Cassazione: è sempre obbligatorio versare alla propria Cassa

(da enpam.it)    La sezione Lavoro della Suprema corte ha rimarcato la legittimità delle norme che regolano il pagamento dei contributi minimi agli Enti di previdenza dei professionisti.   Con sentenza 4568/2021 dello scorso 19 febbraio, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un geometra contro la sentenza della Corte di appello di Firenze, che validava una cartella con la quale la Cassa professionale aveva preteso i contributi relativi a un periodo di quattro anni (dal 2008 al 2012), durante i quali il contribuente aveva svolto attività professionale, senza però essere iscritto all’ente di previdenza.   Superando un precedente orientamento (espresso con la sentenza 5375/2019), i giudici di legittimità hanno stabilito che l’iscrizione all’albo professionale è condizione sufficiente al fine dell’obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa. Inoltre, l’ipotetica natura occasionale dell’esercizio della professione è irrilevante ai fini dell’obbligatorietà dell’iscrizione e del pagamento della contribuzione minima.  Ne deriva, secondo la Corte, che per i soggetti tenuti all’iscrizione alla Cassa non è rilevante la mancata produzione effettiva di reddito professionale, essendo comunque dovuto un contributo minimo.  La sentenza ha quindi sottolineato la potestà regolamentare delle Cassa privatizzate nel tracciare i criteri per l’obbligatorietà dell’iscrizione e dunque per il versamento del contributo minimo, che può essere disposto anche in assenza di reddito, a seguito della mera iscrizione all’albo professionale.  Anche l’aver lavorato per i parenti non esime l’iscritto dai versamenti.  In merito, infatti, la Corte ha ribadito come il principio fondamentale che determina l’obbligo di contribuzione sia quello della oggettiva riconducibilità delle attività svolte alla professione, a prescindere dall’assenza di reddito e dall’ambito familiare in cui l’attività si è svolta.