Lombalgia cronica, pubblicate dall’OMS le linee guida per la gestione in assistenza primaria e di comunità

(da Doctor33)   L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) pubblica le sue prime linee guida in assoluto sulla gestione della lombalgia (LBP, low back pain) nelle strutture di assistenza primaria e comunitaria, elencando gli interventi che gli operatori sanitari devono utilizzare o meno durante le cure di routine. La lombalgia – riporta il documento – è la principale causa di disabilità a livello globale. Nel 2020, circa 1 persona su 13, pari a 619 milioni di persone, hanno sperimentato LBP, con un aumento del 60% rispetto al 1990. Si prevede che i casi di LBP saliranno a circa 843 milioni entro il 2050. Gli impatti e i costi personali e comunitari associati alla LBP sono particolarmente elevati per le persone che sperimentano sintomi. La lombalgia primaria cronica si riferisce al dolore che dura per più di 3 mesi e che non è dovuto a una malattia sottostante o a un’altra condizione; rappresenta la stragrande maggioranza della presentazione della lombalgia cronica nelle cure primarie, comunemente stimata per rappresentare almeno 90% dei casi. Per questi motivi, l’OMS sta emanando linee guida sulla lombalgia primaria cronica.

«Per raggiungere una copertura sanitaria universale, il problema della lombalgia non può essere ignorato, in quanto è la principale causa di disabilità a livello globale» ha affermato Bruce Aylward, vicedirettore generale dell’OMS, Universal Health Coverage, Life Course. «I Paesi possono affrontare questa sfida onnipresente ma spesso trascurata incorporando interventi chiave e realizzabili, rafforzando i loro approcci all’assistenza sanitaria di base».

Con queste linee guida, l’OMS raccomanda interventi non chirurgici per aiutare le persone che soffrono di lombalgia primaria cronica. Questi interventi includono:
1) programmi educativi che supportino la conoscenza e le strategie di cura di sé;
2) programmi di esercizi;
3) alcune terapie fisiche, come la terapia manipolativa spinale e il massaggio;
4) terapie psicologiche, come la terapia cognitivo-comportamentale; 5) farmaci, come quelli antinfiammatori non steroidei (FANS).

Le linee guida delineano i principi chiave dell’assistenza per gli adulti con lombalgia primaria cronica, raccomandando che sia olistica, centrata sulla persona, equa, non stigmatizzante, non discriminatoria, integrata e coordinata. L’assistenza deve essere personalizzata per affrontare il mix di fattori (fisici, psicologici e sociali) che possono influenzare l’esperienza cronica di lombalgia primaria nel paziente. In un paziente potrebbe essere necessaria una serie di interventi per affrontare in modo olistico la lombalgia primaria cronica, piuttosto che singoli interventi usati in modo isolato.

Le linee guida delineano anche 14 interventi che non sono raccomandati per la maggior parte delle persone nella maggior parte dei contesti. Questi interventi non dovrebbero essere offerti di routine, poiché la valutazione dell’OMS delle prove disponibili indica che i potenziali danni probabilmente superano i benefici. L’OMS sconsiglia interventi come: 1) tutori, cinture e/o supporti lombari; 2) alcune terapie fisiche, come la trazione su una parte del corpo; 3) alcuni farmaci, come gli antidolorifici oppioidi, che possono essere associati a sovradosaggio e dipendenza.

La lombalgia è una condizione comune sperimentata dalla maggior parte delle persone a un certo punto della vita. Nel 2020, il LBP ha rappresentato l’8,1% di tutte le cause di anni vissuti con disabilità a livello globale. Tuttavia, le linee guida per la gestione clinica sono state sviluppate prevalentemente nei Paesi ad alto reddito. Per le persone che provano dolore persistente, la capacità di partecipare alle attività familiari, sociali e lavorative è spesso ridotta, potendo influire negativamente sulla salute mentale e comportare costi sostanziali per le famiglie, le comunità e i sistemi sanitari. I Paesi potrebbero aver bisogno di rafforzare e trasformare i loro sistemi e servizi sanitari per rendere disponibili gli interventi raccomandati, accessibili e accettabili attraverso la copertura sanitaria universale, interrompendo al contempo l’erogazione di routine di determinati interventi. Il successo dell’attuazione delle linee guida si baserà su messaggi di salute pubblica relativi all’assistenza appropriata per il LBP, costruendo la capacità di forza lavoro per affrontare la cura della lombalgia cronica, adattando gli standard di assistenza e rafforzando l’assistenza sanitaria di base, compresi i sistemi di invio agli specialisti. «Affrontare la lombalgia cronica richiede un approccio integrato e centrato sulla persona. Ciò significa considerare la situazione unica di ogni persona e i fattori che potrebbero influenzare la loro esperienza del dolore» ha affermato Anshu Banerjee, direttore dell’OMS per la salute materna, neonatale, infantile e adolescenziale e l’invecchiamento. «Stiamo utilizzando questa linea guida come strumento per supportare un approccio olistico alla cura del dolore da lombalgia cronica e per migliorare la qualità, la sicurezza e la disponibilità delle cure».

La lombalgia influisce sulla qualità della vita ed è associata a comorbilità e rischi di mortalità più elevati. Individui che soffrono di lombalgia cronica. Soprattutto le persone anziane, hanno maggiori probabilità di essere in povertà, uscire prematuramente dall’attività lavorativa e accumulare meno risorse per la pensione. Allo stesso tempo, le persone anziane hanno maggiori probabilità di andare incontro a eventi avversi correlati agli interventi, rafforzando l’importanza di adattare l’assistenza alle esigenze di ogni singola persona. Affrontare la lombalgia cronica tra le popolazioni più anziane può facilitare un invecchiamento sano, in modo che le persone anziane abbiano la capacità funzionale di mantenere il proprio benessere.

( https://www.who.int/publications/i/item/WHO-FWC-ALC-19.1
https://iris.who.int/bitstream/handle/10665/374726/9789240081789-eng.pdf )

La sedentarietà è legata al rischio di demenza

(da Univadis)  Il comportamento sedentario è legato alle malattie cardiometaboliche e alla mortalità, ma la sua associazione con la demenza non è chiara. Secondo uno studio retrospettivo su dati raccolti prospetticamente dalla UK Biobank, sono stati inclusi 49.841 adulti di 60 anni o più (follow-up medio, 6,72 anni) che hanno indossato un accelerometro al polso 24 ore al giorno per una settimana. L’apprendimento automatico è stato utilizzato per calcolare il tempo di sedentarietà in base alle letture dell’accelerometro. Il sonno non è stato considerato come tempo di sedentarietà.

I risultati hanno mostrato che, rispetto alle 9,27 ore al giorno di sedentarietà, il rischio di demenza aumentava dell’8% con 10 ore al giorno (hazard ratio aggiustato [aHR] 1,08 [1,04-1,12]; p<0,001) e del 63% con 12 ore al giorno (aHR 1,63 [1,35-1,97]; p<0,001). In particolare, quando gli individui si dedicavano a 15 ore di sedentarietà al giorno, il rischio di demenza era più che triplicato (aHR 3,21 [2,05-5,04]; p<0,001).

(Raichlen DA, Aslan DH, Sayre MK, et al. Sedentary behavior and incident dementia among older adults. JAMA. 2023;330(10):934-940. doi:10.1001/jama.2023.15231    https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2809418)

Sima, da surriscaldamento globale effetti sulla salute umana

(da DottNet)  L’aumento delle temperature “ha effetti diretti sulla salute umana e incrementa il rischio di malattie trasmesse attraverso acqua, cibo, insetti e parassiti”.    Lo affermano gli esperti della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), commentando l’allarme lanciato da Copernicus secondo cui il 2023 si conferma l’anno più caldo mai registrato a partire dal 1850.   “Il surriscaldamento globale altera l’equilibrio di tutti gli ecosistemi minacciando gli elementi essenziali della vita umana come acqua, aria e cibo, e modifica la frequenza e la distribuzione di molte malattie infettive – spiega Sima – L’aumento delle temperature medie crea le condizioni ideali per la trasmissione di molteplici agenti patogeni: grazie alla maggiore umidità proliferano ad esempio zecche, zanzare e parassiti che diffondono malattie anche gravi come il virus Zika, la febbre dengue e la malaria. 

Ma a crescere è anche il rischio di malattie idrotrasmesse: piogge intense e alluvioni, eventi direttamente connessi al cambiamento climatico, fanno straripare corsi d’acqua e mandano in tilt le reti fognarie, diffondendo tra la popolazione agenti virali quali virus delle epatiti A ed E, Enterovirus, Adenovirus, Norovirus, Rotavirus, contaminando anche la catena alimentare”.    E proprio sul fronte del cibo, “l’innalzamento delle temperature medie incrementa la sopravvivenza delle cisti di protozoi patogeni e i batteri responsabili di alcune sindromi gastroenteriche, anche a causa della contaminazione di alcuni prodotti alimentari, come ad esempio i prodotti ittici”.    A tali fenomeni “si associa quello psicologico, che non deve essere sottovalutato – afferma il presidente Sima, Alessandro Miani – E’ stato di recente coniato il termine ‘solastalgia’ per indicare proprio l’angoscia provocata dal drastico cambiamento del clima: gli eventi climatici estremi provocano uno stato di stress e ansia tra i cittadini più vulnerabili che può sfociare in disturbi post-traumatici e addirittura in suicidi”.

Chi si muove si ama!

(da salute.regione.emilia-romagna.it)  “Chi si muove, si ama!” è il titolo della campagna promossa dalla Wellness Foundation insieme alla Regione Emilia-Romagna nell’ambito del Piano regionale della Prevenzione 2021-2025. Avviata in Romagna nel 2023 grazie alla collaborazione con gli Ordini dei Medici e gli Ordini dei Farmacisti di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, Agifar e con il supporto dell’Azienda Usl Romagna, l’iniziativa è rivolta alla popolazione nella fascia 40-60 anni e mira ad estendersi nel 2024 su tutto il territorio regionale.  L’obiettivo è di promuovere la pratica dell’attività fisica come strumento di miglioramento della qualità della vita e prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili.  L’attività fisica regolare offre, infatti, numerosi benefici per la salute, aiuta a prevenire patologie croniche come ipertensione, cancro, diabete di tipo 2 e osteoporosi e favorisce uno stile di vita autonomo e in salute a lungo termine. Praticare attività fisica ha, inoltre, anche un impatto positivo sul benessere mentale, aiutando a ridurre lo stress e l’ansia.

Cinque buone abitudini quotidiane
• Dedica 30 minuti al giorno all’attività fisica
• Muoviti a piedi o in bici ogni volta che puoi
• Usa le scale invece dell’ascensore
• Fai una passeggiata dopo pranzo o cena
• Evita di stare seduto per ore senza alzarti

 Per approfondire:

• la campagna “Chi si muove si ama!” presentata sul sito della Wellness Foundation
• la Mappa della Salute, una serie di reti e alleanze per promuovere sul territorio il movimento, l’alimentazione sana e i centri antifumo.

La campagna è partita nel 2023 dalla Romagna coinvolgendo Medici di medicina generale, farmacie, Palestre della Salute, Gruppi di cammino: una rete per offrire alle persone informazioni, consigli e opportunità per restare in salute. L’intento per il 2024 è estendere su scala regionale l’approccio e i materiali dell’iniziativa (almeno un Distretto socio-sanitario per ogni Azienda Usl), coinvolgendo anche i Medici competenti per proporre i contenuti anche nei luoghi di lavoro.

link alla pagina ufficiale della campagna

Bambini all’aperto, nessun problema

(da AdnKronos Salute)    L’arrivo di temperature più rigide non è un problema per i bambini più piccoli che, con le giuste precauzioni, “devono poter fare le loro passeggiate: non è certo una controindicazione farli uscire quando è più freddo fuori. Mi spaventa di più che i piccoli siano tenuti lungamente in un ambiente chiuso, magari con una temperatura che va abbondantemente sopra i 20 gradi, che è una cosa non fisiologica nel periodo invernale”. Lo spiega all’Adnkronos Salute Rino Agostiniani, vicepresidente della Società italiana di pediatria (Sip), mentre le previsioni meteo annunciano l’inverno ‘vero’ in arrivo in Italia nei prossimi giorni.

Quindi i piccoli, “coperti bene rispetto al clima, devono poter assolutamente andare fuori all’aria aperta. In questo periodo non ci si ammala perché si è preso un po’ freddo, ma perché, nelle forme respiratorie, qualche altro essere umano ci trasmette l’agente infettivo. Vediamo che spesso i genitori hanno questi timori. ‘Coprilo altrimenti si ammala’, ‘tienilo dentro casa per non farlo raffreddare’. Sono frasi che sentiamo spesso rispetto al bambino. Ma non è così che ci si ammala. Il problema è il contagio. Quindi tenerlo a lungo in posti chiusi è più rischioso”.

Agostiniani ricorda che, in ogni caso, “noi siamo un Paese mediterraneo, non abbiamo temperature estreme e anche le modalità con le quali devono essere coperti i bambini deve essere adeguata”. L’esperienza del pediatra, però, evidenzia che i genitori italiani – “ma soprattutto le nonne” – tendono a coprire molto. “A volte, scherzando, dico ai genitori: ‘ma voi andreste a giro in città vestiti da sci?’ Lo dico quando vedo dei bambini completamente rinchiusi in quelle tute in cui si vedono solo gli occhi ed è assolutamente un eccesso. In questo modo – conclude – si crea una situazione sfavorevole. Il bambino suda e allora invece di proteggerlo dal freddo lo metto nella condizione di disagio dovuto al troppo caldo”.

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