L’età della menopausa importante per la valutazione del rischio cardiaco

(da Univadis)   Le donne che vanno in menopausa prima dei 40 anni, ma anche quelle con un’età alla menopausa inferiore ai 45 anni, potrebbero avere un rischio aumentato di scompenso cardiaco e fibrillazione atriale.  Il rischio aumenta al diminuire dell’età della menopausa.  Quando si deve valutare il rischio di queste due condizioni, è necessario tenere conto della storia riproduttiva.  

Tra le donne in post-menopausa, quelle con una storia di menopausa prematura, e cioè avvenuta prima dei 40 anni di età, hanno un rischio più alto di scompenso cardiaco del 33% e di fibrillazione atriale del 9%. Anche la menopausa precoce, prima dei 45 anni, si associa a un aumento di rischio. Sono, in sintesi, i risultati di uno studio coreano pubblicato su European Heart Journal che mostra l’importanza della durata dell’esposizione agli estrogeni per la salute cardiaca.   “Le donne in pre-menopausa traggano beneficio dall’effetto protettivo degli estrogeni sul sistema cardiovascolare” scrivono gli autori precisando che, prima del loro studio, era ancora poco chiara l’associazione eziologica tra scompenso, fibrillazione atriale e menopausa prematura. Hanno così deciso di analizzare la situazione nella popolazione asiatica, in particolare nelle donne in Corea, anche perché la maggior parte degli studi precedenti erano stati condotti nei paesi occidentali.   Grazie all’uso di un database del sistema sanitario nazionale coreano, sono state coinvolte più di 1,4 milioni di donne in post-menopausa, il 2% delle quali aveva una storia di menopausa prematura, con un’età media alla menopausa di 36,7 anni. In un follow-up medio di 9,1 anni, il 3% (42.699) è andato incontro a scompenso e il 3.2% (44.834) a fibrillazione atriale. L’incidenza di entrambe le condizioni è maggiore nelle donne con una storia di menopausa rispetto a quelle senza. In un’analisi aggiustata per diverse variabili confondenti, tra cui alcune condizioni di salute (ipertensione, diabete di tipo 2, malattia renale cronica e altre), le donne che sono andate in menopausa prima dei 40 anni hanno, rispetto alle altre, un rischio più elevato del 33% per lo scompenso e del 9% per la fibrillazione atriale.

Rispetto a chi aveva almeno 50 anni al momento della menopausa, le donne di 45−49, 40−44 e meno di 40 anni alla menopausa hanno un rischio più alto pari a 11% e 4%, 23% e 10%, 39% e 11%. Dall’analisi dei sottogruppi emerge che l’associazione tra la menopausa prematura e il rischio di fibrillazione atriale è più forte nel gruppo con meno di 65 anni, nelle donne che non hanno mai fumato e in quelle obese.  Per gli autori quindi, nella valutazione del rischio bisognerebbe considerare, oltre cai tradizionali fattori di rischio, anche la storia ginecologica, così da poter stabilire strategie preventive e terapeutiche.  Inoltre, spiegano che esistono diversi meccanismi che potrebbero spiegare l’associazione osservata. Gli estrogeni potrebbero non essere gli unici colpevoli, come fa notare un editoriale correlato.

(Shin J, Han K et al. Age at menopause and risk of heart failure and atrial fibrillation: a nationwide cohort study Get access Arrow. European Heart Journal 2022. Doi: 10.1093/eurheartj/ehac364.    Torbati T, Shufelt C et al. Premature menopause and cardiovascular disease: can we blame estrogen?  European Heart Journal 2022. Doi: 10.1093/eurheartj/ehac321.)

Antiipertensivi: indifferente assumerli di mattino o di sera. Ecco cosa cambia secondo i medici

(da Doctor33)   Gli antiipertensivi si possono assumere in qualunque momento della giornata senza che questo cambi l’andamento clinico dei pazienti. Questi gli straordinari risultati dello studio TIME durato 5 anni e appena concluso.
Il trial clinico, che contraddice diversi studi precedenti che suggerivano un possibile miglioramento con il dosaggio serale, è stato presentato il 26 agosto al Congresso 2022 della Società Europea di Cardiologia (ESC) tenutosi a Barcellona.
Lo studio non ha mostrato alcuna differenza statisticamente significativa tra le persone che assumevano i farmaci antidepressivi la mattina o la sera per tutti gli endpoint analizzati.   Lo studio ha anche dimostrato che la somministrazione serale non era dannosa in termini di cadute o altri effetti avversi. L’assunzione del farmaco di notte potrebbe comportare un aumento dell’ipotensione notturna che potrebbe tradursi in più vertigini e cadute se i pazienti si alzano per usare il bagno durante la notte. Tuttavia, sottolinea Tom MacDonald, professore di farmacologia clinica e farmacoepidemiologia presso l’Università di Dundee, c’erano più vertigini durante il giorno e il tasso di fratture e ricoveri erano identici nei due gruppi.
Lo studio TIME ha randomizzato 21.104 pazienti con ipertensione trattata per assumere i loro farmaci antipertensivi al mattino o alla sera. La durata mediana del follow-up è stata di 5,2 anni, ma alcuni pazienti sono stati seguiti per oltre 9 anni.    I risultati mostrano che quando si assumono farmaci antipertensivi al mattino, la pressione sanguigna è più alta al mattino e più bassa la sera mentre con il dosaggio serale avviene l’esatto contrario. La differenza rilevata, notano gli autori, è minima, solo da 1 a 2 mmHg, e questo non si è tradotto in alcuna differenza nello stato clinico dei pazienti.
“Il messaggio da portare a casa è che i pazienti possono assumere le compresse per la pressione sanguigna in qualsiasi momento, quando è più conveniente, purché le prendano. Probabilmente è meglio prendere una routine di assunzione delle compresse alla stessa ora ogni giorno. In questo modo è più probabile che ti ricordi di prenderli, ma non importa se è al mattino o alla sera”, ha concluso MacDonald.
Tuttavia, l’autore principale della revisione ISH, George Stergiou ha commentato in maniera critica questo consiglio: “Non sono molto favorevole all’indicazione che i pazienti facciano ciò che vogliono. La stragrande maggioranza degli studi indica migliori risultati se noi medici guidiamo il paziente sull’assunzione dei farmaci al mattino”.

Miocardite, il rischio è più alto con infezione Covid che con vaccino

Miocardite, il rischio è più alto con infezione Covid che con vaccino

(da Sanitainformazione)  Arrivano nuove conferme sull’efficacia e la sicurezza dei vaccini anti-Covid. Un nuovo studio condotto dall’Università di Oxford conclude che il rischio di miocardite, tanto temuto da coloro che esitano a vaccinarsi, è più alto tra coloro che vengono infettati dal virus Sars-CoV-2 e non sono immunizzati rispetto a coloro che si sono vaccinati contro Covid-19. I risultati, pubblicati sulla rivista Circulation, suggeriscono che per proteggersi da questa infiammazione cardiaca è meglio vaccinarsi contro il Covid-19.

Il rischio miocardite è 11 volte più alto dopo l’infezione Covid rispetto al vaccino

La ricerca condotta sulle informazioni di milioni di individui di età pari o superiore a 13 anni in Inghilterra ha portato a stimare che il rischio di sviluppare una miocardite negli individui non vaccinati dopo l’infezione Covid-19 – nel periodo che va tra il primo dicembre 2020 e il 15 dicembre 2021 – sia stato almeno 11 volte superiore rispetto alle persone che hanno ricevuto un vaccino Covid-19 o una dose di richiamo. «Abbiamo scoperto che in questo ampio set di dati, l’intera popolazione dell’Inghilterra vaccinata contro il Covid-19 durante un importante periodo di 12 mesi della pandemia, quando i vaccini contro il Covid-19 sono diventati disponibili per la prima volta, il rischio di miocardite dopo la vaccinazione contro il Covid-19 era piuttosto piccolo rispetto al rischio di miocardite dopo l’infezione Covid-19», afferma la prima autrice dello studio Martina Patone dell’Università di Oxford.

Nello studio sono state coinvolte quasi 43 milioni di persone

Nello studio i ricercatori hanno valutato il database delle vaccinazioni Covid-19 per tutte le persone di età pari o superiore a 13 anni che avevano ricevuto almeno una dose di AstraZeneca, del vaccino Pfizer-BioNTech o del vaccino Moderna tra il primo dicembre 2020 e il 15 dicembre 2021. Questo set di dati ha totalizzato quasi 43 milioni di persone, di cui oltre 21 milioni che avevano ricevuto una dose di richiamo di uno qualsiasi dei vaccini Covid-19. Quasi 6 milioni di persone sono risultate positive al Covid-19 prima o dopo la vaccinazione durante il periodo di studio. I dati del database di vaccinazione sono stati quindi incrociati e abbinati con ulteriori dati sulle infezioni Covid-19, sui certificati di ricovero ospedaliero e di morte per lo stesso periodo, dal primo dicembre 2020 al 15 dicembre 2021.

Il rischio miocardite correlata all’infezione è più basso dopo la vaccinazione

Dai risultati è emerso che 2.861 persone, ovvero lo 0,007 per cento, sono state ricoverate in ospedale o sono morte per miocardite durante il periodo di studio di un anno. Le persone che sono state infettate da Covid-19 prima di ricevere qualsiasi dose dei vaccini erano 11 volte più a rischio di sviluppare miocardite durante i giorni 1-28 dopo un test positivo per Covid-19. Il rischio di miocardite correlata all’infezione da Covid-19 è risultato dimezzato tra le persone infettate dopo la vaccinazione. «Non c’è alcun motivo di temere un nuovo richiamo di vaccino anti-Covid», dice Ciro Indolfi, presidente delle Società Italiana di Cardiologia, a pochi giorni dall’inizio dell’ESC 2022, il meeting annuale dell’European Society of Cardiology, che si svolgerà a Barcellona dal 26 al 29 agosto. «Ora abbiamo ulteriori conferme che l’infezione Covid-19 è più pericolosa per il cuore rispetto alla vaccinazione», conclude.

Primo Concorso A.M.M.I. sulla Poesia “LA POESIA E’ LA RIVELAZIONE DELL’ ANIMA”

Con compiacimento vi comunico che  La Sezione A.M.M.I. di Roma, nella ricorrenza del suo 50° anniversario e dell’Interregionale del Centro 2023, ha promosso,  il primo Concorso Nazionale sulla Poesia, con il Patrocinio dell’A.M.M.I. Nazionale,  in memoria della Prof.ssa Marinella Di Conza Russo, già Presidente Nazionale A.M.M.I. Tale iniziativa è stata promossa d’intesa con il fratello di Marinella Avv.to Domenico Di Conza.

In allegato, che vi invito ad attenzionare, troverete tutte le informazioni per la  partecipazione al concorso  la cui scadenza è il 30.11.22.  

Il premio di euro 2.000,00 verrà assegnato al primo classificato nella giornata del 17 .02.23 a Roma .

“La partecipazione al Concorso è gratuita ed è aperta: ai Medici Chirurghi e Odontoiatri , alle mogli dei medici, alle vedove dei medici , alle compagne dei medici , ai Farmacisti ,agli Psicologi e ai Biologi 

Si chiede gentilmente di voler divulgare agli iscritti .

Un plauso alla sezione di Roma per la lodevole iniziativa, patrocinata dall’ Ammi  Nazionale,  promossa in memoria della cara ed indimenticabile Marinella Di Conza già Presidente Nazionale dell’Ammi .

Nel ringraziare per la gentile quanto auspicata collaborazione mi pregio inviare 

Cordiali Saluti 

La Segretaria Nazionale 

Avv .Francesca De Domenico

Covid-19: le mascherine riducono il contagio in maniera considerevole anche se manca la distanza

(da Doctor33)   Un gruppo di ricerca internazionale ha presentato sul ‘Journal of the Royal Society Interface’ un nuovo modello teorico per valutare meglio i rischi di diffusione di virus come COVID-19, con e senza l’uso della mascherina, e ha rilevato come questo dispositivo di protezione possa effettivamente svolgere una funzione molto importante. «Le attuali raccomandazioni e conoscenze sulla trasmissione delle malattie infettive respiratorie sono spesso basate su un diagramma sviluppato dallo scienziato americano William Firth Wells nel 1934. Ma tale modello è molto semplificato e non tiene conto della vera complessità della trasmissione» spiega Jietuo Wang, dell’Università di Padova, primo nome dello studio.     I ricercatori hanno quindi sviluppato un modello più avanzato per dimostrare che è possibile calcolare in modo più efficiente il rischio diretto di diffondere l’infezione includendo una serie di fattori, come la distanza interpersonale, la temperatura, i livelli di umidità, la carica virale e il tipo di espirazione. Il nuovo modello è stato testato utilizzando i dati di recenti esperimenti sulle emissioni di droplet, ovvero le goccioline di saliva, ed è stato possibile dimostrare come cambia il rischio di diffusione dell’infezione indossando o meno una mascherina. Lo studio ha rivelato, per esempio, che una persona che parla senza mascherina può diffondere goccioline infette a un metro di distanza. Se la stessa persona tossisce, le gocce possono essere sparse fino a tre metri e se starnutisce, la distanza di diffusione può arrivare addirittura fino a sette metri. Ma usando una mascherina, ovviamente a condizione che questa sia indossata correttamente, il rischio di diffondere l’infezione diminuisce in modo significativo, tanto che con una mascherina, chirurgica o ancora meglio FFP2, il rischio di infezione si riduce a tal punto da essere praticamente trascurabile.  E questo avviene anche se ci si trova a solo un metro di distanza da una persona infetta, indipendentemente dalle condizioni ambientali e dal fatto che l’individuo parli, tossisca o starnutisca. Il gruppo di ricerca sta ora lavorando a un nuovo studio volto a esplorare la diffusione nell’aria di COVID-19.(Journal of the Royal Society Interface 2022. Doi: 10.1098/rsif.2021.0819  http://doi.org/10.1098/rsif.2021.0819)

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