Nuovi aiuti Enpam per Covid-19
(da enpam.it) Un assegno per i contagiati da Covid-19 e la presa in carico delle spese funerarie di tutti i medici e odontoiatri caduti a causa della pandemia. Sono le due nuove misure che la Fondazione Enpam si appresta ad introdurre per estendere ulteriormente gli aiuti messi in campo a seguito dell’emergenza sanitaria. I provvedimenti, che dovranno essere prima deliberati dal Cda, saranno poi trasmessi ai Ministeri vigilanti per ricevere l’approvazione.
SUSSIDIO PER I CONTAGIATI Già dallo scorso marzo la Fondazione riconosce un sussidio di quarantena agli iscritti che, pur non contagiati, sono costretti a non lavorare per provvedimento dell’autorità sanitaria. Ma che succede loro invece in caso di contagio da Covid-19? Per i liberi professionisti c’è la possibilità di usufruire dell’indennità di inabilità temporanea prevista però a partire dal 31° giorno di malattia. Di fatto per i primi trenta giorni nessuna tutela è prevista per i camici bianchi che non hanno sottoscritto una propria polizza assicurativa. Per questo la Consulta Enpam dei liberi professionisti e il Consiglio di amministrazione hanno studiato una tutela specifica per i liberi professionisti, inclusi i pensionati ancora attivi, che si sono ammalati di Covid-19.
GLI IMPORTI La proposta è di mettere in campo una tutela eccezionale forfetaria (senza il conteggio dei giorni di malattia) per i contribuenti alla Quota B che dall’inizio dell’emergenza sono risultati affetti da Covid-19. Non è previsto, tranne che per i pensionati, un limite di reddito familiare per poterne usufruire. Gli importi del sussidio, in fase di valutazione da parte degli attuari, che dovranno certificare la sostenibilità della misura, saranno proporzionali sia allo stato di malattia, sia all’aliquota contributiva con cui gli iscritti versano i contributi di Quota B. L’orientamento per quanto riguarda l’ammontare degli aiuti, è quello di distinguere tre livelli di gravità della malattia con il conseguente aumento proporzionale della somma. Si partirebbe dalla forma più lieve con isolamento obbligatorio per positività, per passare a una forma intermedia con ricovero ospedaliero, sino al livello massimo di severità della patologia con il ricovero in terapia intensiva. Nell’ipotesi in cui, dopo la presentazione della domanda, si dovesse verificare un aggravamento delle condizioni del malato, con l’integrazione della richiesta si potrà poi avere un conguaglio della somma. Un dettaglio importante riguarda la tassazione di questo sussidio, che al contrario di quanto avvenuto per i Bonus Enpam e Enpam +, potrebbe essere esente da imposte. Ciò perché si tratterebbe di una somma forfetaria una tantum, che non ha lo scopo di sostituire o compensare un reddito perduto, ma di dare una forma di sostegno di fronte a una condizione di malattia.
I REQUISITI Primo requisito, presente anche tra quelli per l’erogazione dei Bonus Enpam, è essere in regola con i contributi. In seconda battuta, gli iscritti dovranno aver prodotto un reddito imponibile presso la gestione di Quota B nel 2019. Per i neo-contribuenti, cioè quelli che verseranno la Quota B per la prima volta nel 2021, se volessero fare domanda ci sarà l’obbligo di dichiarare che presenteranno il modello D 2021 (redditi 2020). Chi invece a causa di una malattia o un infortunio, oppure per non aver raggiunto il limite coperto dalla Quota A, non ha dichiarato il reddito da libera professione nel 2020 (redditi 2019), potrà fare domanda solo se ha contribuito per il 2017 (Modello D 2018) e per il 2018 (Modello D 2019) e dichiara che presenterà il modello D nel 2021 (redditi 2020) perché ha prodotto un reddito che supera l’imponibile coperto dalla Quota A. Per i pensionati ancora attivi, i requisiti principali sono l’essere in regola con i contributi, e non avere percepito per l’anno che precede il contagio un reddito complessivo del nucleo familiare superiore a sei volte il minimo Inps. Gli altri requisiti specifici che riguardano i pensionati verranno comunicati per tempo.
LA DOMANDA In caso di approvazione dei Ministeri vigilanti, si potrà fare domanda direttamente dall’area riservata del sito. Insieme alla richiesta, gli iscritti dovranno allegare un documento che certifichi lo stato di malattia o il ricovero in ospedale. Se l’iscritto a causa della sua condizione di salute non potesse fare domanda, la richiesta potrà essere fatta anche da un familiare o da una persona delegata.
SUSSIDIO PER LE SPESE FUNERARIE Per quanto riguarda invece le spese funerarie, bisogna ricordare che tra le prestazioni assistenziali fornite dalla Fondazione esiste già un sussidio per casi simili. La misura in questione prevede un sussidio per le spese sostenute dal nucleo familiare per far fronte alla malattia o al decesso del medico o del dentista. Un limite della misura è che sono presenti dei requisiti reddituali da rispettare e per questo motivo non tutti gli iscritti ne hanno diritto. Nel caso del Covid-19, tuttavia, la Fondazione intende farsi carico di tutti i medici e gli odontoiatri che ne sono rimasti vittime, indipendentemente dai limiti di reddito. Il sussidio infatti, oltre a sollevare i familiari dalle spese, vuole manifestare la solidarietà della categoria nei confronti dei colleghi che hanno pagato con la vita l’impegno contro la pandemia. Anche in questo caso il contributo coprirà gli eventi successi a partire dalla proclamazione dello stato di emergenza nazionale, che sino a questo momento è stato prorogato sono al 31 gennaio 2021. L’importo sarà stabilito in seguito alla valutazione degli attuari, come accade per le altre tutele Enpam. Per fare domanda si dovranno presentare i documenti che dimostrino le spese sostenute.
Sondaggio nazionale Associazione Women In Surgery Italia
Egregio Presidente,
Egregi Membri del Consiglio Direttivo,
scriviamo a nome e per conto dell’Associazione Women In Surgery Italia, associazione nazionale di Chirurghe, per promuovere la diffusione di un sondaggio il cui obiettivo è indagare la formazione, il lavoro, l’equilibrio vita – lavoro e la soddisfazione delle chirurghe di tutte le specialità. E’ la prima volta che un questionario simile viene proposto alle chirurghe italiane.
Siamo felici e onorate di segnalarvi che la FNOMCeO ha sostenuto l’iniziativa, pubblicando l’invito a compilare il questionario sul sito nazionale https://portale.fnomceo.it/lassociazione-women-in-surgery-italia-promuove-un-sondaggio-rivolto-a-tutte-le-chirurghe-italiane/ così come, sui rispettivi siti web e social network, gli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Brescia, di Catania e di Napoli, che ringraziamo sentitamente.
Vi chiediamo gentilmente di unirvi a loro e a diffondere il questionario tra i vostri iscritti, per permetterci di rilevare l’opinione di tutte le Colleghe.
Qui di seguito trovate il link del questionario per la diffusione diretta: https://is.gd/womeninsurgery20
Speranzose nella vostra gentile collaborazione, restiamo a disposizione per qualsiasi chiarimento a riguardo.
Cordiali saluti,
Gaya Spolverato, Medico Chirurgo, Presidente di Women In Surgery Italia
Daunia Verdi, Medico Chirurgo, Vicepresidente di Women In Surgery Italia
Daniela Lucidi, Medico Chirurgo
Sara Parini, Medico Chirurgo
Covid: scala a punti per le cure a casa. Linee guida per Mmg
(da DottNet) Sarà una scala a punti a definire lo stato del paziente Covid gestito al domicilio dal medico di famiglia: basata su precisi parametri, consentirà di dividere i pazienti in tre categorie di rischio. La novità è prevista nella circolare del ministero della Salute (https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2020&codLeg=77456&parte=1%20&serie=null) pubblicata oggi, per la ‘gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SarsCov2’, che fornisce a medici e pediatri delle linee guida per la cura a casa di questi pazienti, dai farmaci da utilizzare all’indicazione delle situazioni in cui si raccomanda una visita diretta da parte del medico.
Le raccomandazioni si riferiscono alla gestione farmacologica in ambito domiciliare dei casi lievi di Covid-19 e si applicano sia ai casi confermati sia a quelli probabili. Ad oggi i pazienti Covid al domicilio hanno superato quota 750mila. Un ruolo importante avrà dunque la nuova scala: definita Mews (Modified early warning score), servirà a quantificare la gravità del quadro clinico del paziente Covid al domicilio e la sua evoluzione. L’instabilità clinica è correlata nella scala all’alterazione dei parametri fisiologici (pressione arteriosa, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, temperatura, livello di coscienza, saturazione di ossigeno) e permette di identificare il rischio di un rapido peggioramento clinico o di morte. Attraverso la scala Mews, i pazienti vengono quindi stratificati in 3 gruppi di rischio: basso/stabile (score 0-2); medio/instabile (score 3-4); alto/critico (score 5).
La valutazione dei parametri “al momento della diagnosi di infezione e il monitoraggio quotidiano, anche attraverso approccio telefonico, soprattutto nei pazienti sintomatici lievi è fondamentale poiché – si legge nella circolare – circa il 10-15% dei casi lievi progredisce verso forme severe”. Precise le indicazioni su come gestire la cura a casa: misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno (che non deve essere sotto il 92%) tramite saturimetri, trattamenti sintomatici (paracetamolo), appropriate idratazione e nutrizione e l’avvertenza di non modificare terapie croniche in atto per altre patologie, in quanto si rischierebbe di provocare aggravamenti di condizioni preesistenti.
Rispetto ai farmaci cui fare riferimento, si raccomanda di non utilizzare routinariamente corticosteroidi (raccomandati solo nei soggetti gravi che necessitano di supplementazione di ossigeno); non utilizzare eparina (l’uso è indicato solo nei soggetti immobilizzati per l’infezione in atto); non utilizzare antibiotici (il loro eventuale uso è da riservare solo in presenza di sintomatologia febbrile persistente per oltre 72 ore o ogni qualvolta in cui il quadro clinico ponga il fondato sospetto di una sovrapposizione batterica). Si indica inoltre di non utilizzare idrossiclorochina, “la cui efficacia non è stata confermata in alcuno degli studi clinici fino ad ora condotti”. Si raccomanda anche di non somministrare farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri conviventi per il rischio di diffusione del virus nell’ambiente.
La circolare sottolinea poi che “non esistono, ad oggi, evidenze solide di efficacia di supplementi vitaminici e integratori alimentari (ad esempio vitamine, inclusa vitamina D, lattoferrina, quercitina), il cui utilizzo per questa indicazione non è, quindi, raccomandato”. Per gestire il paziente, si sottolinea, fondamentale è la collaborazione con le Unità speciali di continuità assistenziale Usca che effettuano l’assistenza al domicilio. Tuttavia, afferma la circolare, nelle situazioni di aggravamento del paziente è “largamente raccomandabile che, in presenza di adeguata fornitura di dispositivi di protezione individuale, i medici e i pediatri, anche integrati nelle Usca, possano garantire una diretta valutazione dell’assistito attraverso l’esecuzione di visite domiciliari”.
I dettagli del documento
Definizione di paziente a basso rischio. “I pazienti a basso rischio sono definiti dall’assenza di fattori di rischio aumentato (ad esempio patologie neoplastiche o immunodepressione) e sulla base delle seguenti caratteristiche:
• sintomatologia simil-influenzale (ad esempio rinite, tosse senza difficoltà respiratoria, mialgie, cefalea);
• assenza di dispnea e tachipnea (documentando ogni qualvolta possibile la presenza di una SpO2 > 92%);
• febbre £38 °C o >38°C da meno di 72 ore;
• sintomi gastro-enterici (in assenza di disidratazione e/o plurime scariche diarroiche);
• astenia, ageusia / disgeusia / anosmia.”
Il saturimetro.“Il monitoraggio delle condizioni cliniche e della saturazione dell’ossigeno andrà proseguito nel soggetto infettato da SARS-CoV-2 per tutta la durata dell’isolamento domiciliare – dispone la circolare – , in rapporto alle condizioni cliniche e all’organizzazione territoriale. Il paziente dovrà essere istruito sulla necessità di comunicare una variazione dei parametri rispetto al baseline e, in particolare, dovrà comunicare valori di saturazione di ossigeno inferiori al 92%. Qualora venga esclusa la necessità di ospedalizzazione, potrà essere attivata, con tutte le valutazioni prudenziali di fattibilità del caso, la fornitura di ossigenoterapia domiciliare”.
Le indicazioni. In particolare, nei soggetti a domicilio asintomatici o paucisintomatici, sulla base delle informazioni e dei dati attualmente disponibili, si forniscono le seguenti indicazioni di gestione clinica:
• vigile attesa;
• misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno tramite pulsossimetria;
• trattamenti sintomatici (ad esempio paracetamolo);
• appropriate idratazione e nutrizione;
• non modificare terapie croniche in atto per altre patologie (es. terapie antiipertensive, ipolipemizzanti, anticoagulanti o antiaggreganti), in quanto si rischierebbe di provocare aggravamenti di condizioni preesistenti;
• i soggetti in trattamento immunosoppressivo cronico in ragione di un precedente trapianto di organo solido piuttosto che per malattie a patogenesi immunomediata, potranno proseguire il trattamento farmacologico in corso a meno di diversa indicazione da parte dello specialista curante; • non utilizzare routinariamente corticosteroidi;
• l’uso dei corticosteroidi è raccomandato nei soggetti con malattia COVID-19 grave che necessitano di supplementazione di ossigeno. L’impiego di tali farmaci a domicilio può essere considerato solo in quei pazienti il cui quadro clinico non migliora entro le 72 ore, in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia;
• non utilizzare eparina. L’uso di tale farmaco è indicato solo nei soggetti immobilizzati per l’infezione in atto;
• non utilizzare antibiotici. Il loro eventuale uso è da riservare solo in presenza di sintomatologia febbrile persistente per oltre 72 ore o ogni qualvolta in cui il quadro clinico ponga il fondato sospetto di una sovrapposizione batterica, o, infine, quando l’infezione batterica è dimostrata da un esame microbiologico;
• non utilizzare idrossiclorochina la cui efficacia non è stata confermata in nessuno degli studi clinici controllati fino ad ora condotti;
• non somministrare farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri conviventi per il rischio di diffusione del virus nell’ambiente.
Obesità, per l’Italia numeri in continua crescita
(da Nutrienti e Supplementi) In Italia sovrappeso e obesità interessano un adulto su due, con un aumento di incidenza del 30 per cento nell’arco degli ultimi 30 anni. La prevalenza cresce al crescere dell’età, tanto che se l’eccesso di peso riguarda un minore su quattro, la quota quasi raddoppia tra gli adulti, raggiungendo il 46,1 per cento tra le persone di 18 anni e oltre. Questi alcuni dei dati della seconda edizione dell’Italian obesity barometer, report realizzato in collaborazione con Istat, con il contributo di Novo Nordisk, e presentata nei giorni scorsi a Roma dall’Italian barometer diabetes observatory (Ibdo) foundation. Secondo il report, la prevalenza maggiore si riscontra in entrambi i generi nella classe 65-74 anni (61,1 per cento) e, mentre la maggioranza degli uomini presenta un eccesso ponderale già a partire dai 45 anni, per le donne ciò si verifica dopo i 65.
Analizzando i fattori socio-culturali, il rapporto mette in luce un elemento sin qui poco noto: la relazione tra l’eccesso di peso e il luogo di origine dell’individuo. Esiste infatti un legame con aspetti influenti, come, per esempio, il rapporto con il cibo o l’adozione di modelli alimentari e stili di vita acquisiti e radicati nella zona di nascita prima di diventare adulti, tanto che nelle regioni del centro-nord le prevalenze dell’eccesso di peso delle persone nate nel Mezzogiorno sono superiori al dato medio regionale. Per esempio, in Piemonte dove oltre il 15 per cento degli adulti residenti ha dichiarato di essere nato in una regione del Mezzogiorno, l’eccesso ponderale delle persone che sono migrate è più elevato del 30 per cento rispetto al dato medio piemontese. Viceversa, nelle regioni del Mezzogiorno, sebbene le prevalenze siano riferite a un campione molto più ristretto per la minore consistenza delle migrazioni da nord a sud, le prevalenze delle persone nate al centro-nord si collocano sempre al di sotto della media regionale. L’Italia, inoltre, pur presentando livelli di obesità e sovrappeso meno allarmanti rispetto agli altri paesi europei, registra un aumento dell’incidenza di sovrappeso e obesità del 30 per cento negli ultimi 30 anni, di cui solo un terzo attribuibile all’invecchiamento della popolazione.
“L’obesità è una patologia cronica multifattoriale che richiede una gestione di lungo termine”, dice Paolo Sbraccia, vicepresidente Ibdo Foundation e docente di Medicina interna all’Università di Roma Tor Vergata. “Spesso viene considerata come responsabilità del singolo, una scelta di stile di vita dovuta a una scarsa auto-disciplina e a una mancanza di motivazione. Questa convinzione, fortemente presente nell’opinione pubblica, è presente anche negli operatori sanitari, individuati come la seconda fonte più frequente di stigma dopo i familiari. Il pregiudizio sul peso tra gli operatori sanitari impedisce il rapporto emozionale con i pazienti, aspetto che può portare alla mancanza di diagnosi e di sostegno e, di conseguenza, a un efficace intervento per la gestione del peso. La barriera a una cura efficace non è solo conseguenza dello stigma. Per le persone con eccesso di peso, la stigmatizzazione è associata a una maggiore sofferenza psicologica e a un’obesità più grave”.
Così conclude Andrea Lenzi, presidente del Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita della presidenza del Consiglio dei ministri: “Per affrontare e vincere la sfida contro l’obesità, i cui costi relativi a livello globale sono in aumento e sovrapponibili a quelli derivati dalle guerre, dal terrorismo e all’uso delle armi, non è più possibile continuare ad agire a silos, dove ognuno è depositario di un pezzo della cosiddetta verità. È necessario passare dalla creazione di network virtuali a quello di network virtuosi, in grado di integrare saperi e competenze, dove le Istituzioni debbono colloquiare con i clinici e le Università, con il tessuto sociale e con l’industria in un modello moderno di cross-sector partnership”.
Analizzando i fattori socio-culturali, il rapporto mette in luce un elemento sin qui poco noto: la relazione tra l’eccesso di peso e il luogo di origine dell’individuo. Esiste infatti un legame con aspetti influenti, come, per esempio, il rapporto con il cibo o l’adozione di modelli alimentari e stili di vita acquisiti e radicati nella zona di nascita prima di diventare adulti, tanto che nelle regioni del centro-nord le prevalenze dell’eccesso di peso delle persone nate nel Mezzogiorno sono superiori al dato medio regionale. Per esempio, in Piemonte dove oltre il 15 per cento degli adulti residenti ha dichiarato di essere nato in una regione del Mezzogiorno, l’eccesso ponderale delle persone che sono migrate è più elevato del 30 per cento rispetto al dato medio piemontese. Viceversa, nelle regioni del Mezzogiorno, sebbene le prevalenze siano riferite a un campione molto più ristretto per la minore consistenza delle migrazioni da nord a sud, le prevalenze delle persone nate al centro-nord si collocano sempre al di sotto della media regionale. L’Italia, inoltre, pur presentando livelli di obesità e sovrappeso meno allarmanti rispetto agli altri paesi europei, registra un aumento dell’incidenza di sovrappeso e obesità del 30 per cento negli ultimi 30 anni, di cui solo un terzo attribuibile all’invecchiamento della popolazione.
“L’obesità è una patologia cronica multifattoriale che richiede una gestione di lungo termine”, dice Paolo Sbraccia, vicepresidente Ibdo Foundation e docente di Medicina interna all’Università di Roma Tor Vergata. “Spesso viene considerata come responsabilità del singolo, una scelta di stile di vita dovuta a una scarsa auto-disciplina e a una mancanza di motivazione. Questa convinzione, fortemente presente nell’opinione pubblica, è presente anche negli operatori sanitari, individuati come la seconda fonte più frequente di stigma dopo i familiari. Il pregiudizio sul peso tra gli operatori sanitari impedisce il rapporto emozionale con i pazienti, aspetto che può portare alla mancanza di diagnosi e di sostegno e, di conseguenza, a un efficace intervento per la gestione del peso. La barriera a una cura efficace non è solo conseguenza dello stigma. Per le persone con eccesso di peso, la stigmatizzazione è associata a una maggiore sofferenza psicologica e a un’obesità più grave”.
Così conclude Andrea Lenzi, presidente del Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita della presidenza del Consiglio dei ministri: “Per affrontare e vincere la sfida contro l’obesità, i cui costi relativi a livello globale sono in aumento e sovrapponibili a quelli derivati dalle guerre, dal terrorismo e all’uso delle armi, non è più possibile continuare ad agire a silos, dove ognuno è depositario di un pezzo della cosiddetta verità. È necessario passare dalla creazione di network virtuali a quello di network virtuosi, in grado di integrare saperi e competenze, dove le Istituzioni debbono colloquiare con i clinici e le Università, con il tessuto sociale e con l’industria in un modello moderno di cross-sector partnership”.
Non consegna documentazione della cura al paziente: sanzionato dall’Ordine
(da Odontoiatria33) L’iscritto all’Ordine è tenuto a consegnare documentazione delle cure effettuate al paziente, anche se non vi è l’obbligo di tenuta della cartella clinica per i liberi professionisti. A sostenerlo è la CCEPS intervenuta ad esprimersi sul ricorso presentato da un iscritto all’Albo degli Odontoiatri di Cosenza, sospeso per un mese per non aver consegnato al paziente la documentazione che attestava le cure rese. Iscritto che ammetteva di non aver prodotto nessuna documentazione e per questo non poteva consegnarla. Una circolare FNOMCeO del 2013, per il ricorrente, solleverebbe gli studi libero professionali dall’obbligo di conservare la documentazione medica dei pazienti.
In realtà, secondo quanto FNOMCeO ha risposto alla CAO Cosenza e riportato nella sentenza, “non si può negare l’esistenza di un obbligo a carico degli iscritti agli Albi di tenere e porre a disposizione a chi ne abbia titolo la documentazione clinica della persona assistita. Naturalmente, il ripetuto obbligo non riguarda la cartella clinica, atto pubblico costituente elemento di fede privilegiata che, in quanto tale, deve essere conservata soltanto dalle strutture pubbliche e convenzionate”.
CCEPS che ritiene, quindi, che sia fondata la contestazione della CAO di Cosenza concernente il mancato rispetto delle disposizioni deontologiche in materia di tenuta della documentazione relativa ai pazienti in cura presso i liberi professionisti. CCEPS che conferma la violazione degli articoli Artt. 1, 2 ,24 e 25 del Codice di deontologia medica, sanzionando l’iscritto con un mese di sospensione dall’iscrizione all’Albo.