Il Fascicolo sanitario stenta, frattura digitale tra Regioni

(da Ansa.it)   Non decolla il Fascicolo sanitario elettronico. Anzi, quello che sarebbe dovuto essere uno degli strumenti chiave della trasformazione digitale della sanità rischia di trasformarsi nel volano di nuove forme di diseguaglianza: la sua implementazione procede infatti a velocità differenti nelle diverse aree del Paese creando una vera "frattura digitale", con soltanto quattro tipologie di documenti sanitari disponibili in tutte le Regioni e appena il 42% dei cittadini che ha espresso il consenso alla consultazione dei propri dati. È quanto emerge da un'analisi della Fondazione Gimbe presentata in occasione del 9° Forum Mediterraneo in Sanità tenutosi a Bari.
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Sempre meno capacità di concentrazione, adesso è di 8 secondi

(da AGI)   La capacità media di concentrazione si attesta intorno a circa otto secondi, sufficienti a leggere pochissime frasi. Lo evidenzia il sondaggio nazionale del Wexner Medical Center e del College of Medicine dell''Ohio State University. Il gruppo di ricerca, guidato da Evita Singh, ha coinvolto mille adulti americani, che sono stati valutati per le loro capacità di concentrazione. Stando a quanto emerge dall''indagine, i fattori maggiormente collegati all''abilità di concentrazione sono stress e ansia (43 per cento), mancanza di sonno (39 per cento) e uso di dispositivi digitali (35 per cento). Altre variabili influenti comprendono la noia (31 per cento), il portare avanti diversi attività (23 per cento), mancanza di attività fisica e idratazione scadente, rispettivamente 21 e 20 per cento. "L''abitudine a rimuginare ripetutamente - afferma Singh - può influenzare la capacità di concentrazione, che può avere conseguenze a lungo termine. Avere tante cose a cui pensare può essere fonte di ansia e stress, peggiorare la qualità della vita e, nei casi più estremi, favorire la depressione". Per contribuire a migliorare la capacità di tensione e di concentrarsi più a lungo, il gruppo di ricerca propone la stretegia del 'Take Five', che incita a fare pause frequenti, impegnarsi nel compito da svolgere, ridurre le distrazioni, eliminare il multitasking e prendersi cinque minuti per recuperare la concentrazione. "Se la mancanza di concentrazione influisce negativamente sulla vita quotidiana - conclude Singh - consigliamo di recarsi da uno specialista della salute mentale. Ci sono molte cause diverse che possono causare queste problematiche, ma essere in grado di riconoscerlo e capire che non è fondamentale restare sempre attivi al 100% è fondamentale".

Se medico Ssn chiede denaro per certificato gratuito, scatta il reato di istigazione alla corruzione

Se medico Ssn chiede denaro per certificato gratuito, scatta il reato di istigazione alla corruzione (da Quotidiano Sanità - Pasquale Giuseppe Macrì)   La sentenza della Cassazione conferma l’orientamento giurisprudenziale volto a contrastare ogni forma di mercificazione dell’attività medico-certificativa, soprattutto quando posta in essere da soggetti inseriti nel sistema pubblico. L’elemento centrale per la configurabilità del reato risiede nella potenzialità lesiva dell’offerta indebita, indipendentemente dall’effettiva percezione di un’utilità economica o dalla reazione del paziente. Leggi L'articolo completo al LINK

Spiaggia insidiosa, un decalogo per prevenire le infezioni della pelle

(da DottNet)    Dalla sabbia alle docce pubbliche, dalle sdraio ai massaggi in spiaggia, l'estate può diventare una trappola per la pelle: tra micosi, dermatiti e batteri, le infezioni cutanee sono in agguato. Ma con pochi gesti mirati si può godere del mare senza rischi. "L'esposizione prolungata a sabbia, mare e superfici contaminate può favorire la comparsa di dermatiti, micosi, follicoliti e infezioni batteriche come l'impetigine - spiega la specialista Laura Colonna, responsabile della Uoc Cedri (Centro di Dermatologia Rigenerativa e Immunologica) dell'Idi Istituto Dermopatico dell'Immacolata di Roma -. Comune nei bambini, penetra da piccole ferite e provoca vescicole purulente".  Anche i trattamenti estetici "improvvisati" in spiaggia possono causare problemi: "massaggi effettuati da personale non qualificato, in condizioni igieniche scarse, con oli o creme di dubbia provenienza, possono causare follicoliti e infiammazioni importanti. " Le micosi sono tra le problematiche più riscontrate dagli esperti: "si sviluppano facilmente in ambienti caldi e umidi, come quelli tipici della spiaggia, e si manifestano con chiazze arrossate o brunastre, spesso accompagnate da prurito e desquamazione, localizzate in genere su piedi, inguine e dorso". Tra gli aspetti spesso sottovalutati, anche quello di camminare scalzi sulla sabbia o sugli scogli. "È un gesto comune, ma può aumentare il rischio di microtraumi e tagli che rappresentano la porta d'ingresso ideale per batteri come lo Staphylococcus aureus, presente sia nell'ambiente marino che sulla pelle di molte persone. Se questo batterio entra in una ferita aperta - continua - può provocare infezioni cutanee anche gravi, e in alcuni casi arrivare a colpire le ossa o causare sintomi sistemici come febbre, dolori articolari, o addirittura sindrome da shock tossico". Per prevenire le infezioni cutanee più comuni in spiaggia, bastano pochi gesti quotidiani. È importante indossare sempre le ciabatte, soprattutto nei bagni e nelle docce pubbliche, dove il rischio di contagio è più alto. Dopo il bagno, il costume bagnato va cambiato il prima possibile per evitare che l'umidità favorisca la proliferazione di funghi e batteri. Lettini, sdraio e qualsiasi superficie comune devono poi essere sempre coperti con un telo personale e pulito. Anche le mani vanno lavate o igienizzate spesso, in particolare prima di mangiare o toccarsi il viso. In caso di piccole ferite o abrasioni, è inoltre fondamentale proteggerle con cerotti impermeabili ed evitare di fare il bagno se le lesioni sono aperte. Infine, "raccomando a tutti di non ignorare i segnali della pelle. Se compaiono prurito persistente, arrossamenti, bruciore o lesioni che non migliorano nel giro di pochi giorni, è importante rivolgersi a uno specialista. La diagnosi precoce ci permette di intervenire in modo rapido, evitando il peggioramento del quadro clinico e la trasmissione ad altri", conclude.

Tutela rafforzata per i lavoratori con patologie gravi. Il Senato approva in via definitiva la norma per congedi, permessi e lavoro agile

Il testo introduce nuove tutele per i lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche, anche rare. Tra le principali novità: il diritto a un congedo non retribuito fino a 24 mesi con conservazione del posto di lavoro; la possibilità, dal 2026, di usufruire di 10 ore annue di permesso retribuito per cure e accertamenti medici; la priorità nell’accesso al lavoro agile; la sospensione dell’attività per i lavoratori autonomi; l’istituzione di premi di laurea intitolati a pazienti oncologici; e fondi per l’adeguamento tecnologico dell’Inps.  Leggi L'articolo completo al LINK

https://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=130799&fr=n

Francia: vietato fumare sulle spiagge e nei parchi

(da AGI/AFP)  Dal 1 Luglio è vietato in Francia fumare sulle spiagge, nei parchi, nei giardini pubblici e sotto le pensiline degli autobus.   Il decreto, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, vieterà anche il fumo all'esterno di biblioteche, piscine e scuole, e mira a proteggere i bambini dal fumo passivo, ma non menziona le sigarette elettroniche e le terrazze dei bar sono escluse dal divieto. I trasgressori incorreranno in una multa di 135 euro. "Il tabacco deve scomparire dai luoghi frequentati dai bambini", aveva dichiarato a maggio il ministro della Salute e della Famiglia Catherine Vautrin, sottolineando "il diritto dei bambini a respirare aria pura". Si stima che circa 75.000 persone muoiano ogni anno in Francia per malattie legate al tabacco. Secondo un recente sondaggio d'opinione, sei francesi su 10 (il 62%) sono favorevoli al divieto di fumo nei luoghi pubblici

Accertamento disabilità, dal 12 luglio nuova versione del servizio per l’invio del certificato medico introduttivo

(da DottNet)   Con il messaggio n. 2216 del 10 luglio 2025, l’INPS ha comunicato la disponibilità, a partire dal 12 luglio 2025, di una nuova versione del servizio per l’invio dei certificati medici introduttivi, funzionale alla richiesta di accertamento della disabilità in presenza di alcune specifiche patologie.   Si tratta di: - disturbi dello spettro autistico; - diabete di tipo 2; - sclerosi multipla. Ambito di applicazione della nuova procedura La nuova procedura si applica nei seguenti casi: - ai nuovi certificati medici introduttivi che riportano almeno una delle patologie incluse nella sperimentazione; - ai certificati medici introduttivi in stato “bozza”, se lavorati a partire dal 12 luglio 2025; - ai certificati medici integrativi inviati in base alle disposizioni contenute nel messaggio INPS n. 1980 del 23 giugno 2025. Esclusioni dalla nuova procedura L’INPS precisa che la nuova versione non si applica ai certificati medici introduttivi che, alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale 10 aprile 2025, n. 94, risultavano già in stato “presentato” e per i quali è stata fissata la data di visita. le principali novità della nuova versione: in fase di compilazione del certificato medico introduttivo, alla selezione di un codice ICD9-CM corrispondente a una o più delle patologie suddette, è necessario allegare la documentazione specifica che attesti la patologia in questione, in conformità a quanto stabilito dal D.I. in oggetto. Al fine di guidare l’utente nell’allegazione della documentazione necessaria è in corso di realizzazione una specifica utility, in attesa del rilascio della quale in procedura è disponibile l’elenco della documentazione obbligatoria e facoltativa da allegare al certificato medico introduttivo  (vedi file di testo allegato) inoltre, la procedura consente di selezionare l’opzione per richiedere la valutazione senza necessità della visita diretta (c.d. accertamento agli atti) e contestualmente attiva l’obbligatorietà di compilazione del questionario Whodas 2.0. (link al Messaggio INPS numero 2216 del 10-07-2025)   https://www.inps.it/it/it/inps-comunica/atti/circolari-messaggi-e-normativa/dettaglio.circolari-e-messaggi.2025.07.messaggio-numero-2216-del-10-07-2025_14981.html INPS 12

Il packaging del cibo lo contamina con microplastiche

(da AGI)  L''uso di imballaggi alimentari in plastica, così come di altri prodotti in plastica che vengono a contatto con gli alimenti (FCA) come i taglieri in plastica, può portare a una contaminazione dei nostri prodotti alimentati con micro e nanoplastiche (MNP). È quanto emerge da uno studio guidato dal 'Food Packaging Forum' e pubblicato su 'npj Science of Food'. Gli autori hanno valutato sistematicamente 103 studi pubblicati in precedenza che analizzavano la presenza di particelle di plastica inferiori a 10 mm in alimenti che erano stati a contatto con un FCA realizzato in parte o interamente in plastica. "Questa è la prima mappa sistematica di evidenze scientifiche a indagare il ruolo dell''uso normale e previsto degli articoli a contatto con gli alimenti nella contaminazione degli alimenti con MNP", spiega la Dott.ssa Lisa Zimmermann, autrice principale del nuovo studio e responsabile della comunicazione scientifica presso il Food Packaging Forum . "Gli articoli a contatto con gli alimenti sono una fonte rilevante di MNP negli alimenti; tuttavia, il loro contributo all''esposizione umana a MNP è sottovalutato". I dati raccolti sono liberamente accessibili tramite la dashboard FCMiNo. Questo strumento consente agli utenti di filtrare i dati inclusi in base al tipo di FCA, al principale materiale a contatto con gli alimenti, al mezzo analizzato e all''eventuale presenza di MNP e, in caso affermativo, alla loro dimensione e al tipo di polimero. "Questa mappa sistematica delle prove aiuta a colmare le lacune nella conoscenza sulla fonte di MNP negli alimenti", afferma la Dott.ssa Jane Muncke, coautrice dello studio e Amministratore Delegato e Direttore Scientifico del Food Packaging Forum . "Tuttavia, dimostra anche che sono necessarie ulteriori ricerche per caratterizzare meglio la migrazione di MNP correlata ai materiali e agli usi degli FCA. È importante sottolineare che l''implementazione di un quadro armonizzato di test e reporting è fondamentale per garantire dati affidabili e comparabili, che possano orientare le future decisioni politiche". Secondo i ricercatori, l''emanazione di normative che impongono test di migrazione di MNP per gli FCA può contribuire a proteggere meglio i consumatori dai potenziali impatti sulla salute umana degli MNP. I consumatori possono anche prevenire l''esposizione scegliendo imballaggi e utensili da cucina privi di plastica.

La donne muoiono più d’infarto ma sono sottorappresentate nei trial

(da DottNet)     Con meno del 30% del campione, le donne nelle sperimentazioni cliniche sulle malattie cardiovascolari a livello globale sono sottorappresentate rispetto agli uomini. È quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Heart, che ha esaminato oltre 170 studi. Una scarsità di partecipanti femminili che è peggiorata negli anni, passando dal 40% tra il 2010 e il 2017, a meno del 30% di oggi.   L'insufficienza di dati ha un grave impatto sulla cura delle malattie cardiovascolari femminili, che rappresentano la prima causa di morte tra le donne.   L'allarme arriva dalla fondazione 'Il cuore siamo noi' della Società italiana di cardiologia (Sic) che ha promosso, oggi in Senato, un convegno dedicato alle differenze di genere nel rischio cardiovascolare.  "I numeri parlano chiaro. Secondo i dati della Società europea di cardiologia, non solo le malattie cardiovascolari rappresentano oggi la principale causa di morte tra le donne, ma il tasso di mortalità è decisamente più alto, con il 51% dei decessi nel genere femminile, contro il 42% nel genere maschile", afferma Pasquale Perrone Filardi (nella foto), presidente della Società italiana di cardiologia. Molteplici fattori contribuiscono alla scarsa partecipazione femminile nei trial: mancanza di criteri di arruolamento specifici, legati anche alla minore presenza di donne alla guida degli studi clinici; timori di potenziali effetti negativi dei farmaci su gravidanza e menopausa; barriere socioeconomiche e culturali; percezione che le donne siano meno a rischio di malattie cardiache.   Da qui l'auspicio degli esperti per una maggiore attenzione alle differenze di genere. "Serve una maggiore consapevolezza sull'unicità biologica e ormonale della donna e l'impegno nella costruzione di un'attività di ricerca e di una medicina sempre più attenta alle specificità del genere femminile", dichiara Roberta Montisci, professoressa associata di cardiologia dell'Università di Cagliari.

SSN: Servizio o Sistema? Perché le parole sono importanti

(da Sanità Informazione)   Quando il Parlamento approvò la legge 833 il 23 dicembre 1978, battezzò il SSN come Servizio Sanitario Nazionale. La scelta sembrò quasi ovvia: lo Stato si assumeva il compito di servire il diritto alla salute di ogni cittadino, senza distinzioni di reddito, luogo di residenza o condizione lavorativa. Col tempo, però, un’altra etichetta ha preso piede – Sistema Sanitario Nazionale – e, a prima vista, potrebbe sembrare un sinonimo inoffensivo. In realtà, dietro le parole si celano visioni diverse di che cosa significhi curare e farsi carico di una collettività di quasi 59 milioni di abitanti, sempre più anziani e con bisogni sanitari complessi. Il peso delle parole “Servizio” viene dal latino servitium e richiama l’idea del prendersi cura, dell’agire in favore di qualcun altro. “Sistema”, dal greco sýstēma, mette invece l’accento sull’insieme di ingranaggi necessari a far funzionare un’organizzazione vasta e articolata. Dire servizio orienta lo sguardo verso il singolo paziente che entra in ambulatorio, mentre dire sistema invita a pensare a bilanci, logistica, flussi informativi e governance. La nascita di un diritto universalistico La riforma del 1978 si fondava su tre valori cardine – universalità, solidarietà, equità – e la parola “servizio” ne era il vessillo. A differenza dei modelli assicurativi puramente contributivi, l’Italia scelse di finanziare la sanità attraverso la fiscalità generale: ognuno paga secondo le proprie possibilità, tutti ricevono secondo il bisogno. Mettere “servizio” nel nome ricordava che la salute non è una merce, ma un diritto sociale. Quando comparve il termine “sistema” All’inizio degli anni Novanta i costi sanitari crescevano più in fretta del PIL e i conti pubblici erano sotto pressione. Con i decreti legislativi 502/1992 e 517/1993 lo Stato introdusse l’aziendalizzazione: le unità sanitarie locali e molti ospedali divennero aziende pubbliche dotate di autonomia gestionale, contabilità economico-patrimoniale e responsabilità sui risultati. In quel contesto “sistema” divenne utile perché descriveva la nuova cassetta degli attrezzi manageriale – budget, indicatori di performance, reti informatiche – senza la quale l’universalismo rischiava di implodere. Aziendalizzazione non è privatizzazione Il termine “aziendalizzazione” suscita talvolta diffidenza, come se coincidesse con un arretramento dello Stato e con l’ingresso del profitto privato. Ma l’intento originario era ben diverso: dotare il servizio di strumenti di governo in grado di renderlo sostenibile nel medio-lungo periodo. Bilanci trasparenti indicano dove finiscono i soldi dei contribuenti; misurare tempi di attesa ed esiti clinici permette di individuare inefficienze o iniquità (anche se per entrambi gli strumenti ci abbiamo messo un po’ di tempo…); responsabilizzare i professionisti su obiettivi di qualità incentiva soluzioni organizzative sensibili ai bisogni locali. L’aziendalizzazione, insomma, non nega l’ispirazione solidaristica: la rende praticabile in un contesto demografico, tecnologico ed economico molto diverso da quello degli anni Settanta. Sistema e servizio: una convivenza possibile Oggi l’espressione “sistema sanitario” è utile quando parliamo dell’architettura che tiene insieme medici di famiglia, ospedali, assistenza domiciliare, farmaci innovativi, banche dati e telemedicina. Senza un sistema efficiente, il servizio fatica a raggiungere davvero tutti. Ma proprio perché quella macchina organizzativa serve a garantire un diritto, è opportuno che il suo nome ufficiale continui a mettere in primo piano la finalità e non il meccanismo. Perché la parola “servizio” resta essenziale Continuare a chiamarlo Servizio Sanitario Nazionale ci ricorda ogni giorno che bilanci, algoritmi di ottimizzazione e riorganizzazioni territoriali hanno senso solo se aiutano a curare meglio e in modo più giusto. La bussola etica impressa nella legge 833 – universalità, solidarietà, equità – rimane il punto di riferimento a cui ancorare anche le scelte più tecniche. Servizio mantiene al centro la persona; sistema ricorda che servire milioni di persone richiede ingegneria organizzativa. Tenerli insieme è la sfida di oggi, ma la priorità non cambia: prima viene la cura, poi tutto il resto.  

ISS, 3 over 65 su 10 hanno fragilità o disabilità

(da AGI)   In Italia 14 over 65 su 100 hanno una disabilità, intesa come l''incapacità di svolgere una attività fondamentale della vita quotidiana, e a questi si aggiungono 16 su 100 che invece sono considerati fragili. Inoltre circa 1 persona ultra 65enne su 4 ha almeno un problema di tipo sensoriale (fra vista, udito o masticazione) che non risolve neppure con il ricorso ad ausili, come occhiali, apparecchio acustico o dentiera. Questo il quadro relativo al biennio 2023-2024 tracciato dalla sorveglianza Passi d'Argento coordinata dall''Istituto Superiore di Sanità. "L''analisi temporale- spiega Maria Masocco, responsabile della sorveglianza - mostra una riduzione, lenta ma significativa, della quota di fragili e disabili dal 2016 ad oggi e in questa lenta riduzione si osserva un calo repentino del 2021 che non si può escludere possa essere associato all''eccesso di morbosità e/o mortalità correlata al COVID-19 che ha investito il nostro Paese colpendo le persone più anziane e certamente più vulnerabili per condizioni di salute rendendo meno probabile intercettarle durante il picco pandemico". Negli ultra 65enni, la perdita di autonomia nello svolgimento anche di una sola delle sei attività fondamentali della vita quotidiana (ovvero delle ADL, come mangiare, vestirsi, lavarsi, spostarsi da una stanza all''altra, essere continenti, usare i servizi per fare i propri bisogni) è considerato dalla letteratura internazionale una condizione di disabilità. Dai dati di PASSI d''Argento 2023-2024 emerge che la condizione di disabilità, così definita, coinvolge 14 persone su 100. La disabilità cresce con l''età, in particolar modo dopo gli 85 anni interessa 4 anziani su 10 (42%); è mediamente più frequente fra le donne (17% vs 10% uomini), fra le persone socio-economicamente svantaggiate per difficoltà economiche (31% fra chi ha molte difficoltà economiche vs 9% tra chi non ne riferisce) o per bassa istruzione (26% vs 7% fra chi ha un livello di istruzione alto). La quasi totalità delle persone con disabilità (99%) riceve aiuto, ma questo carico di cura e di assistenza è per lo più sostenuto dalle famiglie, molto meno dal servizio pubblico di ASL e Comuni. Il 95% delle persone con disabilità dichiara di ricevere aiuto dai propri familiari per le attività della vita quotidiana per cui non è autonomo, il 37% di essere aiutato da badanti e il 12% da conoscenti.

Ondate di calore notturne. Con minime fino a 25°C rischio +10% di mortalità per malattie respiratorie.

(da Quotidiano Sanità)    Quando pensiamo all’impatto che il caldo ha, in particolare sulla salute respiratoria, tendiamo naturalmente a preoccuparci delle ore più roventi della giornata, con il sole a picco sulle nostre teste e la colonnina di mercurio che, come in questi giorni, schizza su valori impressionanti. In realtà, uno degli aspetti delle ondate di caldo che influisce in modo molto grave sulle patologie respiratorie, è quello legato alle elevate temperature notturne, che spesso vengono sottovalutate, nonostante provochino il peggioramento dei sintomi respiratori durante la notte.
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Yoga e meditazione invertono invecchiamento cerebrale

(da AGI)  Un nuovo studio, pubblicato dai ricercatori del Massachusetts General Hospital e del Beth Israel Deaconess Medical Center, affiliati all''Università di Harvard, ha scoperto che le pratiche avanzate di yoga e meditazione possono invertire l''invecchiamento cerebrale in media di circa 5,9 anni. Pubblicato sulla rivista Mindfulness, lo studio è stato accolto con entusiasmo in vista della Giornata internazionale dello yoga delle Nazioni Unite Lo studio si è concentrato su individui che hanno partecipato al Samyama Sadhana, un ritiro intensivo di yoga e meditazione ideato dallo yogi indiano Sadhguru e offerto dalla Fondazione Isha. Utilizzando scansioni EEG basate sul sonno, i ricercatori hanno scoperto che questi meditatori esperti avevano un''età cerebrale significativamente più giovane rispetto alla loro età cronologica. I risultati principali dello studio hanno dimostrato che il cervello dei meditatori esperti appare più giovane di 5,9 anni rispetto alla loro età effettiva, il che indica un rallentamento, se non un''inversione, del processo di invecchiamento cerebrale. Inoltre, la qualità del loro sonno è migliorata, con un sonno più profondo e rigenerante che favorisce il benessere cerebrale: presentavano una memoria più acuta, un pensiero più chiaro e provavano meno stress e solitudine rispetto ad altre persone della loro età.  

Salute mentale. In Europa la situazione è allarmante.

Una persona su 6 soffre di un disturbo, ma una su 3 non riceve cure adeguate. Firmata a Parigi una dichiarazione congiunta tra 31 Paesi affinché la salute mentale “sia priorità in tutte le politiche pubbliche”. L’obiettivo è ambizioso: fare in modo che il benessere psicologico diventi una componente strutturale e trasversale di tutte le decisioni politiche, indipendentemente dal settore di riferimento, che si tratti di sanità, istruzione, giustizia, urbanistica o cultura. Leggi L'articolo completo al LINK https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=130350&fr=n  

Aspirina e prevenzione del tromboembolismo venoso

(da Univadis)  Il tromboembolismo venoso (TEV) comprende la trombosi venosa profonda e l’embolia polmonare (EP) ed è una complicanza nota e potenzialmente fatale dopo un trauma ortopedico, ma anche in altre condizioni ad alto rischio come l’immobilizzazione prolungata, le neoplasie maligne, i traumi, l’obesità e le patologie critiche con necessità di terapia intensiva.   Le linee guida cliniche raccomandano la terapia trombo-profilattica con eparina a basso peso molecolare o metodi di compressione meccanica per ridurre il rischio di morte e complicanze associate a TEV dopo lesioni ortopediche traumatiche, con raccomandazioni sulla durata del trattamento post-dimissione variabili in base al tipo di intervento chirurgico.   La recidiva di TEV può verificarsi dopo l'interruzione della terapia anticoagulante, anche successivamente al trattamento a lungo termine raccomandato di almeno tre mesi, per un rischio tromboembolico che spesso persiste oltre il periodo standard di terapia antitrombotica. L’aspirina, secondo quanto suggeriscono i risultati di recenti studi e metanalisi, potrebbe rappresentare un'alternativa efficace alla trombo-profilassi con eparina a basso peso molecolare nei pazienti sottoposti ad artroplastica totale, con un profilo di sicurezza più favorevole. I risultati dello studio pragmatico PREVENT CLOT hanno rafforzato questa ipotesi dimostrando, nei pazienti con fratture degli arti trattate chirurgicamente o con qualsiasi frattura pelvica o acetabolare, come la trombo-profilassi con aspirina non fosse inferiore all'eparina a basso peso molecolare nel prevenire la mortalità e fosse associata a una bassa incidenza di TEV e EP, con una bassa mortalità a 90 giorni. Tuttavia, in letteratura esistono dati contrastanti riguardo al reale profilo rischio-beneficio dell'aspirina nella prevenzione del TEV. Ruolo dell’aspirina nella prevenzione del TEV Uno studio di revisione e metanalisi ha identificato inizialmente 5.527 report, di cui 5.522 sono stati esclusi, lasciando 5 RCT da includere, per un totale di 68.554 pazienti, di cui 34.274 sono stati assegnati al trattamento con aspirina e 34.280 al controllo con placebo. L'endpoint primario della meta-analisi era l'incidenza di TEV sintomatica di nuova diagnosi, inclusi TVP ed EP. Gli endpoint secondari includevano mortalità per tutte le cause, mortalità cardiovascolare, mortalità correlata a TEV, sanguinamenti maggiori e altri esiti di sicurezza come ictus, ictus emorragico ed eventi avversi cardiovascolari maggiori. Sintesi dei risultati della metanalisi L'aspirina (100-160 mg) ha ridotto il rischio di TEV del 20%, di TVP del 18%, di EP del 21% e di mortalità correlata a TEV del 56% rispetto al placebo. L'aspirina a basso dosaggio (100 mg) non ha ridotto significativamente la TEV, la TVP o l'EP rispetto al placebo. L'aspirina (100-160 mg) è stata associata a un aumento del sanguinamento complessivo del 13% e del sanguinamento maggiore del 18%, senza aumentare i tassi di trasfusione, rispetto al placebo. Anche l'aspirina a basso dosaggio (100 mg) ha aumentato il rischio di sanguinamento nel contesto della prevenzione della TEV rispetto al placebo. L’analisi del rapporto NNTB/NNTH (number needed to treat to benefit and to harm) per livelli di rischio basale basso, moderato e alto ha confermato un profilo beneficio/rischio favorevole della terapia prolungata con aspirina nella prevenzione del TEV. Punti di attenzione per la pratica  La terapia prolungata con aspirina (da 100 a 160 mg) riduce significativamente il rischio di TEV, TVP ed EP rispetto al placebo, soprattutto nella prevenzione primaria nei pazienti chirurgici. L'aspirina è efficace nel ridurre il rischio di TEV provocato, incluse TVP ed EP, e mostra un beneficio significativo per il TEV non provocato. L'aspirina a basso dosaggio (100 mg) non riduce significativamente il rischio di TEV, TVP o EP. L'aspirina non ha alcun impatto sulla mortalità complessiva o cardiovascolare, tuttavia riduce significativamente la mortalità correlata a TEV . L'uso di aspirina a qualsiasi dosaggio aumenta il rischio di sanguinamento, ma non aumenta il fabbisogno trasfusionale. L’aspirina, dai risultati della metanalisi, potrebbe avere un ruolo nella trombo-profilassi in pazienti selezionati, soprattutto quando l'anticoagulazione è controindicata o rifiutata. Tuttavia, l'aumentato rischio emorragico sottolinea l'importanza di un'attenta selezione e monitoraggio dei pazienti.  
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