Obesità infantile. L’alert dell’Oms Europa, oltre il 20% dei bambini italiani è sovrappeso

Nonostante il trend in miglioramento negli anni, l’Italia è tra i Paesi europei quello con i valori di eccesso di peso più elevati tra i bambini in età scolare: il 9,4% di bambini è considerato obeso e il 2,4% gravemente obeso. I risultati della Who European ‘Childhood Obesity Surveillance Initiative’ (Cosi) realizzata su un campione di oltre 50mila bambini e altrettanti genitori, condotta nel 2019 da OKkio alla Salute   Leggi L’articolo completo al LINK

http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=90828&fr=n

Respirare aria inquinata favorisce la depressione

(da M.D.Digital)  Uno studio condotto su un campione di donne di età pari o superiore a 80 anni, ha rivelato che vivere in luoghi caratterizzati da una maggiore presenza di inquinamento atmosferico si associa ad un aumento dei sintomi depressivi.  Osservando i singoli inquinanti atmosferici, un team guidato da ricercatori dell’Università della California meridionale ha scoperto che l’esposizione a lungo termine al biossido di azoto o all’inquinamento atmosferico da particolato fine era associata ad un aumento dei sintomi depressivi. I risultati hanno anche suggerito che i sintomi depressivi potrebbero svolgere un ruolo di collegamento tra l’esposizione all’inquinamento atmosferico a lungo termine e il declino della memoria più di 10 anni dopo l’esposizione.  Questo è il primo studio che ha mostrato come l’esposizione all’inquinamento atmosferico sia in grado di influenzare i sintomi depressivi, nonché l’interrelazione tra i sintomi e un futuro declino della memoria. È noto che le esposizioni in tarda età agli inquinanti atmosferici accelerano l’invecchiamento cerebrale e aumentano il rischio di demenza, ma questi nuovi dati suggeriscono che le popolazioni più anziane possono rispondere alla neurotossicità dell’inquinamento atmosferico in un modo diverso che merita di essere studiato ulteriormente.

(Petkus AJ, et al.  Air Pollution and the Dynamic Association Between Depressive Symptoms and Memory in Oldest-Old Women. J  Am  Geriatr Soc 2020; DOI: 10.1111/jgs.16889)

Il report, 7 medici di famiglia su 10 laureati oltre 27 anni fa

(da Adnkronos Salute)  “Preoccupa la crescente anzianità dei medici di famiglia. Più di sette su dieci laureati oltre 27 anni fa”. Lo evidenzia l’Osservatorio civico sul federalismo in sanità, giunto alla sua ottava edizione, presentato oggi da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato nel corso di un web meeting. “La percentuale dei medici di medicina generale con oltre 27 anni di anzianità di laurea è passata dal 32,2% del 2007 al 73,5% del 2017, con le conseguenti preoccupazioni legata all’imminente carenza di questi specialisti e ai rischi collegati”, sottolinea il report. “A fronte di una media nazionale di un medico di famiglia per 1.211 adulti assistiti, in Lombardia il rapporto sale a 1 su 1.400, mentre il valore minimo si registra in Basilicata con 1 su 1.037. In tutte le Regioni del Sud, ad eccezione della Regione Sardegna, ogni medico di medicina generale gestisce in media meno pazienti rispetto ai colleghi del resto d’Italia”, rimarca il rapporto.

Covid-19: l’assistenza a casa dopo la dimissione può fare la differenza per alcuni pazienti

(da Doctor33)    Secondo uno studio pubblicato su Annals of Internal Medicine, diversi pazienti dimessi dall’ospedale dopo COVID-19 hanno presentato sintomi come dolore, stanchezza e dispnea, e una certa dipendenza funzionale, ma con l’aiuto dell’assistenza sanitaria domiciliare sono migliorati nella gran parte dei casi. «Finora non erano disponibili dati sugli esiti dei pazienti COVID-19 dimessi a casa dopo il ricovero e sulle loro esigenze di recupero. Noi abbiamo osservato che comorbilità quali insufficienza cardiaca e diabete, nonché alcune caratteristiche presenti al ricovero, hanno identificato i pazienti a maggior rischio di un evento avverso» spiega scrive Kathryn Bowles, della University of Pennsylvania School of Nursing, prima autrice dello studio. I ricercatori hanno analizzato i dati di oltre 1.400 pazienti con COVID-19 seguiti con assistenza sanitaria a domicilio dopo la dimissione dall’ospedale. Dopo una media di 32 giorni di assistenza a domicilio, il 94% dei pazienti non ha avuto più necessità del servizio, e la maggior parte ha ottenuto miglioramenti statisticamente significativi nei sintomi e nella funzionalità. Il rischio di nuovo ricovero o di decesso è stato più alto per i pazienti maschi, bianchi, e per gli individui con insufficienza cardiaca, diabete con complicanze, due o più visite al pronto soccorso negli ultimi sei mesi, dolore quotidiano o continuo, deterioramento cognitivo, o dipendenze funzionali. Tra i pazienti, 11 sono deceduti, 137 sono stati ricoverati di nuovo e 23 hanno avuto necessità di continuare l’assistenza domiciliare oltre la fine del periodo considerato dallo studio. Secondo gli esperti, i risultati dello studio indicano che i fornitori di cure per acute dovrebbero considerare attentamente quali sopravvissuti al COVID-19 potrebbero trarre beneficio dall’assistenza sanitaria a domicilio dopo il ricovero. «A questo proposito, sarebbe molto utile uno strumento di supporto decisionale per identificare i pazienti ricoverati che dovrebbero essere inviati all’assistenza sanitaria domiciliare» conclude Bowles.

(Annals Internal Medicine 2020. Doi: 10.7326/M20-5206)

Covid-19, ecco l’aggiornamento sui farmaci che si possono utilizzare

da Doctor33)    Sul sito dell’Aifa vengono riportate informazioni aggiornate sui farmaci che è possibile utilizzare al di fuori delle sperimentazioni cliniche per i pazienti con Covid-19, anche senza che abbiano un’indicazione specifica per questa patologia. Le schede, aggiornate continuamente in base alle più recenti prove cliniche, riferiscono le necessarie informazioni su efficacia e sicurezza, interazioni e modalità d’uso. Secondo i documenti, per quanto riguarda i pazienti ricoverati in ospedale, lo standard di cura, in questo momento è rappresentato da corticosteroidi ed eparina.
Il desametasone è considerato l’unico trattamento farmacologico con una dimostrata efficacia nella riduzione della mortalità, ed è stato approvato dall’Ema per l’uso in adulti e adolescenti che necessitano di terapia con ossigeno standard oppure ventilazione meccanica. Il beneficio clinico è stato comunque evidente anche con altri corticosteroidi.
Le eparine invece possono essere utilizzate a scopo profilattico, con le dosi in uso abitualmente, nei pazienti con infezione respiratoria acuta e mobilità ridotta se non sono presenti controindicazioni, e questo vale anche per i pazienti ricoverati in case di riposo o Rsa. L’uso a dosi medie o alte invece può essere considerato in casi gravi di Covid-19 valutando il rapporto tra benefici e rischi per ogni individuo, tenendo conto in particolare la presenza di livelli di D-dimero 4-6 volte superiori alla norma o un punteggio dello score Sic maggiore o uguale a 4, ferritina maggiore di 1000 mcg/L o indice di massa corporea maggiore di 30.
Remdesivir, approvato da Ema per il trattamento degli adulti e degli adolescenti con polmonite che richiede ossigenoterapia supplementare, non può essere ancora considerato uno standard di cura in quanto il beneficio clinico non è ben chiaro, e Aifa ne considera l’utilizzo solo in casi selezionati.
Altri trattamenti, quali terapie immunomodulanti, lopinavir/ritonavir, o antibiotici di routine, non sono raccomandati. Anche l’uso di idrossiclorochina/clorochina non è raccomandato dall’Aifa; il Consiglio di Stato ne ha però autorizzato l’utilizzo in base alla scelta del medico.
Per quanto riguarda invece i pazienti da assistere a domicilio, cioè i casi lievi, che non presentano dispnea, disidratazione, alterazioni dello stato di coscienza o sepsi, dal punto di vista farmacologico non è disponibile alcun farmaco che sia risultato efficace nel prevenire la comparsa di sintomi o modificare l’evoluzione della malattia negli asintomatici, né che abbia mostrato migliorato il decorso clinico o l’evoluzione della malattia nei sintomatici in fase iniziale dell’infezione. Si raccomanda quindi di utilizzare trattamenti mirati ai sintomi, come il paracetamolo, di curare idratazione e nutrizione e di non modificare le terapie croniche in corso, di non utilizzare integratori alimentari o vitaminici e di non somministrare farmaci tramite aerosol se la persona è in isolamento in famiglia per non diffondere il virus.
Sempre secondo l’Aifa, i corticosteroidi vanno presi in considerazione solo nei pazienti che necessitano di ossigenoterapia, anche perché che nella fase iniziale della malattia tali medicinali potrebbero avere un risvolto negativo sull’immunità, e i pazienti con malattie croniche potrebbero soffrire di gravi eventi indesiderati. Per quanto riguarda le eparine, esse possono essere usate come profilassi nelle persone con scarsa mobilità come da linee guida. L’uso di routine non è comunque raccomandato nei pazienti non allettati.
(https://www.aifa.gov.it/aggiornamento-sui-farmaci-utilizzabili-per-il-trattamento-della-malattia-covid19)

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