Dati ISTAT, cresce la spesa sanitaria a carico delle famiglie senza controlli sull’appropriatezza

(da Univadis)   La spesa privata per previdenza e assistenza sanitaria continua a crescere, e con essa aumentano le disuguaglianze sociali: il preoccupante dato è stato confermato nel corso delle recenti audizioni da parte della Commissione affari sociali del Senato di alcuni esperti dell’ISTAT.    Cristina Freguja, della Direzione centrale per le statistiche sociali e il welfare dell’istituto di statistica sottolinea che la spesa privata non è distribuita equamente in modo trasversale, ma grava soprattutto sulle fasce più deboli. In questo scenario già squilibrato, le assicurazioni private sono appannaggio quasi esclusivamente delle fasce di reddito più alte, che beneficiano di un welfare aziendale privato di cui non beneficiano i lavoratori a basso reddito.

Le molte voci di spesa per le famiglie         Nel 2021, la spesa sanitaria complessiva – pubblica e privata – ammontava a circa 168 miliardi di euro: per i tre quarti a carico del pubblico (75,6%), per il 21,8% a carico direttamente delle famiglie e per il 2,7% sostenuta dai regimi di finanziamento volontari, ha spiegato Freguja nella sua relazione, riportando i dati più aggiornati disponibili a oggi.   Tra il 2012 e il 2021 la spesa sanitaria pubblica è cresciuta in media dell’1,8% all’anno. Con la pandemia, ha subito un significativo aumento nel 2020 e nel 2021, attestandosi rispettivamente a 121 e 127 miliardi.   Sempre tra il 2012 e il 2021 a spesa direttamente a carico delle famiglie ha registrato un aumento medio dell’1,7% all’anno, raggiungendo nel 2021 i 36,5 miliardi.    Le principali voci di spesa per le famiglie riguardano l’assistenza ambulatoriale per cura e riabilitazione (il 36,5%), l’acquisto di prodotti farmaceutici e altri presidi medici non durevoli (29,3%), l’assistenza (sanitaria) ospedaliera a lungo termine e l’acquisto di apparecchi terapeutici e altri presidi medici durevoli (per entrambe queste ultime due voci l’incidenza è pari al 10,4%).    Quanto alla spesa per i regimi di finanziamento volontari, nel 2021 ha raggiunto i 4,5 miliardi, di cui circa 3,4 per le assicurazioni sanitarie volontarie, con un aumento medio pari al 2,9% annuo. Quasi due terzi della spesa (62,3%) copre l’assistenza ambulatoriale per cura e riabilitazione e il 17,9% le spese per apparecchi terapeutici ed altri presidi medici durevoli.  Nel 2021, il 38% della spesa complessiva per assistenza sanitaria ospedaliera a lungo termine è stata sostenuta dalle famiglie. È da evidenziare, inoltre, che quest’ultima incide per il 76,7% sull’acquisto di apparecchi terapeutici ed altri presidi medici durevoli e per il 36,4% sulla spesa complessiva per prodotti farmaceutici e altri presidi medici non durevoli.   A questo aggravio della spesa per le famiglie si è purtroppo accompagnata la rinuncia a prestazioni sanitarie necessarie, che è passata dal 6,3% nel 2019 al 9,6% nel 2020, fino a raggiungere l’l’11,1% nel 2021, spiega ancora Freguja, secondo la quale alcune stime segnalano un’inversione di tendenza nel 2022, con un ritorno a quote osservate negli anni precedenti la pandemia, anche se rispetto al passato emerge oggi un’inequivocabile barriera all’accesso costituita dalle lunghe liste di attesa.

Il privato fa concorrenza al pubblico       Quando la cosiddetta “riforma Bindi” introdusse i principi dei livelli essenziali di assistenza (LEA) per cui ogni Regione, pur nella sua autonomia, doveva assicurare ai cittadini un paniere di prestazioni ritenute essenziali per la salute, era già chiaro che alcune prestazioni sarebbero state demandate alla copertura di forme integrative, da creare di lì a poco, ha aggiunto Alessandro Solipaca, del Dipartimento disabilità e integrazione sociale dell’ISTAT. Però questo non è accaduto, e gli attesi fondi non si sono mai costituiti e, soprattutto, non hanno operato nello spirito della legge, ovvero coprendo le prestazioni sanitarie non essenziali.     E mentre la spesa sanitaria pubblica è cresciuta lentamente negli anni, quella privata è cresciuta più rapidamente, con le Regioni gravate da deficit sempre più ingenti che hanno aumentato l’importo dei ticket richiesti al cittadino-contribuente, che oggi in molti casi eguagliano il prezzo della prestazione presso una struttura privata.   Anche questo ha favorito all’aumento della spesa privata, con una dinamica nota. Per contrastarla, occorrerebbe rilanciare i fondi integrativi al fine di controllare la spesa privata. Secondo Solipaca i fondi assicurativi integrativi potrebbero favorire l’emersione delle prestazioni oggi erogate in nero e contrastare le prestazioni inappropriate, già tra le priorità ai tempi della riforma Bindi.   “Oggi la spesa privata non trova intermediazione, questo non risponde ai parametri di serietà e correttezza” ha commentato il presidente della commissione Francesco Zaffini, di Fratelli d’Italia, che ha annunciato l’intenzione di predisporre nel giro dei prossimi mesi una proposta di riordino delle forme integrative di previdenza e di assistenza sanitaria nel quadro dell’efficacia complessiva di welfare e di tutela della salute: “C’è da un lato il Fondo sanitario nazionale che pesa oggi intorno ai 127 miliardi di euro, e che ovviamente è intermediato dalla presenza dello Stato nell’erogazione delle prestazioni sanitarie; dall’altro c’è una spesa privata che oggi pesa intorno a 40-45 miliardi, ma qualcuno dice anche di più, che trova intermediazione per una misura irrilevante, intorno al 4-5%. Questa cosa non è possibile e non risponde ai parametri degli altri Paesi UE, ma soprattutto non risponde ai parametri di serietà e correttezza. La sanità integrativa non deve fare concorrenza alla sanità pubblica, ma nello stesso tempo deve garantire prestazioni importanti, pensiamo alle cure odontoiatriche”.

Regione E/R: Incarichi provvisori, a tempo determinato o per sostituzione in medicina generale e pediatria di libera scelta – graduatorie aziendali: avvisi e moduli

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Si comunica che sul BUR – parte terza – n. 87 del 31 marzo 2023 sono pubblicati gli avvisi relativi agli incarichi vacanti – per l’anno 2023 – per:

  • medici del ruolo unico di assistenza primaria a ciclo di scelta (ex Assistenza Primaria);
  • medici del ruolo unico di assistenza primaria a rapporto orario (ex Continuità Assistenziale);
  • pediatri di libera scelta.

E’, inoltre, pubblicato l’avviso relativo agli incarichi vacanti per il settore emergenza sanitaria territoriale riguardante il 1° semestre 2023.  

La compilazione e l’invio delle domande dovrà avvenire esclusivamente in modalità “on line”, mediante l’utilizzo del programma informatico appositamente sviluppato, che consente la ricezione e la gestione delle domande in via telematica e disponibile al seguente link:

Altre modalità di trasmissione saranno ritenute causa di esclusione della domanda.

Si evidenzia che gli avvisi di pubblicazione contengono già le date di convocazione per l’assegnazione degli incarichi vacanti, nonché le indicazioni relative alle modalità di scaglionamento orario di convocazione. 

Il termine per la presentazione delle domande è il 20 aprile 2023

Si allegano gli avvisi, gli allegati riguardanti gli incarichi vacanti, la “guida all’utilizzo” del programma informatico.

Cordiali saluti. 

Alfonso Buriani

Il passo indietro del Servizio Sanitario Nazionale, corre il privato

(da DottNet)  l Servizio Sanitario Nazionale dispone di oltre 214 mila posti letto per degenza ordinaria, di cui il 20,5% nelle strutture private accreditate. A livello nazionale sono disponibili 4,0 posti letto ogni 1.000 abitanti. Questi alcuni dei dati, relativi al 2021, evidenziati nell’ultima edizione dell’Annuario statistico del Servizio Sanitario Nazionale (LINK al documento completo a fine articolo), realizzato dall’Ufficio di statistica del Ministero della Salute. La pubblicazione presenta i dati statistici sulle strutture della rete di offerta sanitaria e sui servizi connessi, sulle caratteristiche organizzative, sui fattori produttivi e i dati sull’attività di assistenza territoriale e ospedaliera. Le informazioni vengono elaborate sulla base dei flussi informativi rilevati in base al D.M. 5 dicembre 2006 “Variazione dei modelli di rilevazione dei dati delle attività gestionali delle strutture sanitarie”, che disciplina la trasmissione dei dati da Regioni e Province autonome al Ministero della Salute.

L’assistenza ospedaliera    Nel 2021 l’assistenza ospedaliera si è avvalsa di 995 istituti di cura, di cui il 51,4% pubblici e il rimanente 48,6% privati accreditati. Il 63,6% delle strutture pubbliche è costituito da ospedali direttamente gestiti dalle Aziende Sanitarie Locali, il 10,4% da Aziende Ospedaliere e il restante 26,0% dalle altre tipologie di ospedali pubblici. Il Servizio Sanitario Nazionale dispone di oltre 214 mila posti letto per degenza ordinaria, di cui il 20,5% nelle strutture private accreditate, 12.027 posti per day hospital, quasi totalmente pubblici (88,6%) e di 8.132 posti per day surgery in grande prevalenza pubblici (76,7%). A livello nazionale sono disponibili 4,0 posti letto ogni 1.000 abitanti, in particolare i posti letto dedicati all’attività per acuti sono 3,4 ogni 1.000 abitanti. Nell’analizzare i dati dell’assistenza ospedaliera occorre tenere presente l’impatto che l’emergenza pandemica ha avuto in alcune regioni, che ha comportato la riorganizzazione delle strutture e delle attività ospedaliere. Nell’Annuario è stato inserito, come per il 2020, un focus specifico relativo ai posti letto e alle strutture dedicate all’assistenza dei pazienti Covid-19. E dopo il Covid si torna a tagliare: Rispetto a 10 anni fa tra pubblico e privato sono stati tagliati 5.818 letti tra degenze ordinarie, day hospital e day surgery. Merito del 2020 quando con lo scoppio della pandemia c’è stato un elevato aumento di posti. Ma è da notare che in appena un anno, passato il momento più duro del Covid, ne sono stati tagliati 20 mila: nel 2020 i posti letto erano 257.977 contro i 236.481 del 2021

Le strutture per l’assistenza specialistica ambulatoriale erano 9.481 nel 2011 e sono scese a 8.778 dieci anni dopo. In crescita, ma solo grazie al privato quelle di assistenza Territoriale Residenziale che a fronte delle 6.383 strutture presenti nel 2011 ne conta 7.984 nel 2021 (pubbliche sono appena il 16,5%). Stesso trend per quanto riguarda le strutture di assistenza territoriale semi residenziale che vede crescere le strutture: erano 2.694 nel 2010 e sono 3.005 nel 2021. Stesso dicasi per la Riabilitativa che da 993 strutture è passata 1.154. In crescita anche i numeri per l’altra assistenza territoriale. Ma ciò che più fa effetto è che i tagli hanno riguardato il settore pubblico che nel 2021 annovera il 43% delle strutture totali contro il 46,1% di 10 anni prima.

L’assistenza distrettuale: medici di medicina generale e pediatri di libera scelta. Numeri in calo     L’assistenza distrettuale, che coordina e integra tutti i percorsi di accesso ai servizi sanitari da parte del cittadino, si avvale soprattuttos dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. In media a livello nazionale ogni medico di base ha potenzialmente come pazienti 1.295 adulti residenti. A livello regionale esistono notevoli differenziazioni. l numero medio potenziale per pediatra è a livello nazionale di 985 bambini, con un’ampia variabilità territoriale (da un valore di 842 bambini per pediatra in Puglia a 1.262 bambini per pediatra nella Provincia Autonoma di Bolzano).  Il contratto dei medici di medicina generale e di pediatria prevede, salvo eccezioni, che ciascun medico di medicina di base assista al massimo 1.500 pazienti adulti (di età superiore ai 13 anni) e ciascun pediatra 800 bambini (di età compresa fra 0 e 13 anni). I medici di famiglia dai 46.061 che erano nel 2011 sono diventati 40.250 nel 2021 (-5.811). In calo anche i pediatri (-694 in 10 anni per un totale nel 2021 di 7.022 unità). In frenata anche i medici di continuità assistenziale (ex guardia medica) che dagli 11.921 che erano nel 2011 sono diventati 10.344 nel 2019 (-1.577).

Una febbre lieve aiuta a eliminare le infezioni più velocemente

(da Quotidiano Sanità)   Lasciare fare” il suo corso” a una lieve febbre può aiutare l’organismo a combattere più in fretta le infezioni. È la conclusione cui è arrivato un team dell’Università dell’Alberta con uno studio pubblicato da ‘eLife’.
Lo studio è stato condotto su pesci infettati con batteri, il cui comportamento veniva monitorato e valutato attraverso tecniche di apprendimento automatico. I sintomi erano simili a quelli dell’uomo, con la febbre che portava gli animali a immobilità, stanchezza e malessere. Questi effetti venivano poi analizzati alla luce dei meccanismi immunitari nell’animale.   La ricerca ha mostrato che il decorso naturale della febbre offre una risposta integrativa che non serve solo ad attivare le difese contro l’infezione, ma anche a controllarla. I ricercatori hanno scoperto, inoltre, che la febbre ha aiutato i pesci a combattere l’infezione in sette giorni, circa la metà del tempo impiegato dagli animali ai quali era stata curata la febbre. E la febbre, infine, ha contribuito anche a spegnere l’infiammazione e a riparare i tessuti danneggiati.

Prevenire il diabete di tipo 2 senza farmaci è possibile

da M.D.Digital)    Dieci minuti di attività fisica al giorno o meno tempo trascorso davanti a uno schermo sono tutto ciò che serve per ritardare l’insorgenza del diabete di tipo 2 e rallentare il suo sviluppo nei giovani, secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’Université de Montréal. I tassi di obesità sono in aumento tra i canadesi di età inferiore ai 19 anni e stanno raggiungendo livelli allarmanti. Con il numero di bambini con diabete di tipo 2 che dovrebbe quadruplicare in Canada nei prossimi decenni, questo studio offre un barlume di speranza quantificando come l’attività fisica e i comportamenti sedentari influenzano gli indicatori chiave del diabete.
“Con soli 10 minuti di attività fisica da moderata a vigorosa al giorno, si osserva una diminuzione dei rischi associati allo sviluppo del diabete di tipo 2 nei bambini “, ha detto Soren Harnois-Leblanc, primo autore dello studio, pubblicato su Lancet Child Adolescent Health.
Cambiare le proprie abitudini di vita può essere complicato, tuttavia. Il corpo ha meccanismi incorporati per mantenere il suo peso, rendendo difficile il calo ponderale. Ecco perché è così importante agire presto con bambini e adolescenti che hanno una storia familiare di obesità, dicono i ricercatori.
C’è un urgente bisogno di sviluppare e attuare politiche di prevenzione dell’obesità che mirano a promuovere l’attività fisica e ridurre i comportamenti sedentari per prevenire il diabete nelle popolazioni vulnerabili, affermano i ricercatori.
Lo studio ha incluso un totale di 630 bambini del Quebec con una storia familiare di obesità, che sono stati monitorati per un periodo di sette anni in tre cicli di età: 8-10, 10-12 e 15-17 anni. Diversi test sono stati utilizzati per misurare gli indicatori chiave del diabete, tra cui la sensibilità all’insulina, la secrezione di insulina e i livelli di glicemia. L’attività fisica e il tempo sedentario totale sono stati misurati mediante accelerometria e il tempo libero trascorso davanti a uno schermo (computer, tv, videogiochi, social) è stato valutato utilizzando un questionario auto-riferito.
Sulla base dei risultati dell’esposizione cumulativa, gli effetti medi stimati dell’attività fisica moderata-intensa sono stati del 5.6% sulla sensibilità all’insulina e di -3,8% sulla secrezione di insulina per incremento giornaliero di 10 minuti dall’età di 8-10 anni fino all’età di 15-17 anni. Gli effetti medi del trattamento per il tempo sedentario e il tempo riportato davanti allo schermo hanno determinato una ridotta sensibilità all’insulina (–8·2% e –6·4% rispettivamente), aumento della secrezione insulinica (5.9% e 7.0%, rispettivamente) e glicemia a digiuno più elevata (0.03 mmol/L e 0.02 mmol/L, rispettivamente) per ora giornaliera aggiuntiva dall’età di 8-10 anni a 15-17 anni.
(Harnois-Leblanc S, et al. Estimating causal effects of physical activity and sedentary behaviours on the development of type 2 diabetes in at-risk children from childhood to late adolescence: an analysis of the QUALITY cohort. The Lancet Child & Adolescent Health 2022; 7: 37-46. DOI: 10.1016/S2352-4642(22)00278-4

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