Francia e Germania: come funzionano i loro servizi sanitari?
(da Univadis) Il finanziamento del sistema sanitario francese è sempre più problematico, a causa dell’invecchiamento della popolazione, della transizione ambientale e delle incertezze economiche. Ciò richiede decisioni politiche che possono essere utilmente informate da confronti internazionali, come sottolineato dai due autori di un rapporto sulla spesa sanitaria in Francia e Germania, scritto per l’Alto Consiglio per il finanziamento del welfare dello Stato francese. La percentuale del PIL (prodotto interno lordo) destinata all’assistenza sanitaria è paragonabile nei due Paesi. Ed è la più alta al mondo dopo quella degli Stati Uniti (nel 2022, 12,7% in Germania, 12,1% in Francia), ma ci sono grandi differenze organizzative. In Germania, per esempio, la spesa sanitaria è organizzata da un Comitato Federale Congiunto, composto da rappresentanti delle casse malattia, degli ospedali, dei medici, degli psicoterapeuti e dei dentisti. Questo sistema consente di ottenere redditi elevati per i medici ambulatoriali, legati agli elevati volumi di attività, con tempi di consultazione più brevi rispetto alla Francia (8 minuti in media, contro i 16 dei medici di base). Inoltre, consente di monitorare efficacemente la qualità delle cure ambulatoriali.
Consultazioni più brevi e più personale negli ambulatori
I medici generici rappresentano il 56% dei medici ambulatoriali in Francia, contro il 36% in Germania. Per poter operare nel settore ambulatoriale, i medici tedeschi devono ottenere una licenza, rilasciata in base alla densità della popolazione, al numero di medici per abitante e alla struttura di età e morbilità della popolazione. Questo limita l’eccesso di personale, ma non è molto efficace contro le carenze di personale. Tuttavia, sembra che le disuguaglianze nell’accesso alle cure siano meno significative in Germania. La pratica di gruppo è in aumento in entrambi i Paesi, ma in Germania i medici impiegano molti più operatori sanitari e non sanitari nei loro studi privati. In media, uno studio medico impiega 4,6 persone tra assistenti tecnici, assistenti medici e infermieri (3,4 per gli studi individuali, da 8 a 12 per gli studi di gruppo e quasi 19 per l’equivalente delle nostre case di cura). In Francia in media i medici singoli hanno circa due collaboratori sanitari, principalmente infermieri e infermiere, alle quali è però data un’ampia autonomia. Le infermiere francesi possono anche aprire studi convenzionati con il SSN per la gestione diretta dei pazienti e hanno a disposizione un prontuario farmacologico, sebbene limitato. Questo spiega perché la quantità di tempo medico richiesto per ogni paziente è la metà in Francia rispetto alla Germania, nonostante la giornata lavorativa più breve in Francia.
La qualità dell’assistenza ospedaliera in Germania
La performance del settore ospedaliero sembra essere migliore in Francia rispetto alla Germania, che soffre di sovrappopolazione ospedaliera, con pochi assistenti per letto, il che “mette in discussione la qualità e l’appropriatezza delle cure fornite”. I tassi di occupazione dei letti sono bassi e compromettono la sostenibilità finanziaria delle strutture. Il settore ospedaliero tedesco è caratterizzato da un elevato volume di attività, da una maggiore durata della degenza e da un basso livello di chirurgia ambulatoriale. I tassi di ospedalizzazione evitabile sono elevati. Secondo diversi esperti, la qualità dell’assistenza ospedaliera in Germania è “molto variabile”. In entrambi i Paesi è allo studio una riforma del finanziamento delle strutture sanitarie, con l’obiettivo di ridurre la percentuale di tariffe basate sulle attività e aumentare le assegnazioni forfettarie basate su criteri di qualità delle cure e di salute pubblica. In Francia, la riforma fa seguito a trasformazioni ospedaliere con aumenti di produttività “considerevoli”, ma al prezzo di condizioni di lavoro difficili. In Germania, rischia di rallentare i cambiamenti necessari non incoraggiando l’innovazione.
Sia in Francia che in Germania, la carriera ospedaliera è meno attraente di quella privata, in parte a causa della retribuzione più bassa. Gli stipendi del personale non medico sono simili in entrambi i Paesi. Tuttavia, vale la pena notare che in Francia “lo stipendio base di uno specializzando del quarto anno è inferiore del 25% rispetto alla media nazionale, mentre è superiore del 50% in Germania”. Infine, in Germania i settori ambulatoriale e ospedaliero sono molto separati, il che costituisce un grave handicap per il coordinamento delle cure, mentre la Francia ha un sistema ben integrato di passaggio dall’ospedale al territorio.
La percezione della vecchiaia è cambiata con l’aumento dell’aspettativa di vita
(da DottNet) Le persone oggi tendono a percepire la vecchiaia più avanti negli anni rispetto a qualche decennio fa. Lo evidenzia uno studio, pubblicato sulla rivista Psychology and Aging, condotto dagli scienziati dell’Università Humboldt di Berlino, dell’Università di Stanford, dell’Università del Lussemburgo e dell’Università di Greifswald. Il team, guidato da Markus Wettstein, ha valutato il modo in cui gli adulti e gli anziani pensano alla vecchiaia. “L’aspettativa di vita è aumentata notevolmente negli ultimi decenni – spiega Wettstein – il che potrebbe contribuire a una visione più tardiva della vecchiaia. Allo stesso tempo, alcuni aspetti della salute sono migliorati, tanto che le persone di una certa età che in passato erano ritenute anziane oggi potrebbero non essere più considerate tali”. Il gruppo di ricerca ha esaminato i dati raccolti da 14.056 partecipanti al ‘German Aging Survey’, un’indagine longitudinale che comprende abitanti tedeschi nati tra il 1911 e il 1974. I volontari hanno risposto a domande fino a otto volte nell’arco di 25 anni. Nel periodo di studio relativo alle generazioni successive, sono stati reclutati ulteriori partecipanti. Tra le domande del sondaggio, i ricercatori chiedevano a che età una persona potrebbe essere considerata anziana. Il confronto tra i questionari ha rivelato che in media, quando i partecipanti nati nel 1911 avevano 65 anni, fissavano l’inizio della vecchiaia a 71 anni, mentre i nati nel 1956 alla stessa età lo posponevano a 74 anni.
“La tendenza a posticipare la vecchiaia non è lineare – commenta Wettstein – abbiamo anche scoperto che la percezione della vecchiaia tendeva a spostarsi anche con l’aumento dell’età delle persone”. Compiuti i 74 anni, i partecipanti indicavano l’inizio dell’età della vecchiaia a 76,8 anni. Infine, gli esperti hanno esaminato come caratteristiche individuali come il genere e lo stato di salute contribuissero alle differenze nella percezione dell’inizio della vecchiaia. In media, riportano gli scienziati, le donne tendevano a considerare le persone anziane due anni dopo rispetto all’idea delle controparti maschili. Le persone più sole, con condizioni di salute peggiore, indicavano l’inizio della vecchiaia prima di quanto riferito dai coetanei più in forma. Questi risultati, commentano gli autori, potrebbero avere implicazioni su quando e come le persone si preparano al proprio invecchiamento, nonché su come la società percepisce gli anziani in generale. “Non è chiaro in che misura la tendenza a posticipare la vecchiaia rifletta una tendenza verso visioni più positive su questo particolare periodo della vita – conclude Wettstein – i prossimi studi dovrebbero esaminare più approfonditamente questi aspetti, considerando le opinioni di altre comunità e campioni più ampi e diversificati. Tali prospettive potrebbero ricostruire il modo in cui la percezione dell’invecchiamento sia legata a fattori culturali”.
Alcol, Iss: 8 milioni di bevitori a rischio. In crescita i “binge drinker”
(da Doctor33) “In Italia si registrano 36 milioni di consumatori di alcol”, con “10 milioni e 200mila italiani sopra i 18 anni” che “hanno bevuto alcol quotidianamente. Ma spiccano i 3,7 milioni di ‘binge drinker’ (chi abusa delle bevande fino ad ubriacarsi), soprattutto maschi di tutte le età (104mila sono minori)”. È l’allarme che lancia l’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto superiore di sanità, Ona-Iss, nel report in cui ha rielaborato attraverso il Sisma (Sistema di monitoraggio alcol), anche per il Programma statistico nazionale, i dati della Multiscopo Istat, in occasione dell’Alcohol Prevention Day (Apd). I dati verranno presentati il prossimo 18 aprile, nel corso di un workshop internazionale in programma presso la sede dell’Iss.
“Si registra una diminuzione in direzione dei livelli del 2020, ma non per le donne che sono stabili, senza alcun accenno dunque al calo dei consumi tesi all’intossicazione – evidenzia il report – Inoltre, i ‘consumatori dannosi’ di bevande alcoliche sono stati 770mila. Fra le donne si continuano a registrare numeri elevati: sono infatti 290mila le consumatrici con danno da alcol. Dei 770mila consumatori dannosi con Disturbi da uso di alcol (Dua) in necessità di trattamento, solo l’8,2% è stato intercettato clinicamente, per un totale di 62.886 alcoldipendenti in carico ai servizi del sistema sanitario nazionale, con costante e preoccupante diminuzione rispetto ai consumatori dannosi attesi”.
I dati del sistema Emur del ministero della Salute “mostrano e testimoniano le conseguenze di quanto descritto finora. Nel 2022, si sono registrati 39.590 accessi al pronto soccorso – di cui il 10,4% richiesto da minori – segnando in un anno un incremento del 12,1%”, evidenzia l’Ona-Iss.
“Non si registrano le attese riduzioni dei consumatori a rischio, che crescono nel 2022 con frequenze elevate nei target più vulnerabili della popolazione: i minori, i giovani, le donne, gli anziani” segnala l’Osservatorio nazionale. “Il bere per ubriacarsi” aggiunge l’Osservatorio “non risparmia gli anziani, tra i quali si registrano le più elevate frequenze di ‘consumatori dannosi’ con disturbi da uso di alcol non intercettati. Consumi fuori pasto in costante aumento”, poi, “in particolare tra le donne (23,2%), con 1 milione di donne che si ubriaca”.
“I consumi di alcol in Italia evidenziano una situazione consolidata e preoccupante di aumento del rischio che dilaga nelle fasce più vulnerabili della popolazione: minori, adolescenti, donne e anziani – afferma Emanuele Scafato, direttore dell’Ona-Iss – Al fine di delineare la roadmap di una rinnovata prevenzione nazionale e regionale, la più efficace possibile, è necessario intercettare precocemente tutti i consumatori a rischio e assicurare alle cure quelli con danno e alcoldipendenti, a sostegno delle persone, delle famiglie e degli obiettivi delle strategie europee e globali in cui siamo impegnati”.