Covid-19, Cricelli (Simg): no al criterio dell’età. Le nostre proposte per stabilire chi vaccinare prima
(da Doctor33) Per individuare le categorie da vaccinare per prime contro il Covid-19 è erroneo usare il criterio dell’età e della fragilità ad essa presumibilmente legata. I decessi arrivano tra i pazienti vulnerabili a partire dai 60 anni, (qualcosa di meno tra i maschi), affetti da malattie croniche la cui gravità, pur in parte legata all’età, è intercettabile e misurabile dal medico di famiglia. A quest’ultimo, più che alle tabelle ministeriali, andrebbe quindi affidato il compito di individuare i soggetti vulnerabili da avviare per primi alla vaccinazione. Lo spiega Claudio Cricelli presidente della Società italiana di medicina generale-Simg in una lettera al ministro della Salute Roberto Speranza dove chiede tra l’altro di consentire ai medici di famiglia di “utilizzare e prescrivere tutte le risorse terapeutiche e tutti i farmaci – ad esempio per diabete e Bpco – sinora riservati alla prescrizione degli specialisti” in quanto a tutti i malati cronici andrebbe garantito il diritto di accesso “attraverso il loro Mmg a farmaci e terapie indispensabili per la buona cura delle cronicità e fortemente protettivi e decisivi contro Covid 19”.
Utilizzando i dati relativi ad ospedalizzazioni e decessi per Covid relativi a un campione di 5 milioni di assistiti, la Simg in un Rapporto steso con ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ha operato il procedimento inverso a quello del ministero della Salute, che aveva diviso in sei categorie sulla base delle statistiche anagrafiche i pazienti sui quali intervenire con i vaccini dopo gli over 80 anni. L’idea “governativa” di dare la precedenza alle persone estremamente vulnerabili per danno d’organo o patologia grave, poi ai 70-79enni, di qui ai malati cronici e infine ai 65-69enni e al resto della popolazione, fa in realtà riferimento alle liste anagrafiche e alla presunzione di una generica fragilità legata ad età, sesso e al più a patologie intercorrenti visualizzate nelle banche dati assistito delle (poche) regioni che le hanno. “In Simg abbiamo fatto il percorso contrario, siamo andati a vedere quali patologie pregresse avevano i nostri pazienti che una volta contratto il coronavirus hanno sviluppato malattia grave e sono stati ospedalizzati, costruendo un nesso causa-effetto non presuntivo, ma legato a reali situazioni di vulnerabilità che hanno portato ad un maggior rischio reale e ad una maggiore letalità Covid correlata”, spiega Cricelli a Doctor 33. A Speranza sono stati inoltrati dati di Health Search, il database dei medici Simg, sugli impatti delle malattie croniche su mortalità ed ospedalizzazione, dalla cui pesatura origina un indice di morbidità molto sofisticato ma agevole da calcolare che tiene conto dell’osservazione diretta della popolazione degli studi dei medici di famiglia.
“Non serve una classica classificazione del rischio ma un’analisi su eventi reali. I fattori di rischio che abbiamo riscontrato sui nostri pazienti Covid-19 – diabete, obesità, e poi altre patologie croniche – non sono esattamente le stesse malattie citate dalle raccomandazioni ad interim del Ministero né sono sovrapponibili alle sei categorie ministeriali. Non alla prima, che riguarda malati con danno d’organo molto grave e compromissione del sistema immunitario, situazioni circoscritte (e talora fuori del raggio della medicina generale ndr), né alle altre categorie, scalate per età”. Seguendo il ragionamento di Cricelli, le categorie di vulnerabilità Simg non sono del tutto sovrapponibili nemmeno alla quarta categoria che inquadra 11 milioni di 16-69enni con generiche cronicità acclarate da esenzioni, con presunto rischio aumentato se infettati da Covid-19. “La nostra sorveglianza deve orientarsi a tutta la popolazione generale”, sintetizza Cricelli. “Solo noi possiamo sapere se un sessantenne con quattro patologie recenti e un’esenzione in fieri sia più vulnerabile di un assistito ugualmente cronico con qualche anno in più e debba avere la precedenza nel vaccino”. Cricelli nella lettera chiede dunque al Ministro di fornire indicazioni per inserire tra le priorità nel piano vaccinale i pazienti che al rischio costituito da età, sesso, mono o plurimorbilità correli quello di “vulnerabilità e letalità per Covid 19 riscontrato a partire dai dati su ospedalizzazioni e decessi, facilmente calcolabile dai Software di cartella clinica di oltre 29 mila medici italiani”.
Quella di Simg non è la sola richiesta di modificare le priorità sancite dal Ministero giunta in questi giorni dal mondo medico. Un gruppo di studio dell’Università di Milano Bicocca guidato dal professor Gianni Corrao ordinario di Statistica medica ha calcolato l’indice di fragilità che correla a un maggior rischio di letalità da Covid incrociando le categorie a rischio per una o più patologie croniche censite dalle banche dati assistito di Lombardia, Sicilia, Valle d’Aosta, Puglia e Marche, un totale di 16 milioni di abitanti, censendo anche i tamponi, i ricoveri e i decessi per Covid, quindi con un percorso in parte simile a quello Simg. Ha così identificato 23 condizioni patologiche a maggior rischio, tra le quali se ne evidenziano alcune non esplicitate nelle tabelle ministeriali ma ugualmente letali quali epilessia e Parkinson, attuale terapia con oppioidi, fragili in trattamento per disturbi mentali, malattie che richiedono trattamenti prolungati con corticosteroidi, artrite reumatoide, lupus, anemia, gotta. Infine, il presidente della Società italiana di cardiologia, professor Ciro Indolfi, chiede di mettere in prima fila i malati cardiologici, oncologici ed ematologici, sia perché talora grandi dimenticati a causa dell’emergenza Covid, sia perché una ricerca della Società europea di cardiologia conferma come i pazienti con insufficienza cardiaca, avendo rischio doppio, risulterebbero prioritari rispetto agli altri pazienti cardiologici.