Medicina estetica dall’odontoiatra: ecco limiti e ambiti
(da DottNet) Sì alle “terapie con finalità estetica, da parte dell’ odontoiatra, solo dove queste siano destinate alla terapia delle malattie e anomalie congenite e acquisite dei denti, della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti”. Così il ministero della Salute ha risposto ai quesiti che la direzione generale delle Professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio sanitario nazionale (Dgprof), aveva posto al Consiglio superiore della sanità, riportando alcune osservazioni relative alla liceità delle terapie estetiche del viso da parte dei laureati in Odontoiatria e protesi dentale poste dall’ Associazione italiana di medicina estetica odontoiatrica (Simeo), dall’ associazione Perioral e Oral Integrated Esthetic Sciences International Society (Poiesis) e dall’ Associazione nazionale dentisti italiani (Andi). Per ‘relativi tessuti’, spiega l’ Andi, “si intendono le zone perilabiali e dei mascellari inferiore e superiore, fino all’ area sottozigomatica – e solo ove contemplate in un protocollo di cura odontoiatrica ampio e completo proposto al paziente, tale da rendere la cura estetica ‘correlata’, e non esclusiva, all’ intero iter terapeutico odontoiatrico proposto al paziente medesimo”. Il documento, fa sapere l’ Andi, esplicita “che la professione di odontoiatra e professione specifica da quella di medico, specializzato o no in odontostomatologia; che la professione di odontoiatra si basa sulla formazione odontoiatrica, differente dalla formazione prevista per il laureato in medicina e chirurgia. Le terapie attuate non potranno, tuttavia, essere eseguite con l’ impiego di dispositivi medici e farmaci immessi in commercio per finalità terapeutiche diverse dalla cura di zone anatomiche che sfuggono alle previsioni dell’ art.2 della legge 409/85”. Al termine il documento auspica “che il percorso formativo in odontoiatria preveda e conferisca le competenze necessarie per tutte le attività di prevenzione, di diagnosi e di trattamento, estetiche e funzionali, relative ad anomalie e malattie dei denti, della bocca, delle mascelle e dei tessuti attigui, vale a dire la zona perilabiale e dei mascellari superiore e inferiore fino all’ area sottozigomatica”. Simeo, Poiesis e Andi, attraverso i commenti dei rispettivi presidenti si dichiarano moderatamente soddisfatti, sottolineando come il documento rappresenti sicuramente un passo avanti, ma sottolineano tutti che la strada da percorrere sia ancora molta. Per il presidente Andi Carlo Ghirlanda, “il parere del Css conferma l’ estensione dell’ area di nostra competenza di intervento rispetto a quanto stabilito in precedenza e il fatto che una volta che le Università avranno introdotto la formazione in ‘estetica dei tessuti relativi alle aree di competenza odontoiatrica’ nel corso di laurea in Odontoiatria, il limite funzionale e quello sui vincoli sul materiale da usare e sulla stretta correlazione alla terapia odontoiatrica saranno superati”. “Soddisfazione, dunque, rispetto alle determinazioni del passato ma, conclude Ghirlanda – con la consapevolezza di dovere ancora continuare il percorso nella affermazione delle prerogative delle competenze dell’ Odontoiatra in medicina estetica del viso poiché il parziale riconoscimento non è ancora esaustivo”. “Ci auguriamo, che dopo questo pronunciamento – commenta Alberto Massirone, presidente del Collegio italiano delle società scientifiche di Medicina Estetica, che era stata audita dal Css a novembre scorso – vi sia una reale sinergia tra le categorie professionali di medici estetici ed odontoiatri, prevedendo la collaborazione dei medici estetici per l’ esecuzione delle terapie di medicina estetica di loro assoluta e innegabile competenza che, con i trattamenti di riabilitazione odontoiatrici, possono permettere di offrire ai nostri pazienti un ottimale risultato funzionale ed estetico. Sinergia imprescindibile per la sicurezza del paziente e per offrire un programma terapeutico completo di gestione medico estetica del volto che, secondo la buona pratica clinica della nostra disciplina, deve essere considerato nella sua globalità”.