Tre geni potrebbero prevenire gli effetti collaterali farmaci

(da AGI)  Testare i pazienti per soli tre geni potrebbe aiutare a prevenire tre quarti degli effetti collaterali evitabili di alcuni farmaci. Lo rivela uno studio condotto dalla Queen Mary University di Londra, pubblicato su 'PLOS Medicine'. I risultati hanno rivelato che il 9% delle reazioni avverse ai farmaci, ADR, segnalate nel Regno Unito è associato a farmaci il cui rischio di effetti collaterali dipende in parte dal patrimonio genetico del paziente. In particolare, il 75% di queste ADR è legato a soli tre geni: CYP2C19, CYP2D6 e SLCO1B1. Lo studio suggerisce che i test genetici per questi geni potrebbero aiutare a prevenire tre quarti degli effetti collaterali evitabili di alcuni farmaci, migliorando la sicurezza e l''efficacia delle terapie. Le reazioni avverse ai farmaci, ADR, rappresentano una sfida significativa per la salute pubblica, con un costo stimato di oltre 2 miliardi di sterline all''anno per il sistema sanitario nazionale britannico, NHS. La farmacogenomica, che combina la farmacologia con la genomica, offre un approccio promettente per personalizzare le prescrizioni farmacologiche in base al patrimonio genetico individuale, riducendo così il rischio di effetti collaterali. Lo studio ha analizzato oltre 1,3 milioni di segnalazioni di ADR inviate al programma MHRA Yellow Card, identificando 115.789 casi associati a farmaci per i quali il rischio di effetti collaterali può essere modificato utilizzando informazioni di farmacogenomica. I dati hanno mostrato che il 75% di queste ADR è legato ai geni CYP2C19, CYP2D6 e SLCO1B1. I trattamenti per disturbi psichiatrici e problemi cardiovascolari sono stati i più coinvolti nelle ADR che potevano essere prevenute con informazioni genetiche. I pazienti con ADR prevenibili erano più spesso maschi, anziani e sperimentavano effetti collaterali gravi ma non fatali. Lo studio evidenzia il potenziale dell''integrazione dei test farmacogenomici nella pratica clinica per rendere i medicinali più sicuri ed efficaci. L''adozione di test preventivi per i geni noti che interagiscono con i farmaci potrebbe migliorare significativamente la sicurezza dei pazienti. I risultati dimostrano che i test genetici per pochi geni chiave potrebbero prevenire una significativa percentuale di effetti collaterali evitabili, sottolineando l''importanza della farmacogenomica nella pratica clinica moderna.

Anelli: piani terapeutici ostacolano l’erogazione dei farmaci

(da Ansa.it)  "L'idea aziendalistica della nostra sanità limita molto l'utilizzo dei farmaci innovativi". Per esempio, "i piani terapeutici costituiscono ancora oggi un ostacolo vero all'erogazione di farmaci, perché ci sono larghe fasce della professione che non possono utilizzare" alcuni farmaci, dal momento che questi "possono essere prescritti soltanto da alcuni centri individuati dalla Regione". È quanto ha affermato il presidente della Fnomceo Filippo Anelli. "Credo che questo meccanismo sia obsoleto e vada assolutamente cambiato", ha aggiunto. "Va rimessa in mano alla professione l'autonomia, cioè la capacità di decidere su questi farmaci". Ciò "rappresenta un altro aspetto dell'equità proprio nell'accesso alle cure". Naturalmente, ha aggiunto Anelli, "non c'è dubbio che i farmaci innovativi devono essere monitorati", ma "credo che i piani terapeutici siano stati utilizzati prevalentemente come contenimento della spesa" e che ciò "abbia in qualche maniera limitato l'accesso. È giusto che ci siano delle super-specializzazioni dove la prescrizione sia in qualche maniera vincolata - ha proseguito il presidente Fnomceo - però io continuo a pensare che il modo per esercitare oggi la professione del medico sia la laurea. Tranne per alcune specializzazioni particolari, il medico oggi può essere colui che prescrive tutto", ha concluso.

Scoperto dopo 30 anni un nuovo antibiotico

(da Quotidiano Sanità)  Da campioni di terreno potrebbe arrivare un'arma contro una delle più temute minacce alla salute globale, l'antibiotico-resistenza. Scienziati canadesi hanno scoperto un microrganismo che produce naturalmente un nuovo potente antibiotico chiamato lariocidina, promettente non solo perché ha un meccanismo d'azione del tutto nuovo, ma anche perché ai primi test di laboratorio è risultato efficace contro batteri resistenti e non tossico. Resa nota sulla rivista 'Nature', la scoperta arriva da un cortile di Hamilton e si deve ad esperti della McMaster University guidati da Gerry Wright. Si tratta di una ventata di novità dopo anni di vuoto, infatti l'ultima volta che una nuova classe di antibiotici ha raggiunto il mercato è stato quasi tre decenni fa. La lariocidina è prodotta da un tipo di batterio del suolo chiamato Paenibacillus. Wright ha spiegato che la molecola, un peptide, è un candidato forte per sfidare anche alcuni dei batteri più resistenti del pianeta, perché attacca i germi in modo diverso dagli altri antibiotici, legandosi direttamente al macchinario di sintesi proteica degli agenti infettivi e inibendone la capacità di crescere e sopravvivere. La scoperta di questa nuovissima classe di antibiotici risponde a un'esigenza critica di nuovi farmaci antimicrobici, poiché i batteri e altri microrganismi si evolvono in nuovi modi per resistere ai farmaci esistenti. Questo fenomeno è chiamato resistenza antimicrobica (o AMR) ed è una delle principali minacce alla salute pubblica globale, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità. E proprio secondo un recente rapporto Oms sulle armi contro le infezioni sono 32 gli antibiotici in fase di sviluppo in tutto il mondo, ma solo 12 possono essere considerati innovativi. E appena 4 sono attivi contro almeno un patogeno "critico", cioè quelli indicati nella lista nera dell'Oms per le antibiotico-resistenze. Secondo dati della Fondazione Gimbe le percentuali di resistenza agli antibiotici sono sempre superiori al 30%, in particolar modo su quegli agenti patogeni che, anche a livello europeo, sono direttamente o indirettamente responsabili di oltre 35mila decessi all'anno. Di questi un terzo avviene in Italia. “Ogni anno muoiono circa 4,5 milioni di persone a causa di infezioni resistenti agli antibiotici e la situazione non fa che peggiorare”, spiega Wright. Per arrivare alla lariocidina il team di ricerca ha lasciato crescere in laboratorio per circa un anno i batteri raccolti dal suolo - un metodo che ha permesso di rivelare anche le specie a crescita lenta che altrimenti sarebbero potute sfuggire. Uno di questi batteri, il Paenibacillus, produceva una nuova sostanza che aveva una forte attività contro altri batteri, compresi quelli tipicamente resistenti agli antibiotici. La lariocidina, inoltre, non è suscettibile ai meccanismi di resistenza agli antibiotici esistenti e funziona bene anche in un modello animale di infezione. Il prossimo passo sarà produrre la molecola in quantità sufficienti per consentire lo sviluppo clinico. “Saranno necessari molto tempo e risorse prima che la lariocidina sia pronta per il mercato”, conclude l'esperto. (https://www.nature.com/articles/s41586-025-08723-7)

Covid, uno studio italiano identifica i pazienti più a rischio

(da DottNet)   Uno studio condotto da un gruppo multidisciplinare di scienziati guidato da Antonio Giordano (nella foto), direttore dell'Istituto Sbarro di Philadelphia, e composto da epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi, ha individuato un metodo statistico per identificare i pazienti più a rischio o, al contrario, quelli più protetti dal Covid-19, partendo dallo studio delle molecole HLA, quelle responsabili del rigetto dei trapianti in un individuo.    "E' dalla qualità di queste molecole - spiega all'ANSA Pierpaolo Correale, capo dell'Unità di Oncologia Medica dell'ospedale Grande Metropolitano 'Bianchi Melacrino Morelli' di Reggio Calabria - che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta immunitaria efficace, o al contrario di soccombere alla malattia". In sostanza, spiegano, è questione di corredo genetico. Chi ha molecole HLA di maggiore qualità, rileva lo studio, avrà più chance di contrastare il Covid o altri virus pandemici.   Dallo studio - pubblicato sul 'Journal of  Translational Medicine' e brevettato dai suoi autori, emerge anche che questi "alleli" non presentano la stessa distribuzione sul territorio nazionale e ciò spiegherebbe le differenza nella diffusione di malattia durante le prime ondate di Covid19, con il Sud Italia meno esposto alla pandemia delle regioni del Nord. Il metodo - si sottolinea - è applicabile anche in altre condizioni infettivologiche, oncologiche e autoimmunitarie. Lo studio ha preso in esame nella sua parte epidemiologica tutti i casi di Covid registrati in Italia nella Banca dati dell'Istituto Superiore di Sanità. E successivamente 75 malati di Covid tra l'ospedale di Reggio Calabria e il Cotugno di Napoli e 450 pazienti registrati tra i donatori sani.

Comunicato Ausl Romagna “L’ospedale di Forlì al Tg1” (Domenica 6 aprile, ore 8)

Domenica 6 aprile, nel Tg1 delle ore 8, durante la Rubrica di “Medicina”, andrà in onda un servizio girato all’Ospedale “Morgagni – Pierantoni” di Forlì sul sistema automatizzato di gestione dei farmaci in monodose, trasporto automatizzato del cibo nei reparti e sul distributore automatizzato delle divise. Le riprese sono state girate nel reparto di Chirurgia Senologica dell’Ospedale di Forlì, diretto dalla dottoressa Annalisa Curcio (prescrizione, ritiro e somministrazione farmaci) e negli ambienti dove operano il sistema automatizzato di gestione del farmaco in dose unitaria e della distribuzione di divise. Sono stati intervistati il dottor Fabio Pieraccini, Direttore della Direzione Assistenza Farmaceutica Ospedaliera Forlì–Cesena e della Direzione Tecnica Assistenza Farmaceutica di Ausl Romagna e il dottor Francesco Sintoni, direttore del Presidio Ospedaliero “Morgagni – Pierantoni” di Forlì. Da tempo l’Ospedale  di Forlì ha introdotto e perfezionato sistemi informatici avanzati per supportare la gestione delle terapie in Dose Unitaria, con l’obiettivo di ridurre i rischi associati agli errori di somministrazione e migliorare la sicurezza dei pazienti. L’adozione della prescrizione informatizzata è stato un passaggio cruciale, che ha permesso di intercettare potenziali errori terapeutici e garantire la tracciabilità dei farmaci, dalla prescrizione alla somministrazione al letto del paziente.