Dopo l’ipotesi dell’infermiere anche il farmacista prescrittore?

(da Sanitainformazione.it)   In Italia la prescrizione di un farmaco è una prerogativa esclusiva del medico. È il medico che formula la diagnosi e decide la terapia, mentre al farmacista spetta il compito di dispensare il medicinale, vigilare sulla correttezza del trattamento, monitorare le possibili interazioni e accompagnare il paziente nel percorso di cura. Questo confine tra chi prescrive e chi dispensa ha rappresentato a lungo un cardine del Servizio sanitario nazionale, una sorta di garanzia di equilibrio tra competenze e responsabilità.  Negli ultimi anni, però, questo scenario è stato messo in discussione. In diversi Paesi europei ed extraeuropei, il farmacista ha visto progressivamente ampliarsi le proprie competenze, fino a diventare, in certi contesti, anche prescrittore. L’idea di fondo è apparentemente semplice: consentire a professionisti con solide basi scientifiche e un rapporto diretto con i cittadini di alleggerire il carico della medicina di base, migliorando al tempo stesso l’accesso alle cure.

Italia tra riforme e attese – Nel nostro Paese non esiste ancora una legge che attribuisca ai farmacisti il potere di prescrivere. Il DM 77 del 2022 ha rafforzato il ruolo della farmacia nell’assistenza territoriale, rendendola un avamposto del Servizio sanitario nazionale ma non ha toccato la questione prescrittiva. Ora, però, il recente Testo Unico della Farmaceutica, approvato in Consiglio dei Ministri, potrebbe rappresentare la base di partenza per una riforma più ampia. Non è un caso che il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, abbia parlato di un futuro in cui il farmacista prescrittore potrà avere un ruolo chiave nell’integrazione tra farmacia e sanità pubblica.   Se mai venisse introdotto, il farmacista prescrittore in Italia non avrebbe poteri illimitati. Le ipotesi in discussione guardano soprattutto a contesti di bassa complessità e a funzioni di supporto alla continuità terapeutica. In particolare, si pensa a:

– farmaci per patologie minori e autolimitanti, come infezioni leggere delle vie respiratorie, congiuntiviti, dermatiti o allergie stagionali;

– rinnovo delle terapie croniche già diagnosticate dal medico, per pazienti stabilizzati che necessitano solo di continuità;

– alcuni farmaci da banco o di fascia C, oggi soggetti a ricetta, che il farmacista potrebbe gestire sotto protocolli condivisi e con obbligo di tracciabilità digitale.

L’idea, quindi, non è quella di trasformare il farmacista in un “medico in farmacia”, ma di rendere più semplice la vita al paziente, soprattutto cronico, e più efficiente il sistema sanitario.  Il dibattito europeo di Assofarm a Napoli – Il tema è stato al centro del consesso europeo delle Farmacie Sociali (UEFS), ospitato da Assofarm a Napoli nei giorni scorsi. L’incontro ha messo a confronto esperienze estere già consolidate con le prospettive italiane. Proprio Gemmato, aprendo i lavori, ha ribadito che il nuovo Testo Unico della Farmaceutica è la cornice su cui costruire una riforma della farmacia territoriale che includa anche la prescrizione.  Il vicepresidente di Assofarm, Andrea Porcaro D’Ambrosio, ha ricordato i lavori dell’“Officina di Galeno” a Pisa, sottolineando come il tema sia maturo e supportato dai casi di successo di diversi Paesi del Nord Europa. Per Venanzio Gizzi, presidente UEFS, l’Italia sconta un certo ritardo, ma questo non significa arretratezza: ogni Paese ha punti di forza e debolezze e il valore della federazione sta proprio nello scambio di esperienze. A livello territoriale, Domenico Della Gatta ha rimarcato che la proposta non deve essere divisiva, ma rafforzare la collaborazione tra professionisti.  Il presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Napoli, Vincenzo Santagada, ha ricordato un articolo del 2010 in cui si parlava della “superfarmacia”, allora visionaria e oggi sempre più concreta. Ma per arrivare davvero al farmacista prescrittore servono formazione specialistica e un quadro normativo stabile.

A dare respiro internazionale, il farmacista scozzese Jonathan Burton ha raccontato come in Scozia la domanda di prescrizioni in farmacia sia in costante aumento, portando però con sé sfide tecniche e morali: il farmacista deve interrogarsi sul perché voglia assumersi una responsabilità così grande e su quale valore aggiunto porti alla società. A confermare la complessità della questione sono stati anche tre giovani farmacisti italiani che già lavorano come prescrittori all’estero: secondo loro, competenze tecnico-scientifiche elevate e un’infrastruttura tecnologica solida sono condizioni imprescindibili.   Le conclusioni sono state affidate al segretario generale di Assofarm, Francesco Schito, che ha ricordato un dato eloquente: oltre l’80% dei farmacisti italiani si dice favorevole all’introduzione di questa figura. Segno che, almeno all’interno della categoria, il terreno è pronto.

L’ipotesi degli infermieri prescrittori – Parallelamente al dibattito sul farmacista prescrittore, in Italia si è affacciata anche la possibilità di estendere alcune forme di prescrizione agli infermieri. In diversi convegni nazionali, tra cui il Congresso FNOPI di Rimini, è stata avanzata l’idea che l’infermiere possa prescrivere presidi e ausili sanitari in autonomia, sul modello già adottato in alcuni Paesi europei. Questa proposta nasce dalla constatazione che l’infermiere, spesso in prima linea nell’assistenza al paziente cronico o fragile, si trova già a gestire quotidianamente strumenti come cateteri, medicazioni avanzate o dispositivi di supporto. Riconoscere formalmente la possibilità di prescriverli potrebbe snellire le procedure e migliorare l’efficienza del sistema.

La posizione della FNOMCeO e il documento con FISM

Di fronte a questa ipotesi la FNOMCeO, la Federazione degli Ordini dei Medici, ha espresso con chiarezza la propria contrarietà. Nell’ottobre 2024 il presidente Filippo Anelli ha parlato di “sconcerto e rammarico” per non essere stato consultato prima di annunciare aperture in questa direzione. La prescrizione, ha ricordato, implica una diagnosi, e la diagnosi è competenza esclusiva del medico.  La Federazione ha persino ventilato l’ipotesi di impugnare eventuali provvedimenti che introducano la prescrizione infermieristica senza un confronto ampio tra le professioni. Quanto al farmacista prescrittore, FNOMCeO non ha ancora preso una posizione ufficiale, ma il principio ribadito è lo stesso: ogni spostamento di competenze prescrittive deve avvenire in un quadro normativo chiaro, con regole che garantiscano la sicurezza dei pazienti e non creino sovrapposizioni.  Insieme alla FISM, FNOMCeO ha inoltre redatto un position paper nel 2023 (VEDI SOTTO) con proposte di semplificazione per i farmaci sottoposti a piano terapeutico. L’idea è che, dopo un anno dalla prescrizione iniziale dello specialista, quei farmaci possano essere prescritti da qualsiasi medico del SSN, riducendo la burocrazia ma mantenendo la prescrizione nell’alveo strettamente medico.

Equità e accesso alle cure – La discussione non riguarda soltanto i confini professionali, ma anche l’uguaglianza nell’accesso ai servizi sanitari. Antonio Gaudioso, docente alla Luiss, sempre a Napoli ha portato un esempio significativo: lo screening del colon retto raggiunge il 75% della popolazione in Friuli Venezia Giulia, ma appena il 10% in Calabria. Dove i farmacisti sono stati coinvolti, la copertura è aumentata sensibilmente. Ecco perché ripensare il ruolo della farmacia non significa solo ridefinire poteri e responsabilità, ma anche garantire pari diritti di cura a tutti i cittadini, indipendentemente dal territorio in cui vivono.  Anche dal punto di vista imprenditoriale il tema è centrale: secondo Massimo Mercati, presidente di Apoteca Natura e AFAM, rafforzare la dimensione consulenziale del farmacista non giova solo alla salute pubblica, ma rende più solide anche le farmacie come aziende.

Uno sguardo oltreconfine –  Per capire meglio quale potrebbe essere la traiettoria italiana, basta guardare ai modelli esteri. Nel Regno Unito esistono farmacisti che prescrivono in autonomia dopo specifici master universitari, in Canada le competenze variano da provincia a provincia ma includono già la possibilità di gestire disturbi comuni, in Francia dal 2019 i farmacisti prescrivono vaccini e in alcune regioni farmaci per patologie minori, in Svizzera i cantoni hanno autorizzato la prescrizione per piccoli disturbi, mentre in Scozia il modello è tra i più avanzati: i farmacisti di comunità seguono pazienti cronici in stretta integrazione con il servizio sanitario.

Un dibattito (più o meno) aperto –  Il futuro del farmacista prescrittore in Italia resta per il momento un cantiere aperto. Da un lato, l’esperienza internazionale dimostra che un modello regolato e ben formativo è possibile e per certi versi vantaggioso. Dall’altro, le comprensibili resistenze delle professioni mediche e le complessità normative e di responsabilità professionale rendono il percorso lungo e delicato.   Se il medico resta oggi il fulcro della prescrizione, altri professionisti, come farmacisti e infermieri, potrebbero essere chiamati domani a condividere alcune responsabilità, in un sistema che ha bisogno di più prossimità, più equità e più rapidità di risposta. La sfida, allora, sarà quella di costruire modelli di collaborazione che non dividano, ma rafforzino il sistema, mettendo sempre al centro la sicurezza, la qualità e il diritto alla cura del paziente.

 

Un algoritmo per prevedere la fragilità dell’anziano

(da M.D.Digital)  I ricercatori sono riusciti a migliorare l’Indice di Fragilità Elettronica (eFI), uno strumento che utilizza i dati per prevedere i rischi dei pazienti anziani di convivere con la fragilità, in modo che i professionisti medici possano fornire cure olistiche, aiutare a prevenire le cadute, ridurre i farmaci onerosi e fornire programmi di esercizio mirati per massimizzare l’indipendenza. L’innovativo eFI è stato sviluppato per la prima volta dagli accademici di Leeds e introdotto nel 2016 in tutto il Regno Unito. In un solo anno di utilizzo da parte dell’Nhs England, più di 25.000 persone con fragilità sono state indirizzate a un servizio di caduta, con una prevenzione stimata di circa 2.300 cadute future. I ricercatori stimano che solo nel 2018 questi interventi abbiano fatto risparmiare al Nhs quasi 7 milioni di sterline. Il primo sistema eFI al mondo ha influenzato anche approcci simili negli Stati Uniti, in Canada, in Spagna e in Australia.

Ora, un nuovo sistema eFI2 migliorerà l’accuratezza del servizio integrando i dati su 36 problemi di salute tra cui demenza, cadute e fratture, perdita di peso e numero di prescrizioni regolari che le persone hanno.  Un articolo pubblicato su Age and Ageing da ricercatori di Leeds e University College London (Ucl) conferma che l’eFI2 può prevedere in modo più accurato la necessità di assistenza domiciliare degli anziani, il rischio di cadute, il ricovero in casa di cura o la morte.  Gli autori sperano che l’eFI2, che è ora disponibile per tre medici di base su cinque in Inghilterra attraverso il software Optum (precedentemente noto come Emis), aiuterà più persone anziane a rimanere indipendenti più a lungo.

Andrew Clegg, che ha guidato lo studio, è professore di ricerca Nihr e responsabile della ricerca sull’invecchiamento e l’ictus presso la School of Medicine dell’Università di Leeds e consulente onorario geriatra presso il Bradford Royal Infirmary. Il professor Clegg ha dichiarato: “Questo studio di riferimento sui dati sanitari … è un importante passo avanti nella trasformazione dei servizi sanitari e di assistenza sociale per gli anziani con fragilità. L’eFI2 è un miglioramento significativo rispetto all’eFI originale e sarà estremamente prezioso per aiutare i Mmg a identificare le persone anziane che vivono con fragilità in modo che possano essere fornite loro trattamenti personalizzati per prevenire la costosa perdita di indipendenza e le cadute in età avanzata. Siamo lieti che l’eFI2 sia già stato reso disponibile al 60% dei Mmg ed è un esempio del previsto passaggio dall’analogico al digitale dell’Nhs”.

La professoressa Marian Knight, direttore scientifico dell’infrastruttura Nihr, ha dichiarato: “L’eFI ha già dimostrato di poter migliorare i risultati dei pazienti e far risparmiare milioni di sterline al Nhs. Questa evoluzione dello strumento è estremamente entusiasmante, in quanto consente alle persone di ricevere trattamenti personalizzati dai loro medici di base e di mantenere la loro indipendenza più a lungo, portando risparmi cruciali sui costi del sistema sanitario”. La fragilità viene identificata quando le persone anziane hanno un alto rischio di una serie di esiti avversi come la necessità di servizi di assistenza domiciliare, cadute e ricovero in ospedale o in una casa di cura. Si stima che la fragilità costi al Nhs 6 miliardi di sterline ogni anno.

L’algoritmo eFI2 si basa sui dati di routine di Connected Bradford e sul set di dati Welsh Secure Anonymized Information Linkage, attingendo a 750.000 record collegati tra dati medici, comunitari e di assistenza sociale per assegnare categorie di fragilità alle persone anziane.  Utilizza 36 variabili, tra cui demenza, cadute e fratture, perdita di peso e il numero di prescrizioni regolari che le persone hanno per prevedere quali gruppi di persone hanno maggiori probabilità di vivere con la fragilità. I medici di base sono quindi incoraggiati a utilizzare il loro giudizio clinico per applicare un approccio personalizzato a ciascun paziente. La precisione dell’eFI2 è notevolmente migliorata rispetto al primo modello.

Kate Walters, professoressa di cure primarie ed epidemiologia presso l’Ucl, ha dichiarato: “L’eFI2 ha un grande potenziale come strumento semplice per supportare i medici di base nell’identificazione delle persone che vivono con fragilità che potrebbero beneficiare di un ulteriore supporto per aiutarle a rimanere indipendenti”.

(Best K, et al. Development and external validation of the electronic Frailty index 2 (eFI2) using routine primary care electronic health record data, Age and Ageing 2025. DOI: 10.1093/ageing/afaf077.)

PREMI per TESI in Cure Palliative – Corso di Laurea in SCIENZE INFERMIERISTICHE e MEDICINA E CHIURURGIA

Spett.le Segreteria,

con piacere segnaliamo il Bando di concorso promosso dalla Fondazione Madonna dell’Uliveto (con sede ad Albinea di Reggio Emilia) e patrocinato da SICP (Società italiana Cure Palliative), OPI (Ordine professioni infermieristiche) Reggio Emilia e ODMEO (Ordine medici chirurghi  e odontoiatri) della provincia di Reggio Emilia, che mette a disposizione n. 4 premi del valore di 1.000 euro/cadauno, 2 per tesi di laurea in Scienze Infermieristiche (corso triennale) e 2 per tesi di laurea in Medicina e Chirurgia, nell’ambito delle Cure Palliative – Anno accademico 2025/26.

Maggiori info su Bando e richiesta di partecipazione alla pagina: https://madonna-uliveto.org/news-ed-eventi/premi-per-tesi-di-laurea-in-scienze-infermieristiche-e-medicina-a-a-25-26/

Riteniamo che questa iniziativa rappresenti un’occasione per sostenere studio, ricerca e riflessione nell’ambito delle Cure Palliative, ancora sottovalutate nelle loro potenzialità di offrire sollievo, accompagnamento e qualità di vita a pazienti e caregiver.

Confidando nella vostra preziosa collaborazione per la diffusione dell’opportunità, grazie fin d’ora dell’attenzione.

I nostri più cordiali saluti,

Elisa Bianchi

Referente Comunicazione Casa Madonna dell’Uliveto

Cell. 335.6917659

Facebook e Instagram: Casamadonnauliveto

 

La quantità corretta di dentifricio da utilizzare

(da Odontoiatria33)   Nonostante la domanda su quale sia la quantità corretta di dentifricio da utilizzare torni ciclicamente nel dibattito pubblico, l’American Dental Association (ADA) ha ritenuto opportuno intervenire nuovamente sul tema. Lo ha fatto in seguito a una serie di articoli e servizi televisivi che hanno riportato l’attenzione su un problema tutt’altro che trascurabile: l’uso eccessivo di dentifricio durante la spazzolatura.

Le indicazioni degli odontoiatri e degli igienisti dentali sono da tempo molto chiare, ma l’ADA sottolinea come molti pazienti continuino ad associare una maggiore quantità di dentifricio a una pulizia più efficace.A chiarire la questione è Lancette VanGuilder, presidente dell’American Dental Hygienists’ Association, che in un’intervista a NBC News ribadisce: “La quantità corretta di dentifricio da utilizzare è pari alle dimensioni di un pisello”.

Il motivo? L’ADA spiega che, sebbene il fluoro sia fondamentale nella prevenzione della carie, un eccesso di dentifricio può compromettere l’efficacia della spazzolatura. Troppa pasta dentifricia, infatti, può ostacolare la rimozione meccanica della placca, rendendo la pulizia meno efficiente. Inoltre, l’eccesso di dentifricio genera una schiuma abbondante che può mascherare i primi segni di infiammazione gengivale, dando al paziente un falso senso di pulizia profonda.

Sul sito dell’ADA, il prof. Fridus van der Weijden, ricercatore in parodontologia, evidenzia un altro aspetto importante: “i dentifrici contengono tensioattivi che rendono i denti lisci. I pazienti hanno quindi la sensazione quasi immediata di averli puliti, anche quando probabilmente non lo hanno fatto”.

 

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