Quattro opzioni impopolari per cambiare il Sistema Sanitario Nazionale

(da Secondo Welfare)   Il Rapporto OASI 2024 del CERGAS SDA Bocconi non offre un quadro rassicurante sul futuro del SSN, ma propone alcune strade possibili per affrontare la situazione: governare le aspettative, proseguire con l’efficientamento, aumentare le risorse attraverso compartecipazioni e trasformare la geografia dei servizi.  La diagnosi è spietata: un servizio sanitario universalistico che riceve il 6,3% del PIL e che serve il secondo Paese più anziano al mondo non può riuscire a soddisfare i bisogni. Nel frattempo, in molti ambiti i servizi appaiono non seguire alcun criterio di priorità e la crescente distanza tra prescrizioni e capacità erogativa del Sistema Sanitario Nazionale (SSN)  disorienta cittadini e professionisti.   Partendo da questo quadro il Rapporto OASI 2024 del CERGAS, della SDA Bocconi, avanza quattro proposte di policy e management per affrontare la situazione. Opzioni che i coordinatori del Rapporto, Francesco Longo e Alberto Ricci, definiscono “tecnicamente realistiche, attuabili” ma largamente “impopolari”. Per questo la loro attuazione richiede “un parallelo lavoro per cambiare il public discourse”.

Le criticità del SSN     Il Rapporto descrive anzitutto quelle che sono ritenute le quattro criticità strategiche principali del SSN. Queste, spiega il documento, sono largamente fuori dal dibattito mediatico e politico e soprattutto dalla consapevolezza dell’opinione pubblica. Una situazione che non fa altro che peggiorare le diverse problematiche.

Situazione demografica     L’Italia è il secondo Paese più anziano al mondo dopo il Giappone, con un’incidenza degli over 65 sul totale della popolazione al 24%, in rapida ascesa al 30%. Questo comporta un trasferimento netto dalla fiscalità generale dello Stato all’INPS di 165 miliardi all’anno perché i contributi dei (pochi) lavoratori non sono sufficienti a coprire pensioni e spese assistenziali. Pertanto, è “difficile aumentare significativamente la spesa sanitaria pubblica”, spiega il Rapporto OASI. Allora “come erogare buoni servizi sanitari pur destinando alla sanità pubblica il 6,3% del PIL?”.

Priorità casuali   Inevitabilmente, occorre definire e selezionare le priorità di intervento, ad esempio, rispetto ad aree di patologia, setting assistenziali o cluster di popolazione. La verità è però che oggi, “non essendoci all’opera alcun processo consapevole di selezione delle priorità, queste ultime emergono casualmente, senza nessun processo esplicito di valutazione capace di massimizzare il beneficio sociale ottenibile con le risorse date”. Oggi rischia di prevalere la logica della risposta a chi per primo accede al sistema, senza valutare se ciò corrisponde a una priorità o meno. “L’intera filiera istituzionale opera delle prioritizzazioni implicite e casuali”.

Discrasia tra bisogni e consumi   Il Rapporto OASI osserva come considerando il regime SSN, comparando diverse tipologie di prestazioni, confrontando diverse regioni o territori di una stessa regione, si registrino differenze ampie nei volumi pro-capite, senza una relazione significativa con il quadro della domanda potenziale e dei bisogni. Oggi è il governo della produzione a dominare “l’agenda di policy, e di conseguenza, l’agenda manageriale”. Al contrario, “il governo della domanda risulterebbe decisamente più rilevante.”

Distanza tra prescrizioni e capacità erogativa    Da rilevare, infine, che anche la produzione del SSN è scesa se paragoniamo il 2023 con il 2019, “soprattutto in ambito ambulatoriale (-8%), pur essendoci più medici in servizio nel SSN rispetto al periodo pre-Covid”. Eppure, le ricette tendono ad aumentare, ad esempio le prime visite prescritte da specialisti ospedalieri e MMG sono aumentate del 31% a fronte di un calo nelle prestazioni del 10%. Questo significa che un alto numero di ricette non trovano una risposta nel SSN. Del resto, il 48% delle visite specialistiche è ottenuta in regime privato, ricorda il Rapporto. Non solo: “I dati delle regioni che hanno analizzato questo fenomeno fanno intravedere che, nei territori dove sono maggiori le prescrizioni, sono spesso elevati anche i consumi pubblici per abitante, ovvero vi è una maggiore produzione in regime SSN, ma cresce anche la distanza tra prescritto ed erogato, e dunque si riscontrano le liste di attesa sostanziali maggiori”, spiega il Rapporto OASI. Ciò significa che senza aver riorganizzato le prescrizioni, la pressione sulle liste di attesa rischia di essere “controproducente rispetto agli obiettivi di appropriatezza, equità ed costo-efficacia clinica”.

Quatto proposte impopolari per il SSN    Una analisi severa, dunque, laddove i coordinatori del Rapporto scrivono che l’Italia ha “da lungo tempo, preferito un sistema pensionistico generoso, bonus edilizi e una crescente enfasi sulla riduzione del cuneo fiscale all’incremento del fondo sanitario”. Dunque, quali sono le prospettive che restano per frenare la deriva attuale?

– Governare le aspettative     Questo significa anzitutto “prendere consapevolmente atto” della scelta di finanziare in modo modesto il SSN, esplicitando senza mezzi termini cosa il servizio pubblico sia in grado di coprire e cosa no. In altre parole, allineare le aspettative dei cittadini alla realtà dei fatti. Una volta definiti i diritti esigibili e le aree di intervento, il SSN dovrebbe esplicitare quali siano i target prioritari. Ed esplicitare quali sono i criteri di accesso, “che dovrebbero essere diversi dalla disponibilità a pagare cifre davvero consistenti” come adesso capita in alcuni segmenti, come le residenze sociosanitarie. In questo modo, progressivamente, dovremmo determinare una convergenza tra il prescritto e l’erogabile dal SSN, attraverso maggiore chiarezza nei cittadini e nei professionisti.

– Efficienza impopolare    Il SSN è su un sentiero di efficientamento da ormai 30 anni e “i ‘frutti bassi’ sono stati in gran parte colti”. Se si vuole proseguire sull’efficienza, allora, non resta che prendere la scala verso i rami alti dell’albero, dove le scelte sono politicamente costose perché impopolari. Un esempio? “Nella rete di offerta ospedaliera del SSN si contano ancora oltre 100 ospedali a gestione diretta con meno di 50 posti letto. Altrettanti sono tra i 50 e i 100 posti. Si tratta del 40% degli stabilimenti di ASL e ASST: è irrealistico pensare che tutti siano in condizioni di isolamento e che almeno una parte di essi non possa riorientare i propri servizi e il proprio personale sul versante territoriale”. Anche sul territorio è necessario riflettere, considerando che gli ambulatori e i laboratori SSN sono aumentati di 287 unità tra il 2019 e il 2022: il rapporto è ormai di circa 1 ogni 7.000 abitanti.

– Compartecipazioni ridotte e capillari    Certo, si può sempre fare. Tuttavia, appare “poco plausibile economicamente e politicamente introdurre ulteriori prelievi dalle aree geografiche e dalle fasce sociali che già molto sostengono il Welfare”. In che modo, dunque, è possibile “articolare un sistema di ridotte, ma più capillari compartecipazioni, che riequilibri i contributi forniti e i benefici ottenuti tra cittadini-pazienti e SSN?”, si domandano gli esperti del CERGAS SDA Bocconi.

– Trasformare la geografia dei servizi     Con un sistema ospedaliero “più asciugato e accentrato”, equipe mediche “itineranti tra stabilimenti ospedalieri”, una ampia diffusione di “servizi specialistici da remoto per pazienti che rimangono a casa o vanno in casa della comunità se non hanno una buona connessione”. Tenendo però presente che una tale modifica radicale implica “una trasformazione delle competenze professionali necessarie”. Indispensabile, “l’abbattimento di moltissimi dei silos professionali oggi presenti”. Appare necessario “più spazio ad esperti di service design, di ecosistemi digitali, ma soprattutto una incidenza maggiore del lavoro ‘laico’, come può essere un case manager amministrativo del 116117 o di un service center”. Fatto questo, “progressivamente, è fondamentale introdurre a tutti i livelli indicatori” che misurino l’appropriatezza, l’equità, l’aderenza e la qualità, anche percepita, della presa in carico.

La consapevolezza necessaria    In conclusione, come sottolineano Elio Borgonovi ed Amelia Compagni, presidente e direttrice del CERGAS, il Rapporto vuol diffondere conoscenza per fare in modo che chi crede nel SSN non debba accettare le scelte di altri. Il Rapporto spinge a pensare che ruolo è possibile giocare nel rilancio del SSN, quali soluzioni ricercare per la salute dei cittadini, per il benessere organizzativo del SSN e per la sua sostenibilità economica, sociale ed istituzionale. Citando don Milani “se sai sei, se non sai sei di un altro”.

Il Rapporto OASI 2024 è scaricabile gratuitamente a https://cergas.unibocconi.eu/oasi-2024

I pazienti fermi al Pronto Soccorso fanno aumentare la mortalità del 4,5 per cento

(da DottNet)    Ogni paziente fermo al pronto soccorso in attesa di essere trasferito in un letto di un reparto di ospedale causa un ritardi di almeno 12 minuti sugli accessi successivi, facendo crescere anche la mortalità fino al 4,5%.  Ciò si traduce in ore di ritardo con i pronto soccorso pieni di decine di persone in attesa di ricovero. Una situazione esplosiva, riferisce Alessandro Riccardi, nuovo presidente Simeu (la società che rappresenta i medici dell’emergenza e urgenza), che conferma le tensioni in crescita in questi giorni festivi, quanto il pronto soccorso diventa l’unica ancora di salvezza per tanti malati che non riescono a trovare assistenza sul territorio.

In sostanza, spiega Riccardi, si crea un ritardo sull’intera catena dell’assistenza, con un peggioramento non solo dell’assistenza ma della salute dello stesso paziente “Durante le feste la situazione e’ sempre critica, segno di un problema costante sull’aggressività dell’utenza” spiega Riccardi riferendosi ai diversi casi di aggressione che hanno colpito diversi operatori sanitari.

“Non si riescono a trovare i posti nei reparti, ed e’ evidente che chi ha bisogno di assistenza si trova in difficoltà, con un’assistenza non adeguata” spiega. I pazienti restano in aree molto spesso improvvisate in attesa del trasporto nel reparto di assegnazione definitiva. In presenza del fenomeno chiamato dei tecnici “boarding” dei pazienti che aspettano in Pronto Soccorso di essere ricoverati, numerosi studi documentano un allungamento ingiustificato dei tempi di attesa alla visita medica, una marcata difficoltà di gestione dei percorsi di tutti gli altri pazienti, un incremento delle complicanze di malattia sia per i casi che verranno ospedalizzati sia per quelli che al termine dell’osservazione verranno dimessi al domicilio.

Ulteriori associazioni statistiche, pubblicate anche sul sito della stessa Simeu, dimostrano il legame tra un maggior numero di giorni di degenza e una maggior incidenza di complicanze. In uno studio recente si è dimostrato che la mortalità dei pazienti in attesa di ricovero aumentava dal 2.5% al 4.5% nei casi in cui il tempo di boarding superava le 12 ore. Al momento gli interventi messi in campo per alleggerire la pressione sulle strutture e le difficoltà degli operatori sembrano lontane dall’essere risolutive. “Non sono ancora sufficienti e adeguati anche se sono arrivati segnali di attenzione nei confronti del nostro lavoro. Intanto i professionisti vanno via, non per burnout: siamo abituati a gestire lo stress. Lo facciamo perchè non sopportiamo più di vedere certe situazioni come la perdita della dignita’ del malato. Non si può fare un’abitudine a questa situazione”, conclude.

 

Medicina generale. Sospesa l’incompatibilità tra il corso di formazione specifica 2024/2027 e gli incarichi professionali

(da Quotidiano Sanità) I medici laureati in Medicina e Chirurgia e abilitati all’esercizio della professione che si iscrivono al corso di formazione specifica in medicina generale relativo al triennio 2024/2027 potranno mantenere gli incarichi convenzionali in essere al momento dell’iscrizione, inclusi gli incarichi nell’ambito della medicina penitenziaria, in deroga alle disposizioni del cui all’art. 11 del decreto del Ministro della salute 7 marzo 2006 che disciplina il divieto del medico in formazione all’esercizio di qualsiasi attività e qualsiasi rapporto con il Servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche o private, anche di carattere saltuario o temporaneo. È quanto prevede il decreto del 22 novembre 2024 del ministero della Salute, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.4 del 7 gennaio 2025.

Il provvedimento si inserisce nell’ambito delle norme già in passato previste per far fronte alla carenza di medici di medicina generale, in particolare l’art. 9 del decreto-legge n. 135 del 2018 e successive modifiche, che stabiliva, fino al 31 dicembre 2024, la possibilità ai laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio professionale, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, di partecipare all’assegnazione degli incarichi convenzionali, rimessi all’accordo collettivo nazionale nell’ambito della disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale. Disposizioni che, tuttavia, come si spiega nelle premesse del decreto ministeriale, “non possono essere interpretate in senso estensivo anche per coloro che sono già titolari degli incarichi previsti dall’accordo collettivo nazionale della medicina generale”. Pertanto la decisione del ministero di derogare alle disposizione dell’art. 11 del DM 7 marzo 2006 eviterà che i medici siano costretti a rinunciare agli incarichi o all’iscrizione al corso di formazione specifica in medicina generale.

AGENAS presenta la Piattaforma Nazionale di Telemedicina

da www.agenas.gov.it)  AGENAS organizza un evento di approfondimento del contesto digitale in ambito sanitario nonché di presentazione della Piattaforma Nazionale di Telemedicina (PNT) per martedì 4 febbraio 2025, dalle ore 10.00 alle 13.00, presso la Sala Auditorium di AGENAS in via Toscana 12, Roma.

L’Agenzia, in qualità di soggetto attuatore per conto del Ministero della salute dell’implementazione del sub-investimento 1.2.3. “Telemedicina”, presente nella Missione 6 Salute del PNRR (M6-C1), ha dato seguito alla realizzazione della PNT collaudata in tutte le sue funzionalità e avviata a novembre 2023.   Il progetto è ora nella sua fase di Avvio e Consolidamento nell’ambito della quale è in corso da alcune settimane l’iter di popolazione dati con la collaborazione Regioni/PP.AA.. L’obiettivo è quello di condividere lo stato di avanzamento progettuale.
Per partecipare in presenza occorre iscriversi a questo LINK (https://www.agenas.gov.it/registrazione-evento-040225), l’Ufficio comunicazione darà riscontro sull’esito dell’accredito secondo la disponibilità dei posti in Sala.
Sarà possibile seguire la diretta streaming, il link per il collegamento da remoto sarà disponibile in questa pagina a ridosso dell’evento.

Codice della strada, Salvini: chi assume farmaci prescritti può guidare

(da DottNet)     “Chi sta usando i farmaci sotto prescrizione medica può tranquillamente guidare. Come faceva l’anno scorso”. Lo ha ribadito il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, durante una ‘diretta social’.  “Ovviamente ci sono farmaci che impediscono di guidare nelle ore successive – ha aggiunto – però esattamente come l’anno scorso chi prende dei farmaci oncologici, chi prende farmaci con dei cannabinoidi, chi ha farmaci con oppiacei, ovviamente con prescrizione medica, può tranquillamente guidare”. “Abbiamo istituito un tavolo tecnico proprio per andare incontro alle centinaia di migliaia di pazienti che dietro somministrazione medica usano dei farmaci” ha concluso.

Asl condannata per cure non volute, 84enne non riusciva più a parlare, mangiare e bere

(da DottNet)    Il tribunale di Trieste ha condannato l’Azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina (Asugi) «per il mancato rispetto delle decisioni di un paziente, rappresentato dalla figlia, sua amministratrice di sostegno», il quale aveva esercitato il diritto a rifiutare le cure anche se salvavita.  Lo rende noto l’associazione Luca Coscioni. Il caso – riporta la nota – riguarda Claudio de’ Manzano, 84 anni, colpito da ictus nel dicembre 2018. «Ricoverato presso la Stroke Unit dell’Ospedale di Cattinara di Trieste, è rimasto gravemente leso nella parte destra del corpo, non riusciva a parlare, a mangiare né a bere autonomamente ed era nutrito e idratato artificialmente.

De’ Manzano aveva espresso con chiarezza la volontà di non proseguire trattamenti sanitari. Nonostante tale volontà fosse stata ribadita dalla figlia, Asugi ha continuato a somministrare cure non volute e ha opposto resistenza alla richiesta di sospensione delle stesse e di dimissioni del paziente negando così il suo trasferimento presso altra struttura».  La sentenza ha riconosciuto «la violazione da parte di Asugi del diritto costituzionale all’autodeterminazione in ambito terapeutico» e ha condannato l’azienda al risarcimento dei danni patiti per 25mila euro. «Il presidente Fedriga chieda scusa a nome della Regione e si adoperi affinché nulla del genere si ripeta in futuro – affermano Marco Cappato e Filomena Gallo, rispettivamente tesoriere e segretaria nazionale dell’associazione Coscioni -, questa decisione rappresenta un trionfo per i diritti di qualsiasi cittadina o cittadino nella scelta di come affrontare le fasi finali della propria vita». La decisione del tribunale di Trieste, fa loro eco Giovanna Augusta de’ Manzano, figlia di Claudio, «rende giustizia anche a tutti coloro che quotidianamente non vengono rispettati nelle loro ultime volontà sanitarie».

Giappone, al via test per farmaco per far ricrescere i denti

(da DottNet)    Un gruppo di ricerca giapponese sta testando un farmaco che punta a far ricrescere i denti permanenti in chi li ha persi o in chi non ne è dotato a causa di malattie. I primi test sugli animali hanno dato risultati promettenti.  Lo rende noto l’Agence France-Presse (Afp).    La ricerca prende le mosse da un’ipotesi di Katsu Takahashi, responsabile della chirurgia orale presso il Medical Research Institute Kitano Hospital di Osaka. Il ricercatore ritiene che gli esseri umani possiedano una terza serie di gemme dentali dormienti e che il blocco della proteina chiamata Usag-1 possa risvegliarle.

È una tecnologia “completamente nuova” al mondo, ha detto Takahashi all’Afp.    Il suo team ha avviato sperimentazioni cliniche al Kyoto University Hospital a ottobre, somministrando il farmaco sperimentale che, suo dire, ha il potenziale per innescare la crescita delle gemme dentali. Al momento, i partecipanti sono adulti sani che hanno perso almeno un dente e lo scopo di questa fase della sperimentazione è certificare la sicurezza del farmaco.

C’è comunque la possibilità che si vedano i primi segni di efficacia: “Se ciò accadesse sarei al settimo cielo”, ha detto Takahashi.   Intanto, il gruppo ha diffuso le immagini dei test eseguiti in su topi e furetti che sembrano mostrare la ricrescita dei denti.   Nonostante la nuova strategia appaia promettente, la comunità scientifica è comunque cauta: “L’affermazione che gli esseri umani possiedono gemme dentali latenti in grado di produrre una terza serie di denti è sì rivoluzionaria ma anche controversa”, ha detto all’Afp Chengfei Zhang, professore di Endodonzia all’Università di Hong Kong, che non è coinvolto nello studio e che ha comunque ammesso che il metodo di Takahashi è “innovativo e ha del potenziale”.

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