Come si può Salvare il SSN dalla privatocrazia ?
(da M.D.Digital) È in atto, da tempo, un processo di destrutturazione del SSN pubblico che, di fatto, ha minato la sostenibilità, l’equità e l’accesso alle cure, garantiti dall’art. 32 della Costituzione. Che fare? Su queste problematiche si sono interrogati gli esperti che hanno partecipato all’ottavo incontro, dal titolo evocativo: “Salve Lucrum: come si può salvare il SSN dalla privatocrazia, presso la sede milanese dell’Istituto Mario Negri, organizzato dal Centro Studi di Politica e Programmazione Socio-Sanitaria dell’Istituto. Incontri che hanno avuto come obiettivo quello di promuovere un confronto pragmatico per la riorganizzazione e il rilancio del SSN.
Punto di partenza della discussione è stato l’articolo 32 della Costituzione secondo cui è la Repubblica a dover tutelare la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. “Un diritto fondamentale che tuttavia nello stato attuale delle cose è disatteso, facendo emergere – spiega Giuseppe Remuzzi Direttore dell’Istituto Mario Negri – un problema culturale laddove si avvalla una società che fonda il benessere della popolazione sul libero mercato e dà sempre più credito e più potere a un sistema orientato al profitto, finendo per rispondere alle esigenze degli azionisti invece che ai bisogni degli ammalati”.
“Viene meno in questo modo anche un altro principio cardine, ovvero quello della democrazia – tiene a sottolineare Chiara Cordelli Professoressa presso l’Università di Chicago -. In un sistema di privatocrazia dove i privati agiscono come agenti dello Stato è inevitabile che si crei un conflitto irrisolvibile dove più si privatizza, più lo Stato perde controllo direttivo e accesso alle informazioni, aumentano le disuguaglianze economiche e si creano le condizioni affinché si indebolisca quel riconoscimento delle istituzioni alla base di un rapporto di fiducia tra stato e cittadini. Si perde in questo modo il valore della democrazia che è proprio quello di assicurare le condizioni di giustizia e libertà tramite un processo decisionale capace di eliminare, o almeno minimizzare, il dominio di alcuni su altri”.
L’unico modo per invertire questa deriva è avviare una quarta riforma che riparta, secondo Ivan Cavicchi, dalla legge 833 del 1978, correggendo gli squilibri causati dalle controriforme attuate negli anni ’90 e che ne hanno deviato l’evoluzione. Il primo squilibrio riguarda la rottura del rapporto tra economia e sanità, per cui oggi la sanità viene concepita come un costo in antitesi alla produzione di ricchezza del paese. Va trovata una nuova alleanza di compossibilità che li renda privi di contraddizione. Il secondo squilibrio riguarda la riduzione al minimo essenziale della spesa per la prevenzione. Il terzo squilibrio riguarda il rapporto tra pubblico e privato. In quarant’anni il pubblico è passato da una condizione di monopolio a una di gregario, dove il privato ha preso il sopravvento, annullando ogni forma di democrazia. La situazione è aggravata dal fatto che il privato è fortemente agevolato fiscalmente creando una concorrenza sleale verso il pubblico. Un altro sbilanciamento, grande errore della riforma sanitaria, è che sono stati riordinati i servizi senza modificare le prassi professionali che c’erano nel sistema mutualistico, danneggiando il sistema.
L’idea della quarta riforma tenta di rimettere in equilibrio questi aspetti per sanare la situazione con l’obiettivo, poi, di rimettere in pista una programmazione sanitaria vera, concepita per obiettivi piuttosto che seguendo logiche locali e regionali come accade oggi, in modo da facilitare un rapporto organico tra economia e sanità; di riaffermare il principio dell’art. 46 della 833 per cui le tutele integrative devono essere a carico del singolo e non compartecipate dal pubblico; di sollecitare un finanziamento straordinario alla sanità, per abbattere il tetto alle assunzioni, ma solo a patto che si sia disposti a superare gli squilibri del passato.