Inquinamento, in Italia oltre 80mila morti premature. Romizi (Isde): più sensibilizzazione dai medici

(da Doctor33)   Oltre 80mila morti premature ogni anno, in Italia, sono dovute all’inquinamento atmosferico: la cifra, fornita dall’Agenzia europea per l’ambiente, è stata ripresa dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa, che ha annunciato, entro l’inizio del 2019, la definizione di un piano strategico di mobilità, che ci consenta di ridurre le emissioni e, tra l’altro, di uscire dalla procedura di infrazione Ue. «Il problema dell’inquinamento atmosferico – ricorda Roberto Romizi, presidente dell’Associazione dei medici per l’ambiente (Isde) – si inserisce in quello più ampio dell’inquinamento ambientale e in questa fase è particolarmente importante collegarlo con il problema dei cambiamenti climatici, che rappresentano la criticità maggiore».  Romizi sottolinea come la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ne sia consapevole e che tra poche settimane il rapporto tra inquinamento e salute sarà al centro di una conferenza internazionale che riunirà a Ginevra 400 esperti. «Tutti ormai sappiamo che un quarto delle principali patologie e dei decessi sono collegati all’inquinamento ambientale, – continua Romizi – ed è stata la stessa Oms a valutare che il 92% della popolazione mondiale respira aria inquinata». Per i non esperti può risultare sorprendente che le patologie correlate all’inquinamento non sono soltanto quelle del sistema polmonare: «è vero che un terzo dei morti per tumore polmonare sono determinate dallo “smog”, ma anche il 34% dei decessi per ictus e il 27% di quelli per infarto del miocardio dipendono dall’aria inquinata».
Ecco dunque che i medici sono investiti di una particolare responsabilità, non solo per cercare di motivare i pazienti a cambiare certe abitudini, ma soprattutto per informare e sensibilizzare le istituzioni. «Il problema è complesso e va affrontato da molti diversi punti di vista – sostiene Romizi – ma è ovviamente fondamentale l’intervento istituzionale a tutti i livelli, locale, nazionale e internazionale, attraverso l’emissione di normative stringenti, a partire dalla messa al bando dei veicoli più inquinanti, ma anche intervenendo sulle emissioni degli edifici, sulla riduzione del ricorso alle fonti fossili, sull’abbandono dei pesticidi in agricoltura, sul rafforzamento dell’economia circolare e molto altro ancora: insomma sarebbe necessario cambiare il modello di sviluppo».