Stanchi, insoddisfatti e poco pagati, i medici italiani secondo l’indagine Univadis Medscape

(da Univadis)  Quanto guadagnano e quanto amano il proprio lavoro i medici italiani? A distanza di due anni e passata la situazione pandemica, Univadis Medscape Italia torna indagare gli aspetti che riguardano motivazioni e soddisfazioni della classe medica.   L’indagine è stata svolta su un campione di 1169 operatori sanitari impiegati a tempo pieno, ovvero che lavorano in media 44 ore settimanali e una media di 56 pazienti a settimana. Il quadro che emerge trova coerente riscontro nell’attualità raccontata dai media italiani: quella di una sanità pubblica in cui i medici sono stanchi e stressati. 

Secondo i risultati della nuova indagine, infatti, il rapporto con i pazienti e l’amore per il proprio lavoro rappresentano ancora la fonte principale di appagamento e soddisfazione per larga parte dei medici intervistati, ma coesiste anche una crescente fetta di professionisti che ritiene di non guadagnare abbastanza e di non apprezzare più come prima il proprio lavoro, a causa di un maggior carico in termini di ore lavorative, registrato in questi ultimi anni. Il 57% dei rispondenti ha affermato che il carico di lavoro è infatti aumentato e solo nel 27% dei casi è stato assunto nuovo personale all’interno della struttura ospedaliera. Inoltre, se nell’indagine del 2020 la burocrazia era considerata come l’ostacolo principale per i medici (ora viene citata solo dal 17% del campione), nel 2022 è la mancanza di personale ad affliggere chi lavora nel 35% dei casi.   Il malessere è comunque peggiorato dal fatto che l’89% dei medici ritiene di non essere pagato abbastanza. 

I medici italiani guadagnano in media 60.000 euro l’anno, ma esiste una grande differenza tra gli ospedalieri e chi opera soprattutto in ambulatorio, inclusi i medici di medicina generale: se per i primi si arriva in media a 56.000 euro l’anno, chi riceve pazienti in ambulatorio ne guadagna fino a 79.000€, ben 23.000 euro in più. Le donne poi sono una categoria che viene ulteriormente (e severamente) penalizzata: in media guadagnano circa 20.000 euro all’anno in meno dei colleghi uomini, con l’aggravante di pagare spesso anche il conto più salato in termini di equilibrio tra vita privata e professionale. 

Lo scenario è quindi quello di un’insoddisfazione per la propria situazione economica, destinata a crescere anche in considerazione di ulteriori fattori. Da una parte, infatti, risultano scarse le opportunità di guadagno integrativo, inclusi bonus e incentivi ai quali solo un medico su due riesce ad aver accesso. Dall’altra, si è registrato un aumento dell’inflazione – per il 77% dei rispondenti il potere d’acquisto è diminuito rispetto al 2021 , e per il 75% la situazione non migliorerà nei prossimi due anni – così come un aumento delle spese generali, incluse quelle relative al la sottoscrizione di contratti di assicurazione integrativa che i l 73% dei medici dipendenti paga di tasca propria. 

Cause strutturali  –   Malumore e scontento stanno quindi caratterizzando il clima ospedaliero in questo momento: la quasi totalità del campione che lavora nel SSN (più di 8 su dieci) dichiara che nell’ultimo anno lavorare per la sanità pubblica è diventato sempre più difficile. Il 60% dei medici confermerebbe ancora oggi la scelta della propria professione, ma rispetto al 2020 questo dato è calato di 12 punti percentuali.    La pandemia di COVID-19 ha portato a vari cambiamenti negli orari e nei salari, ma non è più la principale fonte di problemi all’interno degli ospedali. Le cause sono più strutturali e organizzative: c’è carenza di personale, bassa sicurezza per i medici, aumento delle aggressioni, diminuzione dei benefici, mentre gli stipendi restano sempre uguali. La conseguenza è che sempre più medici, soprattutto i più giovani, sono spinti ad andare a lavorare all’estero, verso Paesi come Svizzera e Inghilterra. Oppure, per ovviare alle difficoltà, si guarda alla sanità privata, un settore che attira sempre maggiore attenzione (per il 32% del campione), cosi come per la prima volta, abbiamo registrato una consistente percentuale di medici che pensa di mettersi in proprio (17%)”. 

A compensare almeno in parte i sentimenti negativi rimane la centralità e l’importanza della relazione con i pazienti, che per il 31% del campione resta uno degli aspetti più gratificanti del proprio lavoro (nell’indagine 2020 il dato era del 33%). Altri motivi di soddisfazione personale sono la consapevolezza della propria bravura (26%), l’aver contribuito a rendere il mondo un posto migliore (12%) e l’orgoglio di essere medico (9%).   Inoltre, rispetto all’indagine del 2020, un aspetto degno di nota è quello relativo alla telemedicina: nel precedente report si era registrato scettiscismo rispetto all’utilizzo dei nuovi strumenti digitali nell’ambito della salute, mentre adesso risulta in netta crescita chi utilizza strumenti di telemedicina (36%) e ne è soddisfatto (il 71% degli intervistati), tanto che il 20% prevede di estendere la telemedicina alla teleconsultazione (e il 38% ci sta pensando).

Potete visualizzare l’intera indagine al LINK  https://www.medscape.com/slideshow/6016706?src=mkm_ret_221115_mscpmrk_it_globalcompensation&faf=1

Arresto cardiaco: sintomi “premonitori” diversi per uomini e donne

(da Quotidiano Sanità)    Circa una persona su due che va incontro ad arresto cardiaco accusa sintomi significativi 24 ore prima dell’evento. Sintomi che sono diversi tra uomini e donne, con i primi che avvertono dolore al petto e le seconde un’improvvisa mancanza di respiro. Alcuni sottogruppi di entrambi i sessi, invece, accusano palpitazioni, attività simil-convulsivante e sintomi simil-influenzali.  È quanto emerge da una ricerca condotta da scienziati dello Smidt Heart Institute Cedars-Sinai (USA), guidate da Sumeet Chugh, e pubblicata dal ‘The Lancet Digital Health’.

Lo studio     Il team ha preso in considerazione due studi sviluppati dagli stessi ricercatori: lo studio Prediction of Sudden Death in Multi-Ethnic Communities (PRESTO) – condotto in California su 823 persone – e l’Oregon Sudden Unexpected Death Study (SUDS). Entrambe le ricerche hanno raccolto dati dalla comunità per prevedere al meglio l’arresto cardiaco improvviso. In questi studi è stata valutata la presenza dei sintomi individuali e dei sintomi complessivi segnalati prima dell’arresto cardiaco improvviso. Le informazioni raccolte sono state confrontate con quelle ottenute da gruppi di controllo che avevano richiesto assistenza al pronto soccorso.  “Considerare i sintomi premonitori per eseguire il triage potrebbe portare a un intervento precoce e a prevenire la morte”, sottolinea Sumeet Chugh, secondo il quale i risultati della ricerca “potrebbero portare a un nuovo paradigma per la prevenzione della morte cardiaca”.

Lo studio pubblicato dal The Lancet Digital Health apre la strada a ulteriori studi prospettici che potranno combinare i sintomi con altre caratteristiche, per migliorare la previsione dell’arresto cardiaco improvviso.

(https://www.thelancet.com/journals/landig/article/PIIS2589-7500(23)00147-4/fulltext)

Cinquecento professionisti della sanità lasciano l’Italia per i Paesi arabi (dove si guadagnano fino a 20mila euro al mese)

(da Fimmg.org)   Non solo Cristiano Ronaldo, Neymar e l’ex Ct della nazionale Roberto Mancini. Sono oltre 500 i professionisti della sanità che negli ultimi tre mesi hanno deciso di lasciare l’Italia per prestare servizio nei Paese Arabi. Si tratta di 250 medici specialisti, 150 infermieri, 100 tra medici generici, fisioterapisti, farmacisti, podologi e dietisti. Per i medici ci sono salari tra i 14.000 a 20.000 euro, con servizi e casa, inserimento scolastico per i figli, agevolazioni fiscali, burocrazia snella e veloce. Per gli infermieri si va dai 3.000 a 6.000 euro. A calcolarlo sono l’Associazione dei medici di origine straniera in Italia (Amsi) e l’Unione medica euro mediterranea (Umem), secondo cui le specializzazioni più richieste sono dermatologia, chirurgia generale, medicina estetica, ortopedia, gastroenterologia, ginecologia, pediatria, oculistica, emergenza, chirurgia plastica, otorinolaringoiatra, dentisti; oltre agli infermieri specializzati, fisioterapisti, farmacisti e dietisti. Il 90% dei professionisti della sanità in Arabia Saudita è di origine straniera (europei, paesi arabi e africani, indiani, asiatici, cubani, sudamericani), lo stesso vale per gli altri Paesi del golfo.

Entro il 2030 in Arabia Saudita serviranno 44.000 medici e 88.000 infermieri per la crescita del numero della popolazione e l’avanzamento dell’età. Trentamila pazienti dai paesi del golfo vanno a curarsi all’estero (principalmente in Stati Uniti, Inghilterra, Germania e Francia) con una spesa annua più di 20 miliardi. Inoltre, hanno fatto sapere le due associazioni, circa il 10% del Pil dei paesi del golfo è dedicato alla sanità ,servizi e industria sanitaria con ospedali e cliniche private all’avanguardia. Per la ricerca dei professionisti della sanità in Arabia Saudita ci sono più di 3000 siti Facebook, Telegram ed altri canali come mediatori.

Sistema Tessera Sanitaria, entro il 2 ottobre l’invio dei dati per il primo semestre 2023

(da DottNet)     Il 30 settembre scade il termine per inviare le spese sanitarie relative al primo semestre 2023. Termine che slitta al 2 ottobre, lunedì.  Si ricorda che dal 2023 è possibile accedere anche con SPID e CIE, oltre che con le proprie credenziali del Sistema Tessera Sanitaria.  Entro quella data si inviano al Sistema Tessera Sanitaria i dati del primo semestre 2023; mentre, entro il 31 gennaio 2024 si invieranno quelli relativi al secondo semestre 2023. La cadenza della trasmissione è libera e può avvenire anche giornalmente, settimanalmente, mensilmente o semestralmente. Inoltre entro il 31 ottobre, chi interessato, dovrà regolarizzare il mancato o tardivo invio della comunicazione dei dati negli anni pregressi fino a quelle riferite al primo semestre 2022 utilizzando la sanatoria per le irregolarità formali.

Nel caso in cui la mole dei dati sia consistente si consiglia di procedere con più invii antecedenti alla scadenza semestrale, in quanto il file di invio ha un limite massimo di dimensioni pari a 5Mb. In caso di errato, omesso o tardivo invio è prevista una sanzione pari ad euro 100,00 per ogni documento di spesa errata (senza possibilità di applicare il cumulo giuridico) con un massimo di euro 50.000,00.  Il calendario delle comunicazioni dei dati al sistema tessera sanitaria si presenta secondo il seguente prospetto:

PRIMO SEMESTRE 2023   >>>>>  entro il 2 Ottobre 2023

SECONDO SEMESTRE 2023  >>>>> entro il 31 gennaio 2024

DAL 1 GENNAIO 2024  >>>> entro la fine del mese successivo alla data di emissione 

È possibile effettuare la trasmissione dei dati secondo le seguenti modalità:

• utilizzo di una pagina web dedicata sul sito www.sistemats.it, per l’inserimento manuale di ogni singola spesa;

• trasmissione puntuale di ogni singola spesa, effettuata dal proprio software gestionale mediante il webservice sincrono;

• trasmissione massiva di un file Xml, contenente uno o più documenti, effettuata dal proprio software gestionale mediante il webservice asincrono.

Particolarmente rigoroso risulta essere il trattamento sanzionatorio in caso di eventuali violazioni dell’obbligo in commento. L’art. 3, comma 5-bis, del D.lgs. n. 175/2014 prevede quanto segue:

– in caso di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati si applica la sanzione di 100 euro per ogni comunicazione fino a un massimo di 50.000 euro;

– nei casi di errata comunicazione dei dati la sanzione non si applica se la trasmissione dei dati corretti è effettuata entro i 5 giorni successivi alla scadenza, ovvero, in caso di segnalazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, entro i 5 successivi alla segnalazione stessa;

– la comunicazione correttamente trasmessa entro 60 giorni dalla scadenza prevista comporta la riduzione della sanzione a un 1/3 con un massimo di 20.000 euro.

È da tenere in debita considerazione il documento di prassi n. 22/2022 dell’Agenzia delle Entrate che ha chiarito il concetto di “comunicazione” contenuto nella norma sanzionatoria, stabilendo che debba riferirsi ad ogni singolo documento di spesa errato, omesso, o tardivamente inviato al Sistema tessera sanitaria, a nulla rilevando il mezzo di trasmissione (uno o plurimi file), o il numero di soggetti cui i documenti si riferiscono. Vale a dire, la sanzione di 100 euro si applica per ogni singolo documento di spesa, senza possibilità, per espressa previsione normativa, di applicare il cumulo giuridico di cui all’articolo 12 del d.lgs. n. 472/1997.

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