Scoperto legame molecolare tra tessuto adiposo e ansia

(da AGI)  Rivelato collegamento molecolare tra il tessuto adiposo e l”ansia, gettando luce sull”intricata relazione tra metabolismo e salute mentale. Lo rivela uno studio condotto da ricercatori della McMaster University. La ricerca, pubblicata su’ Nature Metabolism’, è particolarmente rilevante in un contesto di aumento globale sia dell”obesità sia dei disturbi d”ansia. La squadra di ricerca guidata da Gregory Steinberg, professore nel Dipartimento di Medicina e Canada Research Chair in Metabolismo e Obesità, ha scoperto che lo stress psicologico attiva la lipolisi nelle cellule adipose, processo che libera grassi. Questi grassi stimolano il rilascio dell”ormone GDF15 da parte delle cellule immunitarie presenti nel tessuto adiposo. Il GDF15 comunica con il cervello, inducendo sintomi di ansia. La scoperta è stata ottenuta attraverso esperimenti su modelli murini, che hanno combinato test comportamentali per valutare l”ansia e analisi molecolari per identificare le vie metaboliche attivate. “Comprendere come le modificazioni indotte dallo stress nelle cellule adipose influenzino l”ansia ci permette di esplorare strategie innovative che mirano a questi processi metabolici, potenzialmente offrendo sollievo più efficace e mirato per chi soffre di disturbi d”ansia”, ha detto Logan Townsend, primo autore dello studio e borsista post-dottorato. “Alcune aziende stanno già sviluppando inibitori di GDF15 per il trattamento del cancro, suggerendo un possibile riutilizzo di tali farmaci per l”ansia”, ha aggiunto Townsend. Questa ricerca rappresenta un passo significativo verso la comprensione dei meccanismi biologici che collegano il metabolismo e la salute mentale, con potenziali ricadute importanti per lo sviluppo di nuovi trattamenti contro l”ansia.

Farmaci generici, Italia spaccata

(da Il Sole 24 Ore)  Da Roma in giù i farmaci generici non passano una immaginaria frontiera – una sorta di linea gotica – fatta di pregiudizi e timori infondati. Meno costosi e uguali a quelli di marca per efficacia e principio attivo continuano a non fare breccia nel cuore di siciliani, pugliesi, calabresi, pugliesi, campani, molisani fino a raggiungere marchigiani e gli abitanti del Lazio tutti disposti a spendere il doppio – dai 20 ai 24 euro a testa all’anno in più – rispetto a esempio a chi abita al Nord dove l’esborso è quasi la metà: a Bolzano o Trento si spende pro capite per avere i medicinali di marca 11,3 euro e 12,7, in Lombardia 13,8 euro, in Piemonte 13,6, in Veneto ed Emilia Romagna rispettivamente 13,9 e 14,4 euro. Il conto salato che pagano gli italiani per non rinunciare ai farmaci “griffati” da quasi 10 anni si aggira complessivamente sul miliardo all’anno, come mostrano gli ultimi dati raccolti da Egualia – l’associazione dei produttori dei farmaci equivalenti, appunto i generici – che saranno pubblicati in questi giorni nel loro report annuale: nel 2024 il costo in più pagato dai cittadini (il cosiddetto “differenziale”) per assicurarsi il farmaco di marca è stato difatti di 1,034 miliardi, nel 2017 era praticamente allo stesso livello e cioè 1,050 miliardi a dimostrazione di come alcune abitudini siano difficili da scardinare. In particolare nel Sud (compreso il Lazio) dove ci sono i redditi più bassi ma dove si spende oltre metà (555 milioni) di questo costo aggiuntivo nonostante le tante campagne di comunicazione che si sono succedete negli anni sull’efficacia degli equivalenti. Tanto che il dossier ora è sul tavolo del ministro della Salute Orazio Schillaci per provare a studiare qualche strumento che incentivi il loro utilizzo almeno a livello omogeneo in tutto il Paese. Anche perché l’Italia è tra i Paesi fanalino di coda nel consumo dei generici con il terz’ultimo posto in Europa

Enpam, ritorna il mutuo agevolato per gli iscritti: come ottenerlo

(da DottNet)  Riparte il mutuo agevolato per gli iscritti Enpam, molto atteso dagli interessati, perché, anche se (per ragioni connesse alle funzioni istituzionali principali della Fondazione) il costo è leggermente superiore alle offerte reperibili sul mercato, in quanto deve garantire all’investimento un rendimento adeguato; tuttavia è assai più agevole da ottenere specie per medici ed odontoiatri giovani, ai quali sono richieste garanzie piuttosto limitate. Il mutuo agevolato può essere indirizzato all’acquisto o alla ristrutturazione della prima casa ovvero dello studio professionale. Il mutuo può essere chiesto anche dagli iscritti riuniti in associazione o in società di professionisti, purché tutti i componenti abbiano i requisiti previsti dal Bando. Per l’acquisto è possibile chiedere fino a 300mila euro; per la ristrutturazione il limite è di 150mila euro.  Il mutuo può essere chiesto anche per sostituirne un altro esistente (la cosiddetta surroga).

La domanda va presentata dall’Area Riservata Enpam dalle ore 12 del 14 aprile 2025 alle ore 12 del 12 settembre 2025. Il mutuo è riservato a tutti gli iscritti e ai medici in formazione (specializzandi e corsisti di Medicina generale). Può servire a finanziare l’acquisto o la ristrutturazione dell’immobile fino all’80 per cento del valore. L’immobile deve trovarsi in Italia, nel comune dove si risiede o si svolge l’attività lavorativa principale, e non deve appartenere alle categorie residenziali di lusso.

Possono fare richiesta di mutuo gli iscritti che:

– non hanno già finanziamenti o mutui pagati dalla Fondazione o una rateizzazione da regime sanzionatorio in corso (cioè stanno recuperando una morosità contributiva pregressa);

– sono in regola con i versamenti;

– hanno almeno un anno d’iscrizione e di contribuzione effettiva.

– non hanno ottenuto l’assegnazione o la locazione con patto di futura vendita e riscatto di un altro alloggio e non sono proprietari di un altro immobile nel Comune dove risiedono o dove svolgono l’attività lavorativa principale (questo requisito si estende anche al coniuge e/o a uno dei familiari a carico per cui si percepiscono gli assegni familiari).

L’età di chi fa la domanda sommata al numero di anni di ammortamento, però, non deve superare 80 anni. Il reddito personale o del nucleo familiare non deve essere inferiore a 5 volte il trattamento minimo Inps per il 2024, e cioè 38.909,65 euro. Per i medici con meno di 40 anni iscritti al regime fiscale agevolato il limite scende a 20.000 euro; i medici in formazione debbono dimostrare soltanto l’effettiva percezione del loro stipendio. Il mutuo è proposto ad un tasso fisso pari al tasso di riferimento della Banca Centrale Europea in vigore alla data di stipula del mutuo, maggiorato dell’1% (attualmente 2,40% + 1% = 3,40%).

Il mutuo può durare fino a un massimo di 30 anni. Il pagamento delle rate ha inizio dal mese successivo a quello in cui viene erogato il mutuo. Si paga con cadenza mensile mediante addebito diretto sul conto corrente bancario dichiarato all’Enpam. La rata viene riscossa l’ultimo giorno del mese di scadenza. È prevista la possibilità di rimborsare il credito in anticipo, sia totalmente, sia parzialmente, diminuendo quindi la durata del mutuo o l’importo delle rate residue. In alcuni limitati casi, si può chiedere il mutuo anche se si è proprietari di un’altra abitazione. Ciò, ad esempio, avviene se l’altra casa non è disponibile perché gravata da diritti reali, quali usufrutto, uso e abitazione, a favore dei soli familiari fino al secondo grado di parentela, oppure se la quota di proprietà è inferiore al 50%.

Alzheimer, più rischi con poche ore di sonno profondo

(da DottNet)    Gli adulti che dormono un numero insufficiente di ore nella fase piu’ profonda e ad onde lente del sonno – la Rem – hanno piu’ alte probabilita’ di andare incontro ad una riduzione del volume di un’area del cervello legata allo sviluppo del morbo di Alzheimer. Un nuovo studio americano ha osservato in questi individui con carenza di sonno ristoratore una più frequente atrofizzazione della zona cerebrale parietale inferiore, cruciale per il corretto funzionamento cerebrale e cognitivo. L’ atrofizzazione e’ spesso rilevata nei malati del morbo, e viene considerata uno dei primi segnali che il paziente soffre di Alzheimer.

La fase Rem del sonno funziona infatti da ‘spazzino’ dei residui tossici accumulati nel giorno dal cervello – vere e proprie cellule morte ma anche affaticamenti mentali – e aiuta a consolidare le memorie, processare eventi e pensieri e preparare il cervello per il giorno seguente.   La ricerca della Yale school of medicine ha seguito per anni 270 persone di 61 anni di età media, tutte sane all’ avvio dei test.

I partecipanti sono stati sottoposti ad esami cognitivi, test radiologici del cervello e analisi del sonno: chi dormiva meno ore nella fase Rem, con un sonno interrotto o insufficiente, ha evidenziato più spesso un restringimento dell’ area cerebrale parietale inferiore. Quando l’ architettura’ del sonno si altera – spiega la ricerca, pubblicata sul ‘Journal of Clinical Sleep Medicine’ – l’ impatto sul cervello é potenzialmente forte.   “Sono risultati che mostrano come una ridotta attività neurologica durante il sonno, con la mancata attivazione della fase Rem, può contribuire alla diminuzione della massa del cervello e così all’ incremento dei pericoli di Alzheimer”, ha commentato l’ autore dello studio Gawon Cho.

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