Medicina narrativa contro il burnout dei medici

(da Quotidiano Sanità e Reuters Health)    Per contrastare l’aumento dei i casi di burnout e di suicidio tra i professionisti sanitari, potrebbe essere efficace il ricorso alla ‘medicina narrativa’ A esserne convinti sono due pediatri Caroline Diorio e Malgorzata Nowaczyk, che su questo tema hanno pubblicato un articolo su 'Pediatrics'.   Caroline Diorio, del McMaster Children’s Hospital di Hamilton, sostiene che la medicina narrativa, che insegna ai medici a focalizzarsi sulle storie dei pazienti piuttosto che a considerarli per i loro sintomi e la loro malattie, possa aiutare a migliorare l’assistenza ai pazienti. Inoltre, questa metodologia potrebbe aiutare i medici a lavorare sulle loro emozioni e, allo stesso tempo, a migliorare l’empatia con il paziente.  Per spiegare la situazione, l’altra autrice dell’articolo, Malgorzata Nowaczyk, racconta del suo incontro con una donna in gravidanza che era ingrassata notevolmente, aveva subito un cambio di voce e alla quale era cresciuta un’abbondante peluria. Grazie all’ascolto della sua storia, la Nowaczyk è riuscita a capire che la donna aveva uno squilibrio ormonale a causa dal feto che produceva testosterone in modo eccessivo.  La medicina narrativa, secondo le esperte, non si limita solo all’ascolto delle storie dei pazienti, ma include anche scrivere di quanto hanno ascoltato. L’esercizio della scrittura può aiutare il medico a osservare meglio il caso e può funzionare anche come terapia, aiutando il medico a elaborare le emozioni che prova.  Secondo Douglas Reifler, della Lewis Katz School of Medicine della Temple University di Philadelphia, l’articolo “dimostra che c’è un problema tra i medici che spesso non hanno la possibilità di riflettere su alcune delle dimensioni dell’esperienza umana che vivono quotidianamente” e l’approccio della medicina narrativa “potrebbe essere particolarmente utile per medici specializzandi e gli studenti”.

Al via revisione prontuario farmaceutico. Garattini: via farmaci obsoleti e fotocopia

(da Doctor33)    Il Prontuario Farmaceutico Nazionale sarà revisionato. È quanto prevede il documento con le linee guida della nuova governance farmaceutica, elaborato da un tavolo insediato al ministero della Salute, composto da esperti indipendenti, tra i quali il farmacologo Silvio Garattini. Nel documento, presentato nella sede del dicastero dal ministro Giulia Grillo, dal neo direttore dell'Aifa, Luca Li Bassi, dallo stesso Garattini e dalla coordinatrice del tavolo delle Regioni sulla farmaceutica, Francesca Tosolini, si legge: "La revisione del Prontuario è un'attività ordinaria e continuativa di Aifa che può riguardare l'intero prontuario o essere effettuata per gruppi terapeutici. È necessario che Aifa verifichi puntualmente la presenza nel prontuario di farmaci terapeuticamente equivalenti ammessi alla rimborsabilità del Ssn con prezzi differenziati, promuovendo interventi finalizzati ad attenuare/eliminare tali differenze. È necessario che Aifa verifichi periodicamente l'elenco dei medicinali inclusi nel PHT sia con riferimento ai medicinali che sono consolidati nella pratica sia al fine di integrare il PHT con ulteriori categorie di farmaci che richiedono un controllo ricorrente del paziente". "L'Aifa - si legge ancora - avvia, inoltre, ogni utile approfondimento per verificare se modalità di prescrizione e dispensazione dei farmaci con un numero di dosi personalizzato rispetto alle esigenze dei cittadini possano contribuire a una migliore appropriatezza d'uso". «I farmaci servono per curare le persone e se non sono davvero utili, perdono la loro funzione. Una banalità che molti hanno dimenticato. Abbiamo un sistema saturo di farmaci fotocopia che servono a logiche altre rispetto alla cura dei pazienti, il sistema va razionalizzato e aggiornato» commenta Garattini. «Un Prontuario fermo al 2005 con più di mille farmaci costa al Ssn più di 20 miliardi l'anno, lascia aperta una domanda: risponde alle esigenze di salute dei cittadini? Ho molti dubbi. Per questo oggi la governance deve comprendere un nuovo Prontuario, scritto con inchiostro fresco e idee nuove in cui si eliminano farmaci obsoleti e oggi non più competitivi. Nel 1993, la spesa farmaceutica era di 9mila miliardi di lire, dopo la revisione del Prontuario che portò a un risparmio di 4mila miliardi di lire, oggi la spesa è esponenzialmente più alta, ma abbiamo più salute di allora? Il Ssn e l'Aifa non possono avallare ciecamente le indicazioni di Ema, che introduce nuovi farmaci senza verificare (o ignorando) che ve ne siano di uguali già presenti in commercio, per questo ogni paese deve farsi la sua governance appropriata agli effettivi bisogni di salute. Inutile avere a disposizione 100 farmaci simili e non avere le risorse per quelli con nuovo potenziale terapeutico. Va fatta buona informazione anche ai medici: i generici e i biosimilari sono efficaci e producono risparmi, mettiamocelo in testa una volta per tutte».

Ecdc, i migranti non sono una minaccia per la salute

(da Doctor33)  I migranti non rappresentano una minaccia per la salute della popolazione del paese che li riceve. Tuttavia, alcuni gruppi, come rifugiati, richiedenti asilo e migranti irregolari, sono più vulnerabili alle malattie infettive, come tubercolosi, hiv ed epatite e hanno una salute peggiore. A segnalarlo è il Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), che suggerisce programmi di screening e vaccinazioni per i nuovi migranti e quelli arrivati nell'Unione europea negli ultimi 5 anni. A tal fine ha anche elaborato, grazie ad un gruppo di 21 esperti, delle linee guida per la prevenzione delle malattie infettive in questi gruppi di persone, per aiutare gli stati europei a sviluppare strategie nazionali. Come misure efficaci si suggerisce di controllare bambini, adolescenti e adulti per la tubercolosi, hiv, epatite B e C, strongiloidosi e schistosomiasi, e di inserire i migranti nei programmi di vaccinazione.

Eccesso di prescrizione per le statine: per molti sono da sconsigliare

(da DottNet e Ansa.it)   Le statine potrebbero essere troppo prescritte, anche a soggetti che in realtà per il proprio profilo di rischio cardiovascolare ne traggono pochi benefici rispetto ai rischi legati ai possibili effetti avversi della terapia. Lo rivela uno studio pubblicato sugli 'Annals of Internal Medicine' sulla base di calcoli eseguiti da un software che ha esaminato rischi e benefici della terapia su differenti gruppi di individui.    Condotto da ricercatori dell'università di Zurigo, è emerso che per individui con un rischio cardiovascolare a 10 anni di 7,5-10% (cui attualmente i farmaci sono raccomandati) in realtà sono più i rischi legati ad effetti avversi (come miopatie, disfunzioni epatiche e diabete) che i benefici in termini di riduzione del rischio.   Le statine sono tra i farmaci più prescritti al mondo; sono molto usate nella prevenzione primaria di eventi cardiovascolari, ovvero su soggetti a rischio che non hanno mai avuto un infarto o altri eventi. Secondo le attuali linee guida è eleggibile a questo tipo di terapia il 30% degli 'over 40'. Ma alla luce di questo studio per molti di loro la terapia sarebbe in realtà da sconsigliare.  Infatti i ricercatori di Zurigo hanno calcolato che considerando il rapporto rischi/benefici nell'assunzione di questi farmaci, i benefici superano il pericolo di eventi avversi a partire da una soglia di rischio cardiovascolare del 21% a 10 anni (per individui di 70-75 anni). Sulla base di questo studio le statine sono sconsigliate per milioni di persone attualmente eleggibili per la terapia in base alle linee guida correnti.

Spesa sanitaria. Eurostat certifica gap negativo tra Italia e i maggiori partner UE

Spendiamo il 68% in meno della Germania, il 47% in meno della Francia e il 19% in meno del Regno Unito. I dati sono riportati a parità di potere d'acquisto e calcolati a livello pro capite, comprendendo sia la spesa sanitaria pubblica che quella privata. Il gap persiste anche se si prende in esame l'incidenza della spesa sul Pil che ci vede solo al 12° posto nella UE a 28 Paesi.  Leggi l'articolo completo al LINK

http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=68636&fr=n

La mancata aderenza terapia costa 11 mld all’anno

(da AGI)  Undici miliardi l'anno e' la cifra che l'Italia spende per la mancata aderenza dei pazienti cronici alle terapie. Oggi parte il progetto Adhere per abbattere questi costi e migliorare la qualita' delle cure. "Si tratta di uno studio multicentrico triennale inteso a valutare in modo scientifico il ruolo del farmacista- afferma Andrea Mandelli presidente FOFI - nel miglioramento dell'aderenza terapeutica, puntando sull'importanza della sua professionalita', capillarita' sul territorio e nel frequente contatto con i pazienti". Lanciato nell'ambito del "Forum Risk Management in Sanita'", e' ideato da Enrico Desideri direttore della Azienda Usl Toscana sud est e realizzato dai veri protagonisti del sistema farmaceutico italiano: FOFI, Federfarma nazionale e Assofarm nazionale con il supporto della Fondazione ReS di Nello Martini. Il progetto Adhere nasce dalla necessita' di incrementare l'aderenza terapeutica e dalla valutazione dei dati relativi alla spesa della sanita', temi strettamente connessi tra loro. Dall'aumento dell'aderenza terapeutica consegue una maggiore efficacia della terapia e una drastica riduzione dei costi in quanto, ad esempio, diminuiscono i ricoveri, gli accessi al pronto soccorso, le complicanze. "Per il futuro, la vera sfida della Sanita' e' la cronicita': in Italia i malati cronici sono 24 milioni e 'assorbono' oltre l'80 per cento delle risorse economiche - ha spiegato Enrico Desideri, direttore scientifico del progetto e direttore generale della Asl Toscana sud est - Occorre quindi un modello, come quello delle Reti Cliniche Integrate e Strutturate, sperimentato per la prima volta nella Toscana sud est, in cui il farmacista, insieme al medico di medicina generale e allo specialista, sia parte integrante di una gestione proattiva, prossima, partecipata, personalizzata e attenta alla prevenzione. Un modello che garantisce la massima attenzione alle specifiche esigenze del malato, riducendo i tempi d'attesa, l'ospedalizzazione, le spese per la diagnostica e gli accessi inappropriati al pronto soccorso. Abbiamo scelto due patologie ad alto rischio di complicazioni, cioe' lo scompenso cardiaco e la BPCO L'obiettivo e' dimostrare che, attraverso il modello delle Reti Cliniche Integrate e Strutturate, che hanno nel farmacista di comunita' uno dei protagonisti, aumentiamo rispettivamente del 25 per cento e del 35 per cento la copertura terapeutica. Crediamo infatti che oggi ci sia la necessita' di nuovi modelli organizzativi e visioni: quelli attuali sono ormai vecchi di 20 anni".

Clima: abbiamo solo due generazioni per salvare il pianeta”

(da Quotidiano Sanità)    Due generazioni, ovvero 20 anni, per salvare il pianeta dai cambiamenti climatici e dagli effetti devastanti che questi avranno sulla salute dell'uomo e dei territori". A lanciare l'allarme è il presidente dell'Istituto superiore di Sanità, Walter Ricciardi: “È questo il tempo che ci rimane per mettere in atto misure concrete. Fra 20 anni potrebbe già essere troppo tardi. Già oggi le morti in Europa legate ai cambiamenti climatici sono migliaia l'anno, ma saranno milioni nel prossimo futuro se non si agisce subito”. E per questa ragione l’Istituto superiore di Sanità ha organizzato a Roma, dal 3 al 5 dicembre, il primo Simposio Internazionale Health and Climate Change cui prenderanno parte oltre 500 ricercatori provenienti da più di 30 Paesi. Obiettivo dell’evento sarà quello di stilare un documento basato sulle evidenze scientifiche con le raccomandazioni e le azioni necessarie per contrastare e contenere i rischi sulla salute prodotti dai cambiamenti climatici. Nascerà così la Carta Internazionale di Roma su salute e cambiamenti climatici, frutto di questa riflessione corale, nasce come strumento d’indirizzo capace di fornire raccomandazioni e suggerire azioni utili innanzitutto ai decisori politici ma è anche uno strumento per far crescere la consapevolezza su queste tematiche cercando di porle al centro di tutte le agende. “Questa è una giornata molto importante perché per la prima volta la comunità scientifica, che ormai da tempo concorda nel ritenere tra i problemi sanitari più rilevanti gli effetti del clima sulla salute, si riunisce per indicare le azioni prioritarie che devono essere messe in atto sulla base delle evidenze scientifiche” prosegue Ricciardi che spiega come “si corre il serio rischio nel giorno in cui prende il via ufficiale in Polonia la Conferenza internazionale sul clima Cop24 - che i nostri nipoti non possano più stare all'aria aperta per gran parte dell'anno a causa dell'aumento delle temperature: il pericolo concreto è che le ondate di calore, che nel 2003 hanno fatto 70mila morti, possano passare da periodi limitati dell'anno a oltre 200 giorni l'anno in alcune parti del mondo”. “Il fatto, ha avvertito, è che «i danni sulla salute dai cambiamenti climatici sono visibili all'istante ma sono devastanti; si tratta, in un certo senso, di un Olocausto a fuoco lento”. Già attualmente, rileva Ricciardi, “l'Organizzazione mondiale della sanità parla di 7 milioni di morti legate ai cambiamenti climatici ed in Italia ben il 12% dei ricoveri pediatrici in ospedale sono connessi all'inquinamento”. Sui cambiamenti climatici, un problema che farà 250mila morti l'anno tra il 2030 e il 2050 secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, “ci sono molte dichiarazioni generiche nel nostro paese, ma non mi pare di vedere una cultura adeguata”. Dalla qualità dell'acqua, alle zoonosi fino alla salute dei bambini, spiega Ricciardi, in più di 20 sessioni, si parlerà di come il clima impatta nei diversi ambiti della vita quotidiana e collettiva. “Il mondo scientifico è compatto nel sostenere che gli effetti sulla salute diretti ed indiretti attesi nel futuro saranno tra i più rilevanti problemi sanitari da affrontare nei prossimi decenni - afferma il presidente dell'Iss -. Quello che avrà luogo in Istituto, quindi, non è un semplice convegno, ma è piuttosto un impegno, perché la certezza che oggi abbiamo conseguito sul fatto che il degrado ambientale e i fattori climatici siano correlati all'aumento dei rischi per la salute, diventi per noi assunzione di responsabilità a creare una rete globale per vigilare sugli scenari futuri e promuovere una prevenzione che parta da ognuno di noi trasformandosi in uno sforzo corale. Ogni paese deve fare la sua parte”. E anche l'Istituto, sottolinea il presidente, farà la sua parte ospitando un convegno all'insegna della sostenibilità: “bbiamo cercato di fare in modo che questo, a cominciare dalla modalità di organizzazione e di svolgimento del convegno, sia un `evento green´ partendo dall'interesse a usare meno carta, a risparmiare energia, a produrre meno rifiuti. Abbiamo voluto un evento che fosse anche una manifestazione eco-sostenibile”.