Medici Enpam in pensione dopo i 68 anni: in arrivo nuovi incentivi
(da DottNet) Se l’età ordinaria di pensionamento per i medici convenzionati (medici e pediatri di famiglia, specialisti ambulatoriali, addetti alla continuità ed emergenza, ecc.) è fissata a 68 anni e se la maggior parte di questi professionisti, raggiunta questa fatidica età, decide di abbandonare l’attività e godersi la meritata pensione, è anche vero che, volendo, essi possono proseguire il rapporto sino a 70 anni ed anche, fino al 2026, in alcuni casi, fino al 72° anno di età.
L’Enpam, in passato, era particolarmente generoso con i pensionati 70enni, ai quali venivano applicate maggiorazioni di oltre il 43%, poi ridotte al 20%, sull’intero importo della pensione. Con la riforma Fornero, e il conseguente periodo di vacche magre, le maggiorazioni vennero prima limitate al 100% poi al 20% sui soli rendimenti dei mesi lavorati dopo i 68 anni. Arrivati ai giorni nostri, con la grande carenza di medici sul territorio, l’Enpam ha pensato di reintrodurre incentivi più consistenti per il trattenimento in servizio, largamente compensati dal risparmio determinato dalle due annualità pensionistiche in meno e dai due anni di versamenti contributivi in più.
In effetti, la riduzione della maggiorazione dal 100% al 20%, unitamente al progressivo aumento dell’età per il pensionamento ordinario di vecchiaia (portata progressivamente da 65 fino a 68 anni), ha notevolmente ridotto l’effetto incentivante dell’istituto. Il bilancio preventivo Enpam per il 2024 spiega che, nell’attuale contesto demografico, caratterizzato dalla notevole numerosità delle classi pensionande e dalla contemporanea carenza di medici in entrata, è emersa l’opportunità di prevedere un maggiore e diverso incentivo al procrastinamento del collocamento in pensione.
Le ipotesi proposte dai Comitati Consultivi delle gestioni sono state oggetto di specifiche elaborazioni attuariali, a cura dello studio di fiducia dell’Enpam, volte a verificare l’impatto delle modifiche sul bilancio tecnico della Fondazione, cioè sull’equilibrio di medio e lungo periodo delle gestioni. Tenuto conto delle diverse opzioni proposte, il Consiglio di Amministrazione dell’Enpam ha deliberato una modifica al vigente criterio di maggiorazione delle aliquote di rendimento, introducendo un incremento di tali aliquote di due punti percentuali per ogni anno di permanenza in attività oltre l’età ordinaria di pensionamento, attualmente fissata a 68 anni.
In particolare, alla luce della disposizione legislativa (art. 4, comma 9-octiesdecies del Decreto-Legge n. 198/2022 – cosiddetto decreto Milleproroghe, convertito nella legge 24 febbraio 2023, n. 14) che ha innalzato sino a 72 anni il limite di età per la permanenza in servizio del personale in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, per il Fondo della medicina convenzionata e accreditata è stata prevista l’applicazione di questo beneficio appunto fino a 72 anni. Il provvedimento incentivante è stato esteso fino al 75° anno di età anche alla gestione “Quota B” del Fondo di previdenza generale, dove com’è noto non è richiesta la cessazione dell’attività per accedere al pensionamento; in questo caso la maggiorazione dei due punti percentuali sarà rapportata alle diverse aliquote di rendimento previste per i pensionati in base alle rispettive aliquote contributive (19,50%, 9,75% e 1%).
In merito alla modifica, dalle elaborazioni attuariali emerge che il ritardo nell’accesso al trattamento di quiescenza comporta per la Fondazione un immediato risparmio in termini di mancata erogazione di prestazioni previdenziali. Pertanto, nonostante i successivi incrementi delle singole pensioni derivanti dal nuovo incentivo, si assicura, comunque, un miglioramento dei saldi della Fondazione e della copertura della riserva legale (5 anni della spesa pensionistica).
I Ministeri vigilanti, a cui sono stati sottoposti i provvedimenti per la prescritta approvazione, hanno formulato il 6 ottobre scorso alcune osservazioni, a cui l’Enpam ha già dato riscontro per riattivare l’iter di ratifica.
Molto importante sottolineare che le nuove maggiorazioni entreranno in vigore soltanto dopo l’approvazione ministeriale, e questo significa, tanto per essere chiari, che se essa interverrà quando un ipotetico medico di famiglia in attività avrà compiuto 69 anni e 6 mesi, e se questo medico cesserà il rapporto a 70 anni, avrà le vecchie maggiorazioni (20% in più del rendimento annuo, cioè da 1,40% ad 1,68%) per un anno e mezzo, e le nuove (aumento di 2 punti dell’aliquota di rendimento, cioè da 1,40% a 3,40%) per soli sei mesi.
Che cosa consigliare agli interessati? Nel caso della Quota B, nonostante le maggiorazioni, portarsi a casa annualità aggiuntive di pensione batte in rendimento qualunque tipo di incentivo, sicché salvo casi limite, conviene sempre agganciare la pensione dei 68 anni (o addirittura l’anticipata) e continuare l’attività utilizzando la contribuzione ridotta e fruendo dei supplementi annuali di pensione. Riguardo ai convenzionati, l’esperienza insegna che la decisione di restare in servizio difficilmente dipende dall’entità della futura pensione, quanto piuttosto dalla realizzazione professionale e dall’importo del compenso percepito durante il rapporto confrontato con la pensione maturata. Certo, qualche soldino di pensione in più non dà certo fastidio: una celere approvazione ministeriale rimane quindi fortemente auspicabile.