Consulta: ridurre le altre spese prima di tagliare quelle sanitarie

(da IlSole 24ore)   Il taglio della spesa per la sanità può intervenire solo come ultima, inevitabile scelta, quando sono già state ridotte «prioritariamente» tutte le altre voci; perché l’impegno finanziario pubblico per la sanità «si connota come funzionale a garantire il fondamentale diritto alla salute di cui all’articolo 32 della Costituzione, che chiama in causa imprescindibili esigenze di tutela anche delle fasce più deboli della popolazione, non in grado di accedere alla spesa sostenuta direttamente dal cittadino, cosiddetta out of pocket».

Lo spiega la Corte costituzionale nella sentenza 195/2024 depositata nei giorni scorsi (redattore Luca Antonini); fissando con parole chiare una clausola di garanzia su uno dei capitoli più delicati del bilancio pubblico, come dimostrano anche i dibattiti delle ultime settimane intorno alla manovra. Il principio indicato dalla sentenza è insomma cruciale in linea generale, e supera di molto i confini della norma di dettaglio da cui è stata originata l’analisi dei giudici delle leggi. Sul loro tavolo, per impulso della Regione Campania, è finito infatti il comma 527 della manovra dello scorso anno (legge 213 del 2023), che disciplina il contributo alla finanza pubblica chiesto alle Regioni, per 350 milioni all’anno dal 2024 al 2028 (per il primo anno il conto è stato successivamente ridotto a 305 milioni). La distribuzione del conto, prosegue la regola, deve avvenire con un’intesa in Conferenza Stato-Regioni, evitando però di includere nella base di calcolo le missioni 12 (Diritti sociali, politiche sociali e famiglia) e 13 (Tutela della salute). Ma in assenza di accordo il Governo procede autonomamente azionando le forbici con un’intensità proporzionale alla spesa corrente indicata in ogni rendiconto regionale. Un meccanismo di questo tipo assume però un «carattere intrinsecamente contraddittorio», avverte la Corte.