Mappatura dei nei, Fimmg e dermatologi a confronto sul ruolo dei medici di famiglia
(da Doctor33) La vicenda della mappatura dei nei è esplosa in Veneto dopo che alcune Ulss hanno chiarito che l’esame non è più prescrivibile come prestazione autonoma a carico del Servizio sanitario nazionale. Dal 2025, infatti, la nuova lista dei Lea prevede che la mappatura possa avvenire solo nell’ambito di una prima visita dermatologica, con ticket fissato a 25,40 euro. Per controlli preventivi sistematici, invece, i cittadini dovranno rivolgersi al privato.
Nei giorni scorsi il segretario generale della Fimmg, Silvestro Scotti, in un’intervista a ilfattoquotidiano.it ha chiarito che «il nuovo nomenclatore non ha eliminato la mappatura, ma l’ha inclusa nella prima visita dermatologica, migliorando appropriatezza e costi». Secondo Scotti, tuttavia, lo screening preventivo dei nei resta un punto debole del sistema: «Dire che non sia efficace è sbagliato. È uno strumento importante per la diagnosi precoce del melanoma». Da qui la proposta di utilizzare i fondi già stanziati con la manovra 2020 per dotare gli studi di medicina generale di dermatoscopi, così da consentire ai medici di base di effettuare un primo livello di valutazione e alleggerire le liste d’attesa.
Una prospettiva che trova però la netta contrarietà delle società scientifiche di dermatologia. «La prevenzione oncologica dermatologica non è un atto burocratico, ma una valutazione clinica complessa che richiede esperienza specialistica», ha affermato Davide Melandri, presidente di Adoi. «La mappatura dei nei non è una semplice fotografia ma un’analisi che integra anamnesi, valutazione clinica e riconoscimento delle lesioni sospette», ha aggiunto Domenico Piccolo, presidente di Aida. Preoccupazioni sono state espresse anche da Viviana Schiavone, vicepresidente Aida («non si possono ridurre le liste d’attesa spostando competenze specialistiche su figure non formate»), e da Cesare Massone, vicepresidente Adoi, che ha richiamato i rischi medico-legali di diagnosi errate.
Alle critiche Scotti ha replicato con un comunicato: «Nessuno screening di massa, ma aumento della capacità del primo livello di cure, integrato con i dermatologi per migliorare la prevenzione». Il segretario Fimmg ha ricordato il progetto avviato nel 2020 insieme all’Università Federico II di Napoli, che già allora dimostrò la validità di un modello di collaborazione tra medici di base e specialisti. «Con telemedicina e intelligenza artificiale i benefici sono ancora più evidenti. È il momento di usare i 235 milioni di euro stanziati per la diagnostica di primo livello e rimasti fermi nelle casse regionali», ha concluso.