COVID-19 – Le conseguenze polmonari a lungo termine
(da Univadis) Le conseguenze polmonari a lungo termine di COVID-19 sono al momento speculative e andrebbero indagate con appropriati studi prospettici. Chiarire rapidamente se coloro che sopravvivono alla malattia sviluppano fibrosi polmonare permetterebbe di fornire cure adeguate e disegnare interventi per prevenire una seconda ondata di mortalità associata a questa pandemia.
Gli esiti polmonari delle infezioni da coronavirus I coronavirus responsabili della SARS e della MERS sono geneticamente simili a SARS-CoV-2 e causano sindromi polmonari simili a COVID-19. Nei pazienti con SARS, le anomalie alla TC prevalenti erano le opacità a vetro smerigliato, talvolta con consolidamento; i cambiamenti reticolari erano evidenti circa 2 settimane dopo l’esordio dei sintomi e persistevano per oltre 4 settimane. Uno studio condotto su 71 pazienti con SARS ha mostrato che le anomalie interstiziali e il declino funzionale sono migliorati nell’arco di 2 anni per poi stabilizzarsi; a distanza di 15 anni il 4,6% dei polmoni mostravano anomalie interstiziali. Nei pazienti con MERS, le anomalie tipiche alla TC includevano opacità a vetro smerigliato bilaterali, prevalentemente nelle zone basali e periferiche. In uno studio condotto su 36 pazienti guariti dalla MERS, le radiografie del torace effettuate a 43 giorni (range 32-320) dalle dimissioni mostravano fibrosi polmonare in un terzo dei pazienti; non sono stati riportati follow-up a lungo termine di pazienti colpiti dalla MERS.
La fibrosi polmonare nei pazienti COVID-19 I pazienti ricoverati con forme severe di COVID-19 sono più anziani di quelli visti con la SARS o la MERS e l’età avanzata è un fattore di rischio per lo sviluppo di fibrosi polmonare. Molti dei pazienti anziani con COVID-19 hanno già condizioni polmonari preesistenti. La prevalenza della fibrosi post-COVID-19 emergerà nel tempo, ma i primi dati sui pazienti dimessi suggeriscono un alto tasso di anomalie fibrotiche dei polmoni. Un’analisi di 108 pazienti COVID-19 dimessi dall’ospedale ha mostrato che il 47% dei pazienti aveva un trasferimento di gas deficitario e il 25% aveva una capacità polmonare ridotta; la situazione era peggiore nei pazienti con malattia severa. Gli effetti delle terapie anti-interleuchine (IL-1 e IL-6) non sono note e potrebbero influire sulla fibrosi.
Perché è importante Trattandosi di una malattia completamente nuova, c’è preoccupazione che i pazienti colpiti da COVID-19 sviluppino delle sequele di malattia. La fibrosi polmonare è una sequela dell’ARDS; circa il 40% dei pazienti COVID-19 presenta ARDS, severa nel 20% dei casi. Dato il grande numero di contagiati da SARS-CoV-2, anche complicanze rare potrebbero avere un forte impatto a livello di popolazione.
(Spagnolo P, Balestro E, et al. Pulmonary fibrosis secondary to COVID-19: a call to arms? Lancet Respir Med 2020 May 15. doi:10.1016/S2213-2600(20)30222-8 )
(George PM, Wells AU, et al. Pulmonary fibrosis and COVID-19: the potential role for antifibrotic therapy. Lancet Respir Med 2020 May 15. doi:10.1016/S2213-2600(20)30225-3 )