Cassazione: il medico apicale è responsabile per i suoi colleghi

(da DottNet)  Il medico dirigente è responsabile dell’operato dei colleghi che hanno ricevuto la delega. Ha infatti il compito di programmare in maniera adeguata il lavoro dei suoi collaboratori, provvedere all’indirizzo terapeutico e verificare e vigilare le prestazioni di diagnosi e cura affidate ai medici che ha delegato. Se non lo fa, risponde personalmente per l’eventuale evento infausto cagionato dai subordinati al paziente. Lo esplicita la sentenza numero 50619/2019 della Corte di cassazione come riporta StudioCataldi.it   Il medico delegante, attraverso la delega ai colleghi subordinati, non si spoglia infatti della sua posizione di garanzia, ma continua a essere gravato dell’onere di vigilare, indirizzare e controllare l’operato dei delegati. In concreto, tale obbligo di garanzia consiste nel verificare che i medici espletino correttamente le funzioni che sono loro delegate e nell’eventuale esercizio del potere, residuale, di avocare alla propria responsabilità diretta un caso clinico specifico. Del resto, come rilevato dai giudici nella recente sentenza, le modifiche dell’ordinamento interno dei servizi ospedalieri che ci sono state nel corso degli anni 90 del secolo scorso, pur avendo attenuato la forza del vincolo gerarchico che lega il dirigente medico ospedaliero con i medici che con lui collaborano, non hanno comunque eliminato il potere-dovere del sanitario – si legge sul sito di Studiocataldi –  che si trova in posizione apicale di “dettare direttive generiche e specifiche, di vigilare e verificare l’attività autonoma e delegata dei medici addetti alla struttura, ed infine il potere residuale di avocare a sé la gestione dei singoli pazienti”.   Di conseguenza, se il medico apicale svolge correttamente i propri compiti di organizzazione, direzione, coordinamento e controllo, egli non potrà mai essere chiamato a rispondere di un evento infausto causato da un medico della propria struttura. Se, invece, non lo fa, per la Cassazione sarà responsabile in prima persona.

I professionisti non possono essere sottoposti alle regole delle imprese

(da Odontoiatria33)   Convocata al Parlamento Europeo in rappresentanza dei liberi professionisti italiani su iniziativa del gruppo Ppe, l’AdEPP (l’Associazione degli Enti Previdenziali Privati) ha chiesto all’Europarlamento di riconsiderare il ruolo dei liberi professionisti, evitando che siano sottoposti alle stesse regole di concorrenza previste per le imprese.  “L’esercizio professionale ha un valore di interesse collettivo e pubblicistico perché si riferisce a dei diritti fondamentali di tipo civile e sociale, che sono il diritto alla salute, il diritto alla difesa, alla libertà – compresa quella d’espressione –, il diritto alla sicurezza, anche sociale, e il diritto alla tutela del lavoro e dei risparmi”, ha detto in audizione, secondo il sito dell’Associazione, Alberto Oliveti, il presidente dell’associazione degli enti di previdenza privati (AdEPP).   All’audizione hanno partecipato anche le federazioni europee di ingegneri, avvocati, medici e le federazioni dei liberi professionisti di Germania e Belgio.“Recepiamo l’apertura alla concorrenza che l’Europa ha impresso alle professioni liberali, tuttavia sottolineiamo che senza una regolamentazione dell’esercizio professionale si correrebbe il rischio di abbassarne il livello qualitativo – ha detto Oliveti –. Quindi sì alla liberalizzazione ma attenzione a che non si traduca in una deregolamentazione che incida sulla qualità e impedisca un controllo efficace della prassi legale della professione e delle sue norme deontologiche”.   “Crediamo che le tre parole innovazione, sviluppo e crescita non siano automaticamente consequenziali – ha continuato il presidente dell’AdEPP –. Non necessariamente dall’innovazione nasce sviluppo, come non necessariamente la creazione di valore porta a una crescita, se a questa non si accompagna un sistema di protezione sociale che garantisca una coesione sociale”.    L’AdEPP, stando quanto riportato sul proprio sito, sollecita il Parlamento Europeo a realizzare una “relazione d’iniziativa” sulla situazione dei professionisti in Europa e sull’impatto delle trasformazioni che li stanno interessando. Altro obiettivo proposto è avviare un percorso per definire criteri, indicatori e standard di qualità per le varie professioni liberali con la finalità di armonizzarne l’esercizio a livello europeo.

Fare attività fisica ai livelli raccomandati riduce il rischio di sette tipi di cancro

(da Doctor33)  Secondo un’analisi di nove studi prospettici che hanno coinvolto più di 750.000 adulti, praticare la quantità di attività fisica raccomandata dagli esperti si associa a un rischio inferiore di sviluppare sette tumori, in alcuni casi con una relazione dose/risposta.   «Anche se è noto da tempo che l’attività fisica sia associata a un rischio inferiore per diversi tumori, la forma della relazione è poco chiara e non si sa se la quantità raccomandata di attività fisica sia associata a un rischio inferiore» spiega Charles Matthews, del National Cancer Institute di Bethesda, Stati Uniti, primo autore dello studio pubblicato sul Journal of Clinical Oncology.   «Le linee guida aggiornate per l’attività fisica affermano che le persone dovrebbero puntare a 2,5-5 ore alla settimana di attività di intensità moderata o 1,25-2,5 ore alla settimana di attività vigorosa» ricorda.
I ricercatori hanno preso in considerazione come attività di intensità moderata quelle che sono abbastanza veloci o intense da bruciare da tre a sei volte più energia rispetto a stare seduti tranquilli (da 3 a 6 equivalenti metabolici dell’attività, o Met) e come attività ad alta intensità quelle che bruciano più di 6 Met, e hanno studiato i dati di nove coorti in cui i partecipanti, sottoposti a follow-up per l’incidenza di cancro, hanno riportato l’attività svolta nel tempo libero. Ebbene, l’analisi dei dati ha mostrato che impegnarsi nella quantità consigliata di attività (da 7,5 a 15 ore Met alla settimana) è stato associato a un rischio significativamente inferiore di sette dei 15 tipi di cancro valutati, con una riduzione crescente man mano che aumentano le ore di attività.   In particolare, l’attività fisica è risultata associata a un minor rischio di cancro al colon negli uomini (8% per 7,5 Met ore alla settimana; 14% per 15 Met ore alla settimana), di carcinoma mammario (6% -10%) e di carcinoma endometriale (10% -18%) nelle donne, di carcinoma renale (11%-17%), di mieloma (14%-19%), di cancro al fegato (18%-27%) e di linfoma non-Hodgkin (11%-18% nelle donne).  La risposta è stata di forma lineare per metà delle associazioni e non lineare per le altre.
«Le linee guida sull’attività fisica sono state in gran parte basate sul loro impatto su malattie croniche come malattie cardiovascolari e diabete, ma i nostri dati forniscono un forte supporto al fatto che questi livelli raccomandati siano importanti anche per la prevenzione del cancro» conclude Alpa Patel, dell’American Cancer Society, co-autrice del lavoro.
(J Clin Oncol. 2019. Doi: 10.1200/JCO.19.02407  https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31877085)

Spese sanitarie detraibili 2020 e POS: un po’ di chiarimenti

Dal 1 Gennaio 2020 è in vigore la norma sulla tracciabilità delle detrazioni fiscali del 19% prevista dalla Legge di Bilancio 2020 (art. 15 TUIR) che obbliga i contribuenti a pagare con strumenti tracciabili (carte bancomat, carte di credito, assegno o bonifico) le spese sanitarie, ad esclusione dei soli acquisti di medicinali e dispositivi medici, che saranno pagabili in contanti, così come le prestazioni sanitarie rese da strutture pubbliche o private accreditate al Servizio sanitario nazionale.  Questo comporta che molti professionisti non ancora in possesso di terminali POS dovranno procurarseli per dare ai loro pazienti la possibilità di detrarre le spese sostenute presso i loro studi professionali.

Se è vero, infatti, che non sono entrate in vigore le tanto temute sanzioni e che l’obbligo di dotarsi di queste apparecchiature di fatto ancora non c’è, l’Art 15 sopra citato è un “obbligo mascherato” anche per i Medici di Medicina Generale, perché se pagate in contanti le certificazioni e le altre prestazioni rese in libera professione non potranno essere detratte in alcun modo dagli assistiti. In mancanza di POS, l’unica alternativa sarà fornire l’IBAN per farsi fare un bonifico bancario o accettare un assegno

Va comunque puntualizzato che due delle certificazioni più spesso richieste, quella per la Invalidità INPS e quella per il Pensionamento anticipato su modello SS3 si considerano in tutto  e per tutto “prestazioni di tipo medico-legale” e come tali non sono detraibili ai fini fiscali.  Secondo questa interpretazione, pertanto, queste certificazioni potrebbero essere ancora pagate in contanti, anche se è comunque obbligatoria per esse la fattura con IVA e la spedizione dei dati economici ad essa relativi mediante il sistema Tessera Sanitaria, entro il 31 Gennaio dell’anno successivo, norma in vigore da gennaio 2015.

Per quanto riguarda il POS, infine, si specifica che anche se è stata stralciata la norma che prevedeva l’attivazione di sanzioni per chi non consente l’utilizzo del POS medesimo, è stato introdotto un incentivo economico a chi lo adotta. Dal primo luglio 2020 viene infatti istituito un credito d’imposta del 30% sulle commissioni addebitate per le transazioni effettuate attraverso i terminali POS. Il credito di imposta si applicherà alle partite Iva che nel 2019 non abbiano superato ricavi o compensi oltre i 400 mila euro. Un decreto attuativo stabilirà le modalità operative,

A cura del Dott. Gian Galeazzo Pascucci e della Rag. Montserrat Giunchi

 

N.B. IN ALLEGATO DOCUMENTO INFORMATIVO A CURA DI “Dica 33” DA AFFIGGERE IN SALA DI ATTESA

110 mila medici e infermieri a scuola di autodifesa nel 2019…

(da Adnkronos Salute) – Medici e infermieri a scuola di autodifesa contro le aggressione. Nel 2019 sono stati in totale 110 mila i sanitari, medici e infermieri, che hanno seguito e superato il corso Care (Consapevolezza, ascolto, riconoscimento, empatia) promosso dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) e la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo). “A oggi – spiega la Fnopi all’Adnkronos Salute – hanno superato il corso 79.430 infermieri su 94.403 partecipanti a cui si aggiungono 18 mila medici, per un totale di oltre 110mila sanitari”.   “Chi ha avuto modo di applicare ciò che ha imparato ha registrato un riscontro positivo con una riduzione dell’aggressività nel 25-30% dei casi”, prosegue la Fnopi. “L’aumento delle aggressioni verbali ci spaventa – racconta Claudia, infermiera di sala operatoria che lavora ad Arezzo e ha frequentato il corso – Io non sono stata vittima di violenze fisiche ma ho avuto colleghi che sono stati aggrediti. Il corso è stato molto interessante perché ti spiega come, attraverso specifiche tecniche verbali e di comportamento, è possibile evitare che situazioni incandescenti esplodano del tutto. Mi è capitato tempo fa – aggiunge – di metterle in atto nei confronti di un paziente che ha alzato la voce e ho subito notato che seguendo i consigli appresi al corso sono riuscita a farlo calmare senza che la situazione degenerasse. Mi auguro però – conclude – di non doversi trovare da sola a fronteggiare una possibile violenza fisica”.  Il corso è composto di 12 sezioni: per ognuna sono previste alcune attività obbligatorie; uno o più video relativi ad argomenti specifici; la consultazione dei testi dei video; un questionario di valutazione Ecm (la formazione obbligatoria per i medici e gli infermieri) con domande a risposta multipla che sondano le conoscenze acquisite. La filosofia del corso si basa sulla ‘de-escalation’, una serie di interventi basati sulla comunicazione verbale e non verbale, appunto, che hanno l’obiettivo di diminuire l’intensità della tensione e dell’aggressività nella relazione interpersonale.  “La persona che assume un atteggiamento aggressivo è un soggetto che non si sente compreso e attraverso il suo comportamento violento vuole esprimere questo disagio: il compito di ogni operatore è riconoscere queste particolari esigenze per evitare episodi di rabbia incontrollata e comprendere il suo stato d’animo e le sue emozioni. Parliamo – prosegue la Fnopi – in questo caso dell’utilizzo del ‘talk down’, un meccanismo da prendere in considerazione anche in presenza di elementi che possano ferire i soggetti presenti (martelli, coltelli, oggetti contundenti), ma in tal caso si dovrà pensare ad attuare un intervento mediato dalle Forze dell’ordine e allontanarsi”. “Contro le aggressioni occorre anche abbassare i toni della comunicazione in ambito sanitario e ricostruire un rapporto fiduciario tra professionista e paziente. Occorre far capire che quando si entra in un ospedale o si sale su un’ambulanza ci sono degli operatori qualificati e formati per prendersi cura delle persone. Se si accede al Pronto soccorso e viene assegnata una priorità lo si fa seguendo protocolli che hanno evidenze scientifiche”, spiega Giovanni Grasso, presidente dell’Ordine degli infermieri di Arezzo che ha realizzato la campagna #RispettaChiTiAiuta con uno spot che è diventato virale.

In Italia un terzo dei parti è ancora col cesareo. In Europa la media è di 1 su 4. Gi ultimi dati Eurostat

I dati sono relativi al 2017 e vedono al primo posto Cipro con il 54,8% di cesarei sul totale dei nati vivi. Ultima la Finlandia con il 16,5 per cento. Italia sesta con il 33,1% a fronte di una incidenza media europa del 25%. Rispetto al 2016 l’Italia registra comunque un calo di 10 mila cesarei cui corrisponde però anche un calo complessivo delle nascite, quindi la riduzione effettiva dell’incidenza dei cesarei sui parti naturali alla fine è di solo 1,8 punti percentuali in meno    Leggi l’articolo completo al LINK

http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=79836&fr=n

Biotestamento. Dall’Omceo di Torino un modello per le Dat

Sul sito dell’Ordine dei medici una sezione dove approfondire le norme e scaricare il modello per la Dichiarazione anticipata di trattamento.“Scrivere una Dat è una scelta estremamente delicata. Abbiamo pensato di proporre una sorta di traccia”, spiega il presidente Omceo Guido Giustetto. Che evidenzia come nel processo siano “fondamentali il confronto con un medico di fiducia e l’acquisizione di tutti gli elementi utili sulle conseguenze delle proprie decisioni”.  Leggi l’articolo completo al LINK

http://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=79984&fr=n

Crediti ECM: importanti precisazioni emerse dal nostro corso di aggiornamento di Dicembre

Nel corso della serata “ECM Come, Quando e Perché?” organizzata presso la nostra Sala Convegni il 5 Dicembre scorso, il relatore Dott.Stefano Almini, Rappresentante dell’ Area Odontoiatri in Commissione ECM Regione Lombardia e Componente del Comitato Scientifico del Provider Ecm “Fnomceo-Omceo in Rete” ha chiarito che in cosa consiste “essere in regola” dal punto di vista dell’ aggiornamento ECM, alla luce delle ultime norme.   Il sistema ECM attuale incomincia a riconoscere un bonus di crediti in relazione al numero di crediti raggiunti durante un triennio formativo. Infatti dal raggiungimento di almeno 80 crediti di un triennio formativo, si attiva in automatico un riconoscimento di 15 crediti, a vantaggio del triennio successivo. Il relatore inoltre ha definito quando è possibile parlare di “Certificabilità” del triennio formativo (quando si è raggiunto il totale dei crediti corrispondenti al proprio obbligo formativo, quindi 150 crediti) e quando si parla di “Attestabilità” (quando l’Ordine attesta i crediti effettuati, che, nel caso di oltre gli 80 crediti, già indica di essere  in un range premiante).  Maggiormente premiante sarà superare i 120 crediti, con un bonus di 30 crediti, a vantaggio del triennio successivo, sgravando quindi il numero di crediti dell’obbligo standard (di 150 crediti).  Ai fini assicurativi e dei contratti di lavoro privati e pubblici, quindi, per ottenere la “Attestazione” di aggiornamento ECM dal proprio Ordine è sufficiente avere conseguito tra gli 80 e i 120 crediti nel triennio precedente.  Nel caso invece la società di assicurazione o il datore di lavoro richiedano la “Certificazione” di aggiornamento ECM, in questo caso l’iscritto deve avere ottenuto 150 crediti nel triennio precedente, che però possono essere scontati a 120 se ha aderito ad un dossier formativo di gruppo (Vedi LINK  https://www.ordinemedicifc.it/wp-content/uploads/Comunicazione_n._134_Attivazione_Dossier_di_gruppo_FNOMCeO-signed-3.pdf) o se ha compilato il suo Dossier Formativo Individuale sulla piattaforma Cogeaps

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