanciata a discapito degli ACE-inibitori, maggiormente negli individui di colore e negli Asiatici. Sulla scorta di queste osservazioni, gli Autori concludono per l’assenza di solide ragioni per preferire ancora l’uso degli ACE-inibitori a quello degli ARBs. Considerazioni economiche potrebbero essere sollevate rispetto al costo più contenuto degli ACE-inibitori rispetto ai sartani, che, se di poco conto nell’opulento Occidente, potrebbero fare la differenza nei Paesi in via di sviluppo. Di contro, l’aumento del ricorso alla Sanità in caso di effetti avversi potrebbe vanificare il risparmio così ottenuto. Nell’ottica della salvaguardia della Salute dell’individuo, l’opportunità di applicare l’una o l’altra strategia terapeutica dovrebbe tener sì conto di fattori socio-demografici ed economici, ma, al contempo, verificare che ciascuna assicuri un adeguato beneficio pressorio, che è quanto fa la differenza rispetto all’incidenza di eventi cardiovascolari nel lungo temine.  (Messerli FH, et al – J Am Coll Cardiol. 2018 Apr3;71(13):1474-1482. doi: 10.1016/j.jacc.2018.01.058.)