Oms: Dal 2021 raddoppiate le carenze di farmaci

(da DottNet)   Da settembre 2021, il numero di molecole segnalate in carenza in due o più Paesi è aumentato del 101%. Queste carenze di farmaci sono una forza trainante riconosciuta per i farmaci contraffatti o di qualità inferiore agli standard e comportano il rischio che molte persone cerchino di procurarsi i farmaci con mezzi non ufficiali come Internet”. È quanto ha affermato l’Organizzazione Mondiale della Sanità.   Emblematico, secondo l’Oms, è il caso della classe di farmaci, che, inizialmente approvata per il trattamento del diabete di tipo II, si è rivelata efficace anche per la perdita di peso (i cosiddetti analoghi del GLP-1). “Nell’ultimo anno, la carenza globale di prodotti indicati per la gestione del diabete di tipo II e talvolta approvati anche per la perdita di peso – sottolinea l’Oms – è stata associata a un aumento delle segnalazioni di agonisti del GLP-1 contraffatti.

Queste versioni falsificate vengono spesso vendute e distribuite attraverso punti vendita non regolamentati, comprese le piattaforme di social media”.   Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la situazione rischia di aggravarsi: “la prolungata carenza di prodotti agonisti del GLP-1 autentici e la crescente circolazione di versioni falsificate avranno probabilmente conseguenze sproporzionate sui pazienti con diabete di tipo II. Gli operatori sanitari dovrebbero – osserva – rispettare le buone pratiche di prescrizione e distribuzione”.

Cambiare nome ai tumori, la proposta degli esperti: stop riferimenti agli organi

(da ADN Kronos)   Dimenticate il cancro al polmone, al seno o alla prostata: la sua denominazione dovrebbe cambiare. A chiedere una riflessione sul nome dei tumori è un gruppo di esperti dalle pagine della rivista ‘Nature’. Non è una questione di ‘toponomastica. Secondo gli autori, specialisti e ricercatori dell’istituto francese Gustave Roussy, nell’era delle target Therapy e della profilazione molecolare delle neoplasie, il modo convenzionale di classificarle, quando metastatiche, in base al loro organo di origine, rischiando di negare alle persone l’accesso ai farmaci che potrebbero aiutarle. Nel secolo scorso i due principali approcci al trattamento delle persone affette da cancro – chirurgia e radiazioni – si sono concentrati sulla sede del tumore nell’organismo. Questo ha portato gli oncologi medici e altri operatori sanitari, le agenzie regolatorie, le compagnie assicurative, le aziende farmaceutiche – ei pazienti stessi – a classificare i tumori in base all’organo in cui avevano avuto origine. Tuttavia esiste una crescente disconnessione tra questa classificazione e gli sviluppi nell’oncologia di precisione, che utilizza appunto la profilazione molecolare delle cellule tumorali e immunitarie per guidare le terapie. 

Più di dieci anni fa, ad esempio, alcuni ricercatori negli Stati Uniti hanno dimostrato in uno studio clinico che il farmaco nivolumab può migliorare gli esiti in alcuni individui affetti da cancro. Lo studio includeva persone con diversi tipi di cancro (come convenzionalmente definiti), dal melanoma al cancro del rene. Nivolumab ha ridotto i tumori di alcune persone di oltre il 30%, ma ha avuto poco o nessun effetto sui tumori di altre. Nivolumab ha come target Pd1, recettore di una proteina chiamata Pd-L1, che aiuta le cellule tumorali a sfuggire all’attacco del sistema immunitario. Dei 236 partecipanti allo studio valutati, 49 hanno risposto positivamente al trattamento. Il fattore determinante era se le loro cellule tumorali esprimessero o meno alti livelli di Pd-L1. Il passo logico successivo sarebbe stato quello di condurre studi clinici che testassero gli effetti di questo e altri inibitori di Pd1 in persone con tumori metastatici che esprimono fortemente Pd-L1, indipendentemente dall’organo in cui il cancro aveva avuto origine, ripercorrono gli esperti. Ma seguendo il modo in cui i tumori vengono classificati – al seno, ai reni, ai polmoni e così via – i ricercatori hanno dovuto condurre studi clinici in sequenze per ciascun tipo di neoplasia. Per circa un decennio, si legge nell’articolo, milioni di persone con tumori che esprimevano alti livelli di Pd-L1 non hanno potuto accedere ai farmaci pertinenti perché i trial non erano ancora stati condotti per il loro tipo di cancro. Le pazienti con determinati tumori al seno o ginecologici che esprimevano Pd-L1 hanno dovuto attendere 7-10 anni per accedere ai farmaci in questione.


Triplicati in 20 anni i decessi cardiovascolari legati all’obesità

(da Univadis)   Tra il 1999 e il 2020 i decessi per cause cardiovascolari legati all’obesità sono triplicati negli Stati Uniti, secondo i risultati di una ricerca recentemente pubblicata sul Journal of the American Heart Association. “L’obesità rappresenta un importante fattore di rischio per malattie cardiovascolari, con un impatto differenziato tra le popolazioni” spiegano gli autori, coordinati da Mamas A. Mamas, professore di cardiologia alla Keele University (Regno Unito) e ultimo nome dell’articolo.  “La crescente prevalenza di obesità rappresenta una vera e propria crisi sanitaria” aggiungono, ricordando che negli Stati Uniti le stime di prevalenza dell’obesità tra il 2017 e il 2020 si attestavano al 41,9%, con un incremento del 10% rispetto al decennio precedente.   E la tendenza non è molto diversa negli altri paesi, compresa l’Italia. Secondo le stime riportate sul sito di Epicentro, il portale di epidemiologia dell’Istituto Superiore di Sanità, nel biennio 2020-2021 il 43% degli italiani aveva problemi di eccesso di peso, con il 33% di persone in sovrappeso e il 10% obese. 

La parola ai numeri

Per avere una fotografia più dettagliata del legame tra obesità e decessi cardiovascolari, Mamas e colleghi hanno portato a termine uno studio epidemiologico descrittivo che ha messo in luce le tendenze del fenomeno e le differenze legate a diversi fattori quali origine razziale e luogo di residenza. In particolare, sono stati utilizzati i dati del Multiple cause of Death Database, dal quale sono stati identificatigli adulti deceduti per cause cardiovascolari che presentavano obesità come fattore che aveva contribuito al decesso.  Nell’analisi sono stati inclusi 281.135 decessi cardiovascolari legati a obesità che hanno mostrato un incremento di tre volte (da 2,2 a 6,6 per 100.000 soggetti nella popolazione) nei tassi di mortalità nell’arco di due decenni, dal 1999 al 2020.  “I tassi più elevati sono stati registrati nella popolazione di colore, mentre i nativi dell’Alaska e gli Indiani d’America hanno mostrato il più alto incremento temporale, con un aumento del 415%” osservano gli autori che hanno notato altre differenze legate alla razza.  Nella popolazione di colore, infatti, i tassi sono risultati più elevati nelle donne rispetto agli uomini, a differenza di quanto osservato negli altri sottogruppi come Asiatici, Indiani d’America, nativi dell’Alaska o delle Isole del Pacifico e bianchi.   Diverso anche l’impatto dell’obesità sui decessi cardiovascolari in base al luogo di residenza. Per le persone di colore i tassi più elevati sono stati osservati tra gli abitanti delle aree urbane, mentre per gli altri gruppi il peso dell’obesità si è fatto sentire maggiormente nelle aree rurali. 

Un fenomeno sfaccettato

“Le cause principali di decesso cardiovascolare legato all’obesità sono state malattia ischemica e malattia ipertensiva, quest’ultima la più comune nei pazienti d colore (31%)” scrivono gli autori, ricordando la complessità dei fattori che determinano l’obesità e di conseguenza il suo impatto sulle malattie e i decessi cardiovascolari.  Al di là di fattori di tipo clinico o genetico, secondo gli autori sono molti i fattori di tipo socio-economico che possono essere chiamati in causa per giustificare i risultati ottenuti.  La difficoltò di accesso alle cure, il razzismo, il reddito e l’istruzione giocano senza dubbio un ruolo nel determinare la presenza di obesità e il rischio cardiovascolare. “Ad oggi pochi studi hanno puntato a caratterizzare importanti fattori sociali come razzismo e disuguaglianze sanitarie nella relazione tra obesità e decessi cardiovascolari” affermano i ricercatori, che poi aggiungono “Serve una maggior attenzione ai bisogni sanitari dei cittadini”. Un’attenzione che si deve tradurre, come auspicano gli autori, in strategie di prevenzione ad hoc sia a livello di popolazioni che di singolo individuo.

(Raisi-Estabragh Z, Kobo O, Mieres JH, et al. Racial Disparities in Obesity-Related Cardiovascular Mortality in the United States: Temporal Trends From 1999 to 2020 [published online ahead of print, 2023 Sep 6]. J Am Heart Assoc. 2023;e028409. doi:10.1161/JAHA.122.028409 )

Tumori, il fruttosio potrebbe potenziare la risposta immunitaria

(da Doctor33)    Uno studio cinese, condotto da ricercatori dello Shanghai Chest Hospital e dell’università Jiao Tong di Shanghai, indica che una dieta ricca di fruttosio è in grado di rafforzare la risposta immunitaria contro i tumori, riducendone la progressione e la letalità. Sui risultati della ricerca, pubblicati su ‘Cell Metabolism’ e commentati in un editoriale su ‘Nature Immunology’, fa chiarezza, in una nota, l’oncologo Paolo Ascierto: “Lo studio non indica che fare incetta di zuccheri aiuti automaticamente a contrastare il tumore”, spiega, sottolineando come siano “necessari ulteriori studi che ci aiutino a comprendere se e come possiamo sfruttare il fruttosio per rafforzare l’azione del nostro sistema immunitario contro il cancro”.

Gli autori del lavoro – riassume una nota – hanno nutrito un gruppo di topi affetti da melanoma con una dieta ricca di fruttosio e un altro gruppo con una dieta normale. Si è così osservato che già dopo 2 settimane i roditori alimentati con una dieta ad alto contenuto di fruttosio hanno registrato una significativa riduzione della crescita tumorale e della letalità indotta dal cancro, rispetto a quelli del gruppo di controllo. Anche uno studio precedente condotto su topi con carcinoma polmonare ha dimostrato che nutrire gli animali con una dieta ad alto contenuto di fruttosio ha ridotto le dimensioni del tumore e aumentato la sopravvivenza.

“Che il fruttosio sia associato alla crescita di alcuni tumori, come quelli intestinali, e delle metastasi lo sapevamo da tempo – afferma Ascierto dell’Istituto nazionale tumori Fondazione Pascale di Napoli e presidente della Fondazione Melanoma – Quello che fino ad oggi risultava ancora poco chiaro è il suo impatto sulla risposta immunitaria antitumorale. Il nuovo studio colma in parte questa lacuna e mostra che una dieta ricca di fruttosio è in grado di rafforzare la risposta immunitaria contro il cancro, controllandone la crescita. Il fruttosio alimentare, dunque, promuove l’immunità antitumorale delle cellule”.

“Nel nuovo studio – dettaglia Ascierto – i ricercatori cinesi hanno osservato che il fruttosio alimentare aumenta la risposta immunitaria dei linfociti T denominati CD8+, che hanno la funzione di identificare e uccidere le cellule tumorali, controllando così la progressione della malattia. In particolare, il consumo di fruttosio ha innescato la produzione di leptina, l’ormone prodotto dal tessuto adiposo che segnala al cervello la sensazione di sazietà, sia nel sangue che nel tessuto tumorale. L’aumento della leptina è associato all’incremento dell’attività dei linfociti T antitumorali, potenziandone così la risposta immunitaria contro il cancro”. Gli autori hanno anche rilevato che i livelli più elevati di leptina nel plasma sono correlati con l’aumentata attività delle cellule T antitumorali nei pazienti con cancro ai polmoni.

“Il sollievo dalla sofferenza”: il primo premio per medici e odontoiatri scrittori a firma Fnomceo

Far emergere, all’interno del rapporto medico-paziente, quei sentimenti ed emozioni che sono parte importante dell’umanizzazione delle cure e costituiscono, per il medico, lo strumento per comprendere la sofferenza.

È questo l’obiettivo della prima edizione del Premio letterario “Il sollievo dalla sofferenza” indetto dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, la Fnomceo, in occasione della 4° “Giornata nazionale del personale sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato”, che si terrà il 20 febbraio prossimo.

Quando vidi in quel volto gli occhi di mia madre”: questoil tema scelto per il 2024. Due le sezioni: narrativa/saggistica e poesia.

La partecipazione è aperta a tutti i medici e gli odontoiatri iscritti agli Albi degli Ordini italiani, che dovranno inviare le loro opere, originali e inedite, entro le 12 dell’otto febbraio.

I primi cinque classificati per ogni sezione saranno invitati alla cerimonia che si svolgerà a Roma il 20 febbraio, durante la quale saranno proclamati e premiati i due vincitori. 

“Da Céline a Cechov – afferma il presidente della Fnomceo, Filippo Anellida Conan Doyle a Bulgakov, da Cronin a Keatsmolti sono stati i medici che sono stati anche scrittori o poeti. Del resto, medicina e letteratura sono intimamente legate, in quanto sono mezzi complementari di comprensione della natura umana. Tanto che oggi la medicina basata sulla narrazione è una vera e propria branca scientifica della medicina e costituisce uno degli strumenti più potenti di umanizzazione delle cure”.

“Da qui nasce l’idea – conclude – di un premio letterario nazionale rivolto a medici e odontoiatri, sul modello anche di alcune belle iniziative degli Ordini territoriali, come quello di Siracusa, dal quale abbiamo mutuato il tema di quest’anno, o delle associazioni di medici. L’obiettivo è quello di far emergere il vissuto, i sentimenti, il cuore del medico, trasfigurandoli e riconoscendoli in quelli del paziente, come strumento potente di empatia e di una cura che nasce dalla piena comprensione e prossimità all’altrui sofferenza”.

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