(da M.D.Digital - riproduzione parziale) Limitare il campo penale della responsabilità medica soltanto per la colpa grave con una modifica all’articolo 590 sexies. E precisarne i paramenti con l’introduzione di un ulteriore articolo, il 590 septies. Una riforma in due articoli, ‘semplice’ e senza alcuna depenalizzazione dell’atto medico, non solo perché sarebbe stata incostituzionale (violerebbe l’articolo 3 della Costituzione che prevede l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge), ma soprattutto perché non era questo l’obiettivo finale. Obiettivo che, invece, era quello di porre un freno al grande business delle denunce più o meno temerarie contro i medici, e soprattutto garantire loro serenità nel lavoro così come a tutto il sistema sanitario nazionale. Serviva cioè un cambio di approccio a fronte di oltre 35 mila azioni legali all’anno, delle quali il 97% (nell’ambito penale) si risolve con il proscioglimento, però con costi giganteschi per le casse dello Stato: si parla di 10 miliardi di costi soprattutto nella sanità pubblica, che potrebbero essere investiti in ben altri servizi sanitari.
Inoltre, si è alleggerito il peso da attribuire all’aderenza alle Linee Guida, rendendole meno dogmatiche, alla possibile estensione del cosiddetto scudo penale anche a situazioni non emergenziali, all’attribuzione di un onere della prova più esteso a carico di chi agisce in giudizio. Tutto questo senza negare che il problema degli errori esiste, in Italia e non solo. In particolare, riguarda, secondo stime, infezioni correlate all’assistenza sanitaria (6-700 mila casi) che si trasformano in decessi nell’1% dei casi (parliamo comunque di 6-7 mila persone), pur in costante diminuzione. Ma in questo campo andava messo ordine.
Per questo il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio ha istituto il 28 marzo scorso una Commissione Nazionale sulla colpa medica, guidata e coordinata da Adelchi d’Ippolito. Procuratore della Repubblica di Venezia, che negli anni di carriera ha ricoperto tra i vari incarichi anche il ruolo di primo Consigliere del Ministero della Salute, d’Ippolito ha presentato all’Ordine dei Medici di Milano, in anteprima nazionale, il testo finale della Commissione. Una riforma che ora approderà in Parlamento per il consueto iter approvativo.
“La Commissione per lo studio e l'approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica – spiega Adelchi d'Ippolito – è stata istituita con un decreto del ministro della Giustizia Carlo Nordio del 28 marzo scorso, presenta ufficialmente la proposta di riforma che dovrà poi affrontare l’iter parlamentare. L’obiettivo non è certo l’impunità, ma quello di individuare un perfetto punto di equilibrio tra la piena tutela del paziente e la serenità del medico, perché un professionista sereno è di interesse della collettività. Con questa proposta si limiterà il campo della responsabilità penale soltanto per la colpa grave. Questo avviene con l’introduzione di un ulteriore articolo, il 590 septies, che ne indica i parametri. Dunque, non vi sarà una depenalizzazione dell’atto medico, non solo perché incostituzionale (violerebbe l’articolo 3 della Costituzione che prevede l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge), ma perché non era l’obiettivo della riforma. Si è infatti limitato il campo della punibilità penale alla sola colpa grave. Tutte queste indicazioni sono giunte alla commissione dopo aver ascoltato le associazioni scientifiche dei medici e il presidente della Fnomceo