Direttore sanitario unico, ma chi controlla e quali sono le sanzioni ed il ruolo dell’Ordine?

(da Odontoiatria33)   Dal 29 agosto sono in vigore le norme contenute nella Legge sulla Concorrenza, tra queste l’obbligo per le società operanti come attività odontoiatrica di nominare un direttore sanitario unico iscritto all’Albo degli odontoiatri.  Nel caso di strutture sanitarie polispecialistiche, presso le quali è presente anche un ambulatorio odontoiatrico -specifica la legge- “ove il direttore sanitario della struttura non abbia i requisiti richiesti per l’esercizio dell’attività odontoiatrica (iscrizione Albo odontoiatri), dovrà essere nominato un direttore sanitario responsabile per i servizi odontoiatrici iscritto all’Albo degli odontoiatri”. La mancata osservanza della norma comporterà “la sospensione delle attività della struttura”, un successivo decreto che doveva essere emanato entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge (29 agosto) avrebbe dovuto definire le modalità di applicazione della sanzione, per esempio per quanti giorni deve rimanere chiusa la struttura. Ma il problema non è tanto nel fatto che manchino le modalità di applicazione della sanzione, comunque già oggi se viene “scoperto” che il direttore sanitario opera in più strutture scatta la sospensione dell’autorizzazione. Molto probabilmente, dopo aver dimostrato di essersi messa in regola, la struttura odontoiatrica può riaprire. Il problema è come venga verificata l’applicabilità della norma.  Le strutture odontoiatriche presenti sul territorio italiano (circa 5mila come aveva rilevato una inchiesta di Odontoaitria33) sono in regola?   Abbiamo verificato dai siti ufficiali delle principali catene presenti sul territorio italiano: DentalPro, Caredent, Vitaldent. Se sui siti dei primi due marchi, per ogni clinica presente sul territorio italiano, vengono indicati i nomi dei direttori sanitari (tutti diversi), per Vitaldent non è possibile conoscere le caratteriste delle singole strutture. E la cosa si complica se si cerca indistintamente la parole “cliniche dentali”, molti dei siti evidenziati da Google non indicano il nome del direttore sanitario.  Poi chi controlla, chi verifica che il tale iscritto all’Albo non abbia assunto più di una direzione sanitaria (magari all’insaputa della struttura che lo ha nominato), quale ruolo ha l’Ordine?  L’articolo 69 del Codice di deontologia medica indica che “Il medico che svolge funzioni di direzione sanitaria nelle strutture pubbliche o private ovvero di responsabile sanitario in una struttura privata deve garantire, nell’espletamento della sua attività, il rispetto delle norme del Codice di Deontologia Medica e la difesa dell’autonomia e della dignità professionale all’interno della struttura in cui opera. Egli comunica all’Ordine il proprio incarico e collabora con l’Ordine professionale, competente per territorio, nei compiti di vigilanza sulla collegialità nei rapporti con e tra medici per la correttezza delle prestazioni professionali nell’interesse dei cittadini. Egli, altresì, deve vigilare sulla correttezza del materiale informativo attinente alla organizzazione e alle prestazioni erogate dalla struttura. Egli, infine vigila perché nelle strutture sanitarie non si manifestino atteggiamenti vessatori nei confronti dei colleghi“.

Ma questo avviene?  “Alcuni iscritti segnalano al proprio Ordine di competenza di aver accettato la direzione sanitaria nella determinata struttura odontoiatrica, ma capisce bene che per un Ordine provinciale è impossibile sapere se tutti lo fanno”, dice ad Odontoiatria33 il presidente nazionale CAO Raffele Iandolo .

Per il presidente CAO manca una norma di legge che obblighi chiaramente l’iscritto a comunicare l’assunzione dell’incarico al proprio Ordine e istituisca un registro pubblico tenuto dalle CAO provinciali in cui venga indicato il nome del direttore sanitario per la singola struttura. “Se però si scopre che l’iscritto ha assunto una direzione sanitaria senza comunicarla questo è già oggi passibile di sanzione disciplinare”, ricorda Iandolo.  “Un registro ad hoc pubblico -spiega il presidente CAO- sarebbe utile anche per i cittadini che potrebbero conoscere il nome del direttore sanitario della struttura dove si recano”. Ma il presidente Iandolo evidenza come non sia sufficiente che la comunicazione dell’assunzione della direzione sanitaria avvenga presso l’Ordine in cui è iscritto ma deve essere comunicata anche all’Ordine competente per territorialità, dove l’iscritto esercita e dove la struttura è ubicata. “Molto spesso -dice Iandolo- ci siamo trovati di fronte iscritti che avevano assunto incarichi di direzione sanitaria non solo fuori provincia ma addirittura fuori regione e poi”, continua, “si deve prevedere anche un controllo sull’ orario in cui il direttore sanitario sta in studio. Deve essere presente per verificare che tutto si svolga correttamente, non si può assumere una direzione sanitaria e poi andarci una volta al mese”.  “Queste richieste le porteremo al Ministero della Salute chiedendo di inserirle non solo nei decreti attuativi previsti per l’applicazione della Legge Lorenzin ma anche in quello previsto dalla Legge sulla Concorrenza”, assicura Iandolo.

Arriva “Dottoremaeveroche”. Il sito della Fnomceo per la buona informazione sulla salute

Il nuovo sito della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, che è già on line, aiuterà i cittadini ad avere risposte affidabili a quelle tante domande su cui spesso cercano risposte su siti, tv o giornali non sempre attendibili. Il presidente Filippo Anelli: “In un mondo dove la gente rischia di rimanere vittima di fake news, vogliamo dare un contributo di certezza partendo dalle evidenze scientifiche”.  Leggi l’articolo completo al LINK

Conferma dal ministero. L’Inail deve pagare i medici

(da Doctor33)   Il parere espresso dal Ministero della Salute la settimana scorsa chiarisce in modo inequivocabile, il diritto del professionista al pagamento dei certificati per infortuni sul lavoro inviati on line alla stessa Inail, in quanto prestazioni sanitarie fuori Lea che sono da ritenersi propedeutiche alla corresponsione dell’indennizzo di competenza della stessa Inail. Non ci sono, pertanto, motivi ostativi a che l’Inail continui a corrispondere il compenso ai medici certificatori. Lo sottolinea una nota di Anaao Assomed che precisa come il parere in tema di certificazione Inail «sembra finalmente porre fine ad una lunga querelle che ha visto protagoniste Anaao Assomed e Cimo a difesa dei diritti dei medici di Pronto Soccorso in tema di certificazioni Inail e del rispetto degli accordi contrattuali. Anaao Assomed e Cimo, conclude la nota, vigileranno affinché siano recuperate le somme indebitamente trattenute per evitare un inutile contenzioso i cui costi aggiuntivi potranno essere oggetto di segnalazione alla Corte dei Conti.

Pazienti in cura con antiaggreganti: cosa fare in caso di estrazioni dentarie e chirurgia orale

(da Odontoiatria33)   I pazienti in cura continuativa con farmaci antiaggreganti piastrinici sono sempre di più. Questi farmaci vengono somministrati sia per la prevenzione e la gestione della trombosi arteriosa, sia in seguito a patologie cardiovascolari come eventi ischemici a carico delle arterie coronarie, dopo malattie delle arterie cerebrovascolari e periferiche, dopo infarto miocardico e dopo interventi di angioplastica con posizionamento di “stent” e dopo interventi di “bypass¡” coronarico.L’assunzione di farmaci antiaggreganti espone i pazienti a un rischio di sanguinamento tale che devono essere noti agli odontoiatri.  Questi rischi spesso inducono, erroneamente, a sospendere le cure per timore di un sanguinamento eccessivo durante estrazioni dentarie o trattamenti di chirurgia orale.Questo timore è da considerarsi infondato.  In un recentissimo studio retrospettivo pubblicato sul Journal of American Dental Association del febbraio 2018 si conclude che l’uso di farmaci antiaggreganti -incluso lo schema della doppia anti-aggregazione (DAPT) a base di aspirina (ASA) e clopidogrel (CLO)- non dovrebbe mai essere interrotto per avulsioni dentarie singole o multiple o per interventi chirurgici minori. Anche i pazienti che assumono il nuovo agente antiaggregante TICA possono tranquillamente sottoporsi a procedure chirurgiche dentali senza interruzione della terapia. Da questo studio si riconferma che in pazienti in terapia antiaggregante si sono verificati episodi di sanguinamento postoperatorio controllabile con semplici manovre locali.  Gli autori hanno valutato il sanguinamento intra e postoperatorio secondo una scala a 4 livelli, categorizzando il sanguinamento come normale, lieve, moderato e grave. Dopo la procedura dentale da protocollo è stato applicato un tampone di garza sul sito d’estrazione o nell’area chirurgica per 10 minuti. Normale è stato valutato un sanguinamento gestito nell’arco di 10 minuti. Lieve un sanguinamento gestito entro 30 minuti per mezzo di compressione con garza. Moderato se avesse superato i 30 minuti e avesse richiesto l’applicazione di spugna di collagene o cellulosa ossidata, sutura, cauterizzazione o compressione con una garza imbevuta di acido tranexamico (Transamina 10%, 250 milligrammi / 2,5 millilitri, Actavis). Grave qualora il sanguinamento fosse continuato per più di 12 ore o con formazione di ematoma dei tessuti molli che avesse richiesto ricovero ospedaliero, un’altra operazione o trasfusione di sangue. Dopo la procedura, i pazienti sono stati nuovamente esaminati per assicurarsi che l’emorragia fosse sotto controllo prima della dimissione dalla clinica. I pazienti sottoposti a chirurgia orale minore hanno ricevuto inoltre 1.000 mg di amoxicillina ogni 12 ore per 5 giorni e 500 mg di paracetamolo (acetaminofene) da 4 a 6 volte al giorno sono stati raccomandati a tutti i pazienti (inclusi i pazienti sottoposti a estrazione dentale) come analgesico. Tutti i pazienti sono stati esaminati e controllati dopo 7 giorni. I risultati dello studio sono stati i seguenti:  Centosessantotto pazienti (75,7%) hanno subito 1 o più estrazioni dentali e 54 pazienti (24,3%) sono stati sottoposti ad altre procedure chirurgiche orali minori. La terapia antiaggregante più frequentemente registrata era quella con aspirina (n = 123; 55,4%), seguita da clopidogrel (n = 22; 9,9%) e ticagrelor (n = 17; 7,7%).  Sessanta pazienti (27%) erano in terapia con due farmaci antiaggreganti. Il sanguinamento postoperatorio è stato registrato nel 4,9% dei casi (11 su 222). Le percentuali di sanguinamento postoperatorio nei gruppi di terapia con aspirina, clopidogrel, ticagrelor e doppia antiaggregazione sono stati rispettivamente del 3,2%, 4,5%, 5,9% e 8,3% (P ¡Ý 0,5). Nessuno dei pazienti ha avuto episodi di sanguinamento prolungato.  Dai dati di questo studio si può confermare ulteriormente le indicazioni finora sostenute e cioè che i farmaci antiaggreganti, incluso il DAPT, non dovrebbero essere interrotti per estrazioni dentarie singole o multiple o per interventi chirurgici minori. Anche i pazienti che assumono il nuovo agente antiaggregante TICA possono tranquillamente sottoporsi a procedure chirurgiche dentali senza interruzione della terapia.

(Bleeding frequency of patients taking ticagrelor, aspirin, clopidogrel, and dual antiplatelet therapy after tooth extraction and minor oral surgery. Ozge Doganay, Belir Atalay, Erhan Karadag, Ugur Aga, Mehmet Tugrul. The Journal of the American Dental Association Volume 149, Issue 2, February 2018, Pages 132¨C138)

Carenza medici specialisti, la ricetta di Anaao giovani in 5 passaggi

(da Doctor33)   La soluzione per superare le criticità della formazione e del fabbisogno di medici specialisti nel Servizio Sanitario Nazionale c’è e Anaao Giovani in un recente studio propone la sua ricetta in5 passaggi:1) facilitare il precoce ingresso nel Ssn; 2) svincolare il percorso formativo dall’Università, almeno in parte; 3) confrontarsi con l’Europa; 4) prevedere una forma di part time ospedaliero in cui il giovane medico, adeguatamente tutorato, gradualmente “sostituisce” l’over 60 che potrà su base volontaria lavorare nel territorio; 5) migliorare l’inquadramento previdenziale.

L’iter di formazione di un medico è tra i più lunghi nell’ambito delle discipline scientifiche. Infatti, dopo il conseguimento di una laurea magistrale a ciclo unico (sei anni, unicum tra le lauree), è obbligatorio, per accedere al Ssn, il superamento dell’esame di stato (circa tre mesi di tirocini obbligatori più la prova finale) e il conseguimento di un diploma di specializzazione o di formazione specifica in medicina generale (della durata variabile, a secondo del percorso scelto, dai tre anni fino a un massimo di cinque anni), con accesso alla formazione post lauream generalmente oltre un anno dopo dal conseguimento della laurea. Pertanto, un medico specialista impiega, nella maggioranza dei casi, circa 11-12 anni per poter lavorare per il Ssn.

Partendo dagli accessi a Medicina la ricetta Anaao prevede di ridurre gli accessi a medicina a 6.200/anno fino al 2022-2023 per assorbire gli eccessi degli iscritti in sovrannumero.  Lo Stato sa di quanti medici ha bisogno e interviene programmando esso stesso gli accessi al corso di Laurea in Medicina e Chirurgia e mettendo a bando contratti statali di formazione specialistica. È inutile formarne di più, perché farlo ha un costo non irrisorio. Pertanto, se si conosce il fabbisogno di medici specialisti (numero espresso dalle Regioni triennalmente), la programmazione della formazione medica diventa abbastanza semplice, almeno sulla carta.  Per il post lauream? Alla luce dei dati, secondo un obiettivo di pareggio delle cessazioni nei prossimi 10 anni, e un obiettivo di applicazione standard su base Dm 70 a invarianza di “carico di lavoro medio nazionale”, il numero di contratti di formazione specialistica attuali (media 6.100) devono essere incrementati nel prossimo quinquennio nell’ottica di potenziare le attuali assunzioni nel Ssn di 3.228 medici/anno.

Fatti salvi i 6.105 contratti pagati con l’attuale fondo statale per la formazione specialistica, sarebbe auspicabile che le Regioni contribuissero all’aumento dei contratti di formazione specialistica – sottolinea l’Anaao – diventando protagoniste della programmazione e del cammino formativo dei giovani medici specializzandi e della sostenibilità generale del sistema. Con il loro aiuto e lo stanziamento di ulteriori 1.862 contratti (differenza tra posti Miur e fabbisogno regionale calcolata sull’ultimo anno accademico), il gap tra partecipanti al concorso e posti a bando si ridurrebbe sensibilmente nei prossimi anni.

Il costo complessivo dell’operazione, secondo lo studio Anaao, è stimabile in quasi 190 milioni di euro (per specializzazioni di durata quadriennale) e ammonterebbe a poco più di 9 milioni di euro per le 20 Regioni italiane. Una cifra oggettivamente alla portata di ogni bilancio regionale. Pertanto, le Regioni dovrebbero farsi carico della differenza tra posti ministeriali e fabbisogno, che esse stesse devono indicare ogni 3 anni.

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